Separazione di sottoclassi di aggregati di proteine con gradiente di saccarosio - PowerPoint PPT Presentation

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Separazione di sottoclassi di aggregati di proteine con gradiente di saccarosio

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Title: Separazione di sottoclassi di aggregati di proteine con gradiente di saccarosio


1
Corpi di inclusione
Casati Alessio, Corbetta Monica, Grimoldi Dario,
Vanzin Alessia
2
Sommario
  • Conoscenze attuali
  • Strutturazione
  • Composizione proteica
  • Corpi di inclusione e fibrille amiloidi
  • Corpi di inclusione come catalizzatori

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  • Introduzione
  • I corpi di inclusione sono aggregati di proteine
    insolubili che si formano nei batteri quando
    viene over-espressa una proteina eterologa.
  • Tali corpi sono costituiti da proteine non
    foldate o foldate in modo non corretto.
  • Lespressione di proteine ricombinanti è un
    fattore di stress perché compete in termini
    energetici con lespressione nativa, interferendo
    col normale metabolismo e formando aggregati
    nelle cellule batteriche.
  • Le proteine over espresse, che sfuggono al
    controllo di qualità degli chaperoni e delle
    proteasi, possono essere immagazzinate in corpi
    di inclusione per evitare laccumulo di materiale
    tossico.
  • I corpi possono essere riscontrati a livello del
    citoplasma o del periplasma ed essendo strutture
    reversibili possono essere disaggregati o
    solubilizzati fungendo così da riserva di
    proteine sfoldate.
  • Il recupero può avvenire in tempi successivi
    quando gli chaperoni sono nuovamente disponibili
    permettendone il corretto folding.

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Strutturazione dei corpi di inclusione
Tramite microscopia elettronica e modelli
cinetici di digestione con tripsina, si è
osservata uninaspettata architettura dei corpi
di inclusione e la coesistenza di popolazioni
differenti di proteine aggregate, con diversi
stati conformazionali.
  • Corpi di inclusione con età differente
    sottoposti a digestione con tripsina manifestano
    velocità differenti di degradazione.
  • Dal grafico si nota che corpi di inclusione
    recuperati dopo solo 1 h dallinizio della
    produzione della proteina eterologa sono digeriti
    in pochi minuti, mentre quelli recuperati dopo 24
    h sono digeriti in circa 4 h.

Si deduce che il tempo di degradazione è
proporzionale alletà del corpo di inclusione.
Inoltre, proteine eterologhe diverse possono
formare corpi di inclusione di dimensioni
diverse, che però hanno lo stesso tempo di
degradazione, da ciò si evince che il tempo di
degradazione non dipende dal volume raggiunto ma
piuttosto dalla topologia della superficie.
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Architettura dei corpi di inclusione
  • Larchitettura dei corpi di inclusione è stata
    osservata attraverso microscopia a
  • scansione elettronica
  • i corpi di inclusione non trattati con tripsina
    rivelano la caratteristica morfologia a croce,
    con superficie liscia (fig. A),
  • il trattamento con tripsina genera una profonda
    frammentazione che da origine a subunità sferiche
    e pezzi a forma di croce (fig. B) che poi
    spariscono in seguito ad una prolungata
    incubazione con tripsina.

6
Corpi di inclusione e stabilità proteica
  • Considerando le equazioni che descrivono le
    cinetiche di digestione dei corpi di inclusione,
    si deduce che
  • Nei corpi di inclusione coesistono specie
    proteiche diverse. Tali proteine hanno diverse
    emivita, dovute alle differenti sensibilità alla
    proteolisi.
  • Una medesima proteina può essere presente in
    differenti stati conformazionali, che determinano
    una diversa sensibilità allazione della
    proteasi.
  • La rilevante percentuale di proteine altamente
    sensibili e la presenza di profonde linee di
    frammentazione, suggeriscono unattività invasiva
    della tripsina che attacca in modo selettivo
    definiti settori del corpo di inclusione.
  • Si deduce che la degradazione non può essere solo
    spiegata attraverso lerosione superficiale, ma
    ci sono fattori più complessi rispetto alla
    singola topologia superficiale che potrebbero
    modulare le dinamiche della digestione.

7
Riepilogando
  • In seguito a digestione con tripsina si ottengono
    particelle pseudosferiche resistenti al taglio
    proteolitico. Questa osservazione è in accordo
    con il processo di costruzione dei corpi di
    inclusione che prevede laggregazione di
    polipeptidi intorno ad un core iniziale fino alla
    formazione di un unico corpo di inclusione
    ordinato.

8
Separazione di sottoclassi di aggregati di
proteine su gradiente di saccarosio
  • I gradienti di densità vengono da sempre
    utilizzati per separare molecole biologiche in
    funzione della massa.
  • Andrea Schroeder e Ario de Marco (2005)
    sviluppano una tecnica analitica addizionale
    basata sullutilizzo di un gradiente di
    saccarosio che consente di separare diverse
    sottoclassi di aggregati che si formano in
    batteri indotti a esprimere la proteina di
    fusione GFP-GST.
  • Le frazioni cellulari batteriche sono state
    caricate su un gradiente allo 0, 30, 50, 70,
    80 di saccarosio e sono state isolate quattro
    frazioni di GFP-GST.

9
Lanalisi dimostra che GFP-GST è presente in
tutte le frazioni ma le proteine che
co-migrano con essa (compresi gli chaperoni) sono
specifiche per una particolare frazione.
Distribuzione della proteina ricombinante
utilizzando frazioni cellulari derivate da
differenti ceppi batterici e da batteri cresciuti
a differenti temperature. Il tubo numero 1 è
stato caricato con il supernatante separato dopo
lultracentrifugazione del lisato mentre per gli
esperimenti successivi sono stati utilizzati i
lisati totali.
10
Il dot blot eseguito successivamente utilizzando
gli anticorpi contro i principali chaperoni, ha
dimostrato che DnaK e ClpB sono concentrati
principalmente nelle frazioni con un gradiente
superiore ( in cui si accumula materiale a bassa
densità), mentre GroEL e IbpB co-migrano con
gli aggregati di dimensioni maggiori.
  • Tramite un successivo saggio Bradford si è potuta
    determinare la quantità di proteina ricombinante
    presente nelle varie frazioni
  • 39 nella frazione 1
  • 25 nella frazione 2
  • 22 nella frazione 3
  • 14 nella frazione 4.

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  • Il gradiente di saccarosio ha mostrato che
    esiste una differente modificazione del pattern
    di aggregazione al variare delle concentrazioni
    della DnaK.
  • Nelle frazioni superiori dei mutanti DnaK-,
    non è stata ritrovata la proteina ricombinante e
    nelle frazioni inferiori si sono accumulati
    aggregati non fluorescenti.
  • Al contrario sia la proteina GFP-GST che una
    fluorescenza più marcata sono state riscontrate
    in batteri che overesprimono DnaK.
  • Questi risultati dimostrano che DnaK è in
    grado di migliorare la stabilità di GFP-GST.

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Struttura degli aggregati
  • In tutte le frazioni, è stato evidenziato un
    legame con la tioflavina T, una molecola in grado
    di legarsi a strutture fibrillari simili ad
    amiloidi. Al contrario lacido 8-anilino-1-naftale
    nsolfonico, solitamente utilizzato come marker
    per aggregati amorfi, sembra non interagire con
    gli aggregati.
  • Questa osservazione suggerisce che gli
    aggregati costituiti da GFP-GST non sono un
    complesso caotico di sole interazioni
    idrofobiche, ma possiedono una struttura regolare
    ordinata, probabilmente ricca in beta-sheet.
  • Inoltre, si osserva che il legame alla
    tioflavina aumenta passando dalla frazione 1 alla
    4, di conseguenza anche la formazione di
    strutture simili ad amiloidi cresce.

13
  • Tramite unanalisi di microscopia elettronica, si
    è potuta confermare lipotesi secondo cui lo
    sviluppo di fibrille è caratterizzato da una fase
    iniziale di aggregazione in cui si ha la
    formazione di piccoli seed, seguita da una fase
    di crescita più rapida che porta alla formazione
    di strutture fibrillari più complesse. Una volta
    costituita lorigine, laggregazione diventa
    sempre più veloce, quindi gli aggregati di
    dimensioni maggiori hanno la possibilità di
    svilupparsi più velocemente in strutture ad alta
    complessità rispetto agli aggregati più piccoli.
  • Lanalisi ha evidenziato che
  • - nella frazione 1 erano visibili
  • aggregazioni di 20-40 nm
  • - nella frazione 2 si osservano strutture
  • lunghe un centinaio di nm
  • - nella 3 e nella 4 si costituiscono fibrille
  • più lunghe di un micron.



14
  • Similarità tra corpi di inclusione e fibrille
    amiloidi
  • Tutti i polipeptidi aggregati in corpi di
    inclusione e in fibrille amiloidi, mostrano le
    medesime caratteristiche
  • legano certi coloranti come il congo red e la
    tioflavina T
  • hanno morfologie fibrillari simili
  • le proteine aggregate si organizzano in una
    struttura cross-b-sheet.
  • È quindi possibile pensare a un modello di
    aggregazione simile?

La formazione di amiloidi è proposta come un
meccanismo simile alla cristallizzazione, dove la
crescita degli aggregati richiede la formazione
di un nucleo. Dopo la formazione del nucleo, la
conseguente aggiunta di monomeri per la
formazione del polimero diventa energicamente
favorevole e si accresce rapidamente. Questo
modello di aggregazione nucleazione-dipendente è
valido anche per la formazione di IB batterici.
Gli IB si originano dalla crescita di un numero
limitato di aggregati fondatori e questa può
essere una spiegazione plausibile del ridotto
numero di IB (spesso uno solo) formati nel
citoplasma delle cellule.
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  • Non solamente la complessità iniziale, ma anche
    il tempo di incubazione dei polipeptidi inclini
    allaggregazione è un fattore cruciale per la
    formazione degli aggregati.
  • Tale ipotesi è stata dimostrata separando la
    proteina ricombinante su gradiente di saccarosio
    e analizzandola 24 ore dopo al microscopio
    elettronico tutte le frazioni mostrano una
    complessità simile che è quindi indipendente
    dallo stato iniziale di aggregazione. Il tempo
    dincubazione fornito è stato sufficiente per
    raggiungere la fase di crescita rapida che porta
    alla formazione di fibrille.

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  • Laggregazione di GFP-GST è attivamente
    supportata?
  • Si è in seguito valutato se componenti
    cellulari siano coinvolte nella catalisi della
    formazione di fibrille di GFP-GST. Il processo
    di maturazione dellaggregazione della proteina
    ricombinante è stato limitato a unora e
    successivamente la proteina è stata purificata da
    tutte le altre proteine cellulari. Dopo quattro
    settimane di incubazione, non è stata riscontrata
    alcuna modifica nellaggregazione.

Nel processo di formazione di fibrille regolari
oltre alla proteina ricombinante sono
necessariamente coinvolte altre componenti
cellulari, che probabilmente facilitano la
formazione dei seed iniziali. In particolare un
ruolo rilevante sembra essere quello degli
chaperoni, e soprattutto di GroEL che sembra
attivamente coinvolta nella formazione dei corpi
di inclusione.
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Complessità degli aggregati e refolding
  • Gli aggregati separati nelle frazioni 3 e 4 sono
    stati utilizzati per testare se tali complessi
    possono essere substrato di un refolding
    chaperone-dipendente e per vedere se strutture
    con complessità differente hanno un ruolo nella
    cinetica di refolding.
  • Si è potuto osservare che una combinazione
    equimolare di DnaK, DnaJ, GrpE e ClpB disaggrega
    velocemente gli aggregati. La complessità degli
    aggregati della frazione 3 è stata ridotta in
    modo più efficiente ( 4 min) rispetto alla
    frazione 4 (10 min).

La disaggregazione di diverse sottoclassi di
aggregati, preferenziale per quelli a complessità
più bassa, indica che sottoclassi specifiche di
proteine intrappolate in corpi di inclusione,
sono rifoldate in condizioni fisiologiche e che
la reversibilità è dipendente dalla dimensione
degli aggregati.
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Localizzazione degli chaperoni
  • È stato osservato che
  • DnaK è localizzata principalmente sulla
    superficie degli aggregati e si trova in basse
    concentrazioni anche nel citoplasma ma non si
    trova mai allinterno dei corpi di inclusione.
  • GroEL si trova ad alte concentrazioni nel
    citoplasma ma non è presente nei corpi di
    inclusione.
  • Lassenza della DnaK allinterno dei corpi
    di inclusione sembra indicare che tale
    chaperonina non è coinvolta nella formazione dei
    corpi di inclusione. Tuttavia linterazione di
    tale proteina con il corpo di inclusione è
    successiva alla formazione del corpo di
    inclusione stesso dal momento che si trova
    esclusivamente sulla superficie.
  • Dalla localizzazione si può quindi evincere
    la funzione delle due chaperonine DnaK e GroEL
    permettono di solubilizzare le proteine del corpo
    di inclusione.

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Corpi di inclusione come catalizzatori
  • Sciogliere e garantire il corretto folding delle
    proteine contenute nei corpi di inclusione è un
    processo lungo e costoso che spesso comporta una
    ingente diminuzione delle resa.
  • Perché non usare direttamente i corpi di
    inclusione?
  • Saltando i protocolli di disaggregazione e
    re-folding, è possibile immettere i corpi di
    inclusione direttamente nella miscela di
    reazione?

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Vantaggi
  • Possibilità di un downstream più semplice
    (escludendo i protocolli di disaggregazione e
    refolding)
  • Recupero diretto dellenzima dalla mix di
    reazione attraverso una centrifugazione a bassa
    velocità

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tutto questo è possibile se
  • i corpi di inclusione contengono proteine attive

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Confronto attività enzimaticacorpi di
inclusione vs proteine solubilizzate
  • ESPERIMENTO
  • 1) espressione di una proteina eterologa in un
  • opportuno ospite
  • 2) recupero i corpi di inclusione ed il 50 di
    questi vengono solubilizzati
  • 3) valutazione attività incubando una aliquota
    delle proteine solubilizzate o dei corpi di
    inclusione nella mix di reazione (deidrofolato
    reduttasi e b-galattosidasi)
    valutazione della fluorescenza
    (GFP, BFP)

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Risultati
  • I corpi di inclusione hanno valori di attività e
    fluorescenza positivi!!

24
  • Lattività e la fluorescenza dei corpi di
    inclusione è compresa in un range tra il 6 e il
    166 rispetto a quanto avviene per le proteine
    solubilizzate
  • QUINDI
  • I corpi di inclusione contengono proteine
    moderatamente inattivate, sebbene si riscontra
    una alta di ß-sheet .

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Come è possibile?!
  • Come è noto, corpi di inclusione sono formati da
    proteine non correttamente foldate che espongono
    dei siti idrofobici ed in virtù di tali siti
    interagiscono tra di loro formando grossi
    aggregati.
  • MA non è detto che le interazioni tra i siti
    idrofobici impediscano la formazione di un
    corretto folding del sito attivo permettendo così
    lattività enzimatica mostrata negli esperimenti
    condotti sui corpi di inclusione.
  • Inoltre la porosità e lidratazione dei corpi di
    inclusione garantiscono una buona diffusione del
    substrato

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Concludendo
  • Lattività enzimatica mostrata dai corpi di
    inclusione varia da proteina a proteina, in ogni
    caso la scelta di utilizzare i corpi di
    inclusione si può rivelare vincente sul mercato
    biotecnologico.
  • Tale scelta va ponderata accuratamente in
    funzione del costo di downstream e dellattività
    mostrata dal corpo di inclusione.

27
Bibliografia
  • Fine architecture of bacterial inclusion bodies
    (M. Mar Carrio et al., 2000)
  • Characterization of the aggregates formed during
    recombinant protein
  • expression in bacteria (Andrea Schrodel and Ario
    de Marco, 2005)
  • Amyloid-like Properties of Bacterial Inclusion
    Bodies (Mar Carrio et al., 2005)
  • Localization of chaperon Dnak and GroEl in
    bacterial Inclusion Bodies
  • (M. Mar Carrio and Antonio Villaverde, 2005)
  • Protein aggregation as bacterial inclusion bodies
    is reversible (M. Mar Carrio
  • and Antonio Villaverde, 2000)
  • Aggregation as bacterial inclusion bodies does
    not imply inactivation of
  • enzymes and fluorescent proteins (E.
    Garcia-Fruitos et al., 2005)
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