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La responsabilit

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La responsabilit per danno ambientale nella comunit europea DEFINIZIONE E TIPOLOGIE DI DANNO AMBIENTALE (art.2) Danno alle specie e agli habitat naturali protetti ... – PowerPoint PPT presentation

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Title: La responsabilit


1
La responsabilità per danno ambientale nella
comunità europea
2
Temi di discussione
  • Appunti di comparazione giuridica
  • Esperienze rilevanti
  • Levoluzione normativa comunitaria
  • Le principali questioni da affrontare
  • La direttiva 2004/35/CE caratteristiche

3
La diversa configurazione giuridica del danno
ambientale negli ordinamenti interni dellUnione
  • Il danno ambientale negli ordinamenti giuridici
    degli Stati membri dellUnione Europea viene
    preso in considerazione in forme e con effetti
    differenti da Paese a Paese per cui una breve ed
    incompleta annotazione sulle tendenze in atto
    sembra opportuna nel momento in cui ci si
    appresta a discutere circa la futura applicazione
    uniforme della disciplina comunitaria.
  • Con estrema sintesi, dunque, rinunciando ad un
    inquadramento sistematico e ad un commento
    critico adeguato è possibile indicare vari
    percorsi di ricerca per uno studio comparato del
    tema proposto alla nostra attenzione.

4
  • In primo luogo si deve tener conto della diversa
    impostazione seguita negli ordinamenti nazionali
    per la definizione del danno ambientale e per
    la determinazione del relativo risarcimento
  • A) Alcuni ordinamenti di civil law non
    contemplano ancora delle norme specifiche per
    cui, sotto il profilo civile (Austria, Belgio,
    Grecia), per cui riconducono la problematica del
    riconducono la problematica del danno
    ambientale entro la generale previsione del
    codice civile
  • B) Gli ordinamenti di common law, pur
    caratterizzati, negli ultimi anni, da una estesa
    disciplina normativa specificamente diretta alla
    tutela dellambiente (Australia, Canada,
    Inghilterra e Galles,Nuova Zelanda), con
    disposizioni che riguardano anche la
    configurazione del danno e il risarcimento,
    restano ancorati, in relazione al procedimento e
    per quanto concerne leffettività della tutela,
    al modello del diritto giurisprudenziale. Di
    conseguenza ogni indagine in questa direzione
    impone di esaminare gli indirizzi seguiti dai
    giudici
  • C) In altri ordinamenti (Danimarca, Finlandia,
    Francia, Germania, Italia, Svezia) sono state
    inserite delle norme particolari, sia in seguito
    a riforme dei codici, sia per effetto della
    disciplina di settore in materia ambientale. In
    tal caso ci si deve riferire, di volta in volta,
    al paradigma contemplato dalla norma, pur senza
    trascurare lapporto decisivo della
    giurisprudenza, sia in relazione
    allinterpretazione, sia come integrazione del
    sistema giuridico.

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  • In secondo luogo si deve distinguere tra la
    delineazione di un quadro generale
    (costituzionale e legislativo), entro il quale
    situare anche il danno ambientale, rispetto
    alla legislazione di settore che identifica
    singole fattispecie, in relazione alle consuete
    partizioni della normativa ambientaleacque,
    atmosfera, rifiuti, rumore, sostanze pericolose
    ecc.
  • In terzo luogo assumono importanza lassetto
    costituzionale dello Stato (federale,
    regionale,unitario) e larticolazione delle
    funzioni (centrali o decentrate) nonché la
    regolamentazione dei compiti assegnati ai
    pubblici poteri, cioè i referenti interni che,
    con espressione generica e onnicomprensiva, la
    direttiva comunitaria che si esaminerà, al pari
    della gran parte degli atti comunitari,designa
    come competenti autorità nazionali.
  • Le essenziali distinzioni proposte nelle righe
    precedenti hanno dato luogo a processi di
    ravvicinamento e di armonizzazione delle
    discipline nazionali, in parte sostenuti dalla
    giurisprudenza e avvalorati dalla prassi. Ciò
    nondimeno il percorso verso la semplificazione
    dei modelli per il riconoscimento del danno
    ambientale e per il risarcimento è ancora assai
    accidentato e controverso.

6
IL DIBATTITO NEL CONTESTO INTERNAZIONALE
  • A partire dallinizio degli anni 80 appare
    evidente il tentativo di rivalutare lo strumento
    della responsabilità civile come strumento di
    lotta contro gli inquinamenti e come strumento di
    prevenzione del danno ambientale. Tale fenomeno
    ha riguardato sia i sistemi di tradizione
    anglosassone, sia i sistemi dellEuropa
    continentale in modo alquanto generalizzato.
  • Per citare alcuni esempi sono entrati in vigore a
    partire dallinizio degli anni 80
  • 1980 Comprehensive Environmental Response
    Compensation and Liability Act (il c.d. CERCLA)
    Stati Uniti
  • 1981 Legge Federale sulla Protezione
    dellambiente in Svizzera
  • 1986 Legge di Base sullambiente portoghese -
    Legge italiana istitutiva del Ministero
    dellambiente e recante norme in materia di danno
    ambientale (L. 349/86).
  • 1991 Legge sulla responsabilità civile per danni
    allambiente (Umwelthaftungsgesetz) in Germania.
  • Un analogo trend è rinvenibile anche nel contesto
    europeo ed internazionale, con lelaborazione di
    apposite Convenzioni e progetti come ad esempio
    il Libro Verde della Comunità Europea e la
    Convenzione di Lugano sulla responsabilità civile
    derivante dallesercizio di attività pericolose,
    entrambi del 1993, esperienze queste che sono poi
    state riprese dal Libro Bianco del 2000.
  • Di seguito si evidenziano i problemi che i
    diversi legislatori nazionali hanno dovuto
    affrontare nella redazione delle leggi e dei
    progetti summenzionati, al fine di indicare quali
    siano i modelli emersi nel panorama
    comparatistico.

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Problematiche attinenti alla responsabilità
civile in campo ambientale
  1. OGGETTO DI TUTELA i legislatori nazionali hanno
    adottato nozioni diverse di danno allambiente.
  2. LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE varia a seconda di
    quale sia la nozione di danno ambientale accolta
    in seno alla disciplina nazionale.
  3. MODALITÀ inerenti la RIPARAZIONE e CRITERI PER IL
    RISRCIMENTO DEL DANNO.
  4. CRITERI DI IMPUTAZIONE DELLA RESPONSABILITÀ.
  5. NESSO DI CAUSALITÀproblemi inerenti alla sua
    identificazione.
  6. ASSICURABILITÀ DEL RISCHIO AMBIENTALE

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Tipologie e diverse definizioni di danno
ambientale
  • Non tutte le leggi che hanno introdotto la
    responsabilità civile come strumento di politica
    ambientale condividono lo stesso oggetto di
    tutela.
  • Alcuni interventi legislativi prendono in
    considerazione solo i danni a cose e persone
    derivanti da attività inquinanti (danno da
    inquinamento), tutelando, quindi, lambiente -
    come tale - solo in via indiretta.
  • - Legge tedesca del 1991
  • In altre ipotesi dettano unapposita disciplina
    per quei danni che riguardano lambiente in senso
    stretto, indipendentemente dalle lesioni arrecate
    a diritti individuali (danno ambientale in senso
    stretto). Per tal via si è elaborata una clausola
    generale di responsabilità civile per danni
    allambiente. Tale scelta ha comportato, però,
    difficoltà nella enucleazione di un concetto di
    ambiente tutelabile, nella individuazione del
    portatore di diritti nei confronti di questo
    nuovo bene e dei criteri per addivenire ad una
    quantificazione del danno in termini monetari.
  • - CERCLA Dlgs. 152/2006 Italia

9
Umwelthaftungsgesetz (Germania) 1991
  • Prevede al suo 1 che
  • Qualora da una immissione nellambiente,
    proveniente da uno degli impianti indicati
    nellappendice 1 (della medesima legge, n.d.r.),
    derivi la morte, la lesione del corpo o della
    salute, oppure della proprietà di un soggetto, il
    proprietario dellimpianto è tenuto a risarcire
    il danno che ne è derivato .
  • La legge tedesca si rifà dunque ad una concezione
    di danno tradizionale, evitando di affrontare lo
    spinoso problema del danno all'ambiente in senso
    stretto, limitandosi a prendere in considerazione
    i danni alle persone ed alle cose che possano
    derivare da immissioni nocive nell'ambiente.
  • Con questa soluzione il legislatore tedesco ha
    messo fine a quella lunga discussione presente in
    Germania circa la possibilità di risarcire i c.d.
    danni ecologici (c.d. Ökoschäden), ossia quei
    danni che ledono la natura in quanto tale,
    indipendentemente dalla sussistenza di una
    situazione di appartenenza di questa nei
    confronti di chicchessia.
  • Nei lavori preparatori alla legge tedesca del
    1991 traspare come motivo principale per
    addivenire a tale scelta il timore derivante
    dalla difficile determinazione di criteri per
    quantificare il valore, il prezzo del bene
    ambiente.

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C.E.R.C.L.A. (Stati Uniti) 1980
  • Il CERCLA dispone la risarcibilità del danno
    causato alle risorse naturali, indipendentemente
    dalla lesione di altri diritti individuali come
    la salute e la proprietà.
  • Le natural resources vengono definite dalla
    legge come linsieme delle terre, della fauna
    ittica e selvaggia, dellaria, delle acque di
    superficie e sotterranee, nonché di tutte le
    risorse appartenenti, sottoposte a trust,
    amministrate o in qualsiasi altro modo
    controllate dal governo federale degli Stati
    Uniti, o da altro ente locale appartenente
    allamministrazione statale o federale.
  • Alla luce dei lavori preparatori e delle
    interpretazioni fornite dalla dottrina americana,
    scopo precipuo della clausola generale di cui
    sopra, doveva essere quello di considerare le
    risorse ambientali come qualsiasi altra risorsa
    per il cui uso limprenditore è tenuto a pagare
    un corrispondente prezzo.
  • Considerando lambiente alla stregua di una
    risorsa primaria, i potenziali fruitori/danneggiat
    ori avrebbero dovuto tenere in debito conto anche
    il prezzo di questultima, così internalizzando i
    costi delle esternalità negative create
    dallesercizio delle loro attività.
  • Conseguentemente il CERCLA non prevede nessun
    meccanismo per il risarcimento dei danni ai
    singoli privati. In questo caso, infatti, i
    rimedi disponibili sono quelli di diritto comune.

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D. Lgs n152/2006 (Codice dellambiente)
  • Art. 300 com. 1, il danno ambientale viene
    definito come qualsiasi deterioramento
    significativo e misurabile, diretto o indiretto,
    di una risorsa naturale o dellutilità assicurata
    da questultima.
  • Il comma 2 riprende pedissequamente la
    definizione della direttiva europea, senza fare
    sforzo di adattamento della norma comunitaria
    allordinamento nazionale, prevede, infatti che
    ai sensi della Direttiva 2004/35/CE costituisce
    danno ambientale il deterioramento, in confronto
    alle condizioni originarie, provocato
  • alle specie e agli habitat naturali protetti
    dalla normativa nazionale e comunitaria ()
  • alle acque interne ()
  • alle acque costiere ed a quelle ricomprese nel
    mare territoriale ()
  • al terreno, mediante qualsiasi contaminazione
    ().
  • Alla tutela frazionata di alcune componenti del
    bene ambiente, come sopra descritta, segue però
    la formulazione in termini generali dellillecito
    ambientale nellart. 311 com. 2, in base al
    quale
  • chiunque realizzando un fatto illecito, o
    omettendo attività o comportamenti doverosi, con
    violazione di legge, di regolamento, o di
    provvedimento amministrativo, con negligenza,
    imperizia, imprudenza o violazione di norme
    tecniche, arrechi danno allambiente,
    alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in
    tutto o in parte, è obbligato a ripristino della
    precedente situazione e, in mancanza, al
    risarcimento per equivalente patrimoniale nei
    confronti dello Stato.

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  • Mancanza di coordinamento tra art. 300 ed art.
    311 com.2.
  • Art. 300?limita la definizione di danno
    ambientale a quanto contemplato nella direttiva
    europea (indicazione troppo tassativa di ciò che
    costituisce oggetto di deterioramento
    significativo e misurabile di una risorsa
    naturale o dellutilità assicurata da
    questultima)
  • Art. 311 com.2 ?dà rilievo a qualsiasi
    alterazione, deterioramento o distruzione in
    tutto o in parte dellambiente(figura di illecito
    più ampia in cui lambiente è inteso come bene
    unitario)

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La giurisprudenza
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LEGITTIMAZIONE AD AGIRE NEI GIUDIZI DI DANNO
AMBIENTALE
  • Negli ordinamenti che riconoscono la
    risarcibilità del danno da inquinamento la
    legittimazione attiva spetta al titolare del
    diritto leso, quindi generalmente al proprietario
    o al titolare di un altro diritto reale minore,
    nonché al soggetto la cui salute o integrità
    fisica sia stata violata dal fenomeno di
    inquinamento ambientale.
  • Diversamente, negli ordinamenti che hanno assunto
    un modello di tutela diretta delle risorse
    ambientali, si è aperto il problema di
    individuare i soggetti cui a vario titolo doveva
    essere affidata tale titolarità.
  • Sia nel sistema statunitense che in quello
    italiano la legge stabilisce che siano
    innanzitutto lo Stato, o suoi rappresentanti, ed
    in particolare gli enti locali o territoriali, i
    legittimati attivi nellazione diretta a
    richiedere o la restitutio in integrum, oppure il
    risarcimento del danno.
  • Appare tuttavia interessante osservare come
    alcune funzioni vengano affidate alle
    associazioni ambientali, o a singoli individui.

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Stati Uniti
  • A partire dagli anni 70 il Congresso ha
    cominciato ad inserire negli statutes federali
    (es. Clean Water Act Clean Air Act) particolari
    previsioni volte a legittimare singoli individui
    o associazioni ambientali a richiedere
    lapplicazione delle disposizioni poste a tutela
    dellambiente, indipendentemente dal fatto che
    tale violazione di legge avesse provocato un
    danno specifico agli stessi.
  • Lo scopo di tali rimedi, chiamati citizens suits,
    non era quello di fornire ai cittadini uno
    strumento per ottenere una migliore tutela dei
    loro interessi individuali, ma piuttosto quello
    di rendere possibile lazione dei privati nei
    confronti di coloro che violavano delle
    disposizioni poste a tutela dellambiente
    (standards od altre misure previste dalla legge
    stessa).
  • In questo modo i cittadini si venivano a porre in
    una posizione di tipo concorrenziale nei
    confronti delle istituzioni pubbliche create per
    attuare una politica dellambiente.
  • Oggi quasi tutti gli statutes in materia
    ambientale contengono delle clausole stabilenti
  • che passato un certo lasso di tempo dal momento
    in cui si è verificato il fenomeno di
    inquinamento senza che lente competente abbia
    proposto azione contro il presunto inquinatore,
    uno o più cittadini, oppure uno o più
    associazioni possano sostituirsi allente inerte
    e proporre essi stessi lazione in giudizio
  • che il risarcimento dei danni ottenuto dalle
    associazioni o dai cittadini finisca comunque
    nelle casse dello Stato o dellente competente
    per il ripristino
  • che nei confronti delle associazioni e dei
    cittadini che si siano attivati, il giudice possa
    almeno liquidare le spese processuali.

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D. Lgs n152/2006 (Codice dellambiente)
  • Il TU sullambiente allart. 311 com. 1,
    individua il titolare delle azioni di
    risarcimento del danno nello Stato, attribuendo
    la legittimazione ad agire solo al Ministero
    dellAmbiente.
  • Tuttavia, allart. 309 viene previsto che le
    regioni, le provincie autonome e gli enti locali
    , nonché le persone fisiche o giuridiche che
    sono o che potrebbero essere colpite dal danno
    ambientale possono presentare al Ministro
    dellambiente denunce e osservazioni,
    concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o
    di minaccia imminente di danno ambientale e
    chiedere lintervento statale a tutela
    dellambiente.
  • Art. 310 I soggetti di cui allart. 309, com.1,
    sono legittimati ad agire per il risarcimento
    del danno subito a causa del ritardo
    nellattivazione, da parte del medesimo Ministro,
    delle misure di precauzione, di prevenzione o di
    contenimento del danno ambientale.
  • Art. 313 com.7 resta in ogni caso fermo il
    diritto dei soggetti danneggiati dal fatto
    produttivo di danno ambientale, nella loro salute
    o nei beni di loro proprietà, di agire in
    giudizio nei confronti del responsabile a tutela
    dei diritti e degli interessi lesi.

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  • Riassumendo
  • ?Da un lato si stabilisce il principio generale
    della titolarità esclusiva in capo allo Stato
    della pretesa risarcitoria, assumendo così che
    esso agisca a tutela della collettività facendo
    valere un diritto superindividuale a tutela di
    una bene collettivo
  • ?Dallaltro si ammette che anche tutte le persone
    fisiche o giuridiche, oltre che gli enti
    espressione della collettività locale, possano
    essere colpite dal danno ambientale in senso
    stretto e, quindi, agire per il risarcimento del
    danno subito a seguito del deterioramento delle
    risorse naturali. I privati sono, pertanto,
    legittimati ad agire per il ristoro del danno
    allambiente come definito dal TU, e non solo per
    la tutela dei diritti soggettivi eventualmente
    lesi dal medesimo fatto produttivo di danno
    ambientale (il d.a. torna sul piano dei diritti
    soggettivi tutelabili individualmente).
  • ?Infine, si considera il danno ai singoli beni
    lesi dal fatto produttivo di d.a., come tali
    distinti da questultimo ed oggetto di tutela in
    base alle norme ordinarie (anche se, poi, limita
    inspiegabilmente lambito dei diritti tutelabili
    in via ordinaria alla salute ed alla proprietà).

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Le modalità inerenti alla riparazione ed i
criteri per il risarcimento del danno
  • Risarcibilità del danno allambiente viene
    preferito il ripristino dello stato dei luoghi
    alla situazione preesistente al verificarsi
    dellincidente, a svantaggio delle forme di
    risarcimento monetarie.
  • Il problema del risarcimento per equivalente nel
    settore ambientale va, infatti, incontro a
    difficoltà derivanti dallassenza di mercati per
    i beni oggetto di tutela. Mancano, cioè, criteri
    collaudati che possano essere utilizzati in sede
    giurisdizionale per addivenire alla
    quantificazione del danno ambientale.
  • La necessità di unelaborazione di tali criteri,
    appare chiara laddove si collochi il problema
    delle stime nel più ampio contesto della
    responsabilità civile
  • ove la quantificazione fosse troppo bassa
    rispetto al risparmio od al guadagno ricavato dal
    polluter con una determinata attività inquinante,
    tale da non costituire un valido incentivo per il
    danneggiante ad evitare il medesimo danno in
    futuro, si verrebbe a vanificare anche ogni
    discorso sulla scelta del criterio di imputazione
    della responsabilità. La scelta a favore di un
    regime di responsabilità più severo, come quello
    che presume la colpa, non porterebbe comunque a
    risultati soddisfacenti ove tale opzione non
    fosse coadiuvata da criteri di quantificazione
    che perseguissero il medesimo scopo. I criteri di
    quantificazione vengono, quindi, ad incidere
    direttamente sulla funzione preventiva della
    responsabilità civile.
  • Lesigenza di sviluppare criteri univoci è dovuta
    anche alla necessità di raggiungere decisioni
    omologhe in tutte le corti. È auspicabile che i
    giudici abbiano delle direttive prestabilite da
    seguire, onde evitare che la quantificazione del
    danno possa portare a risultati difformi - e
    quindi sostanzialmente iniqui - a seconda della
    giurisdizione che si trovi a decidere su di una
    determinata causa ambientale.

19
  • Infine, lesistenza di tali criteri rende in
    qualche modo prevedibile la quantificazione del
    danno, fatto di non poco conto e che soprattutto
    gli assicuratori tengono in debita considerazione
    quando essi debbano scegliere se rendere
    disponibile una polizza adeguata.
  • Tuttavia né lesperienza italiana, volta ad
    addivenire alla quantificazione del risarcimento
    del danno allambiente secondo un criterio di
    equità, né quella statunitense, che si rifaceva a
    specifici criteri di valutazione economica,
    sembrano avere dato buoni risultati fino ad ora.
  • Alla luce di questa esperienza negativa del
    tentativo di monetizzare il danno ambientale e
    soprattutto di elaborare criteri univoci di
    quantificazione si potranno comprendere meglio ed
    apprezzare le scelte effettuate dalla Convenzione
    di Lugano e poi riprese dal Libro Bianco.
  • Nel caso in cui il ripristino non sia
    tecnicamente possibile, il Libro Bianco riprende,
    infatti, un suggerimento fatto proprio già dalla
    Convenzione di Lugano, stabilendo che la
    quantificazione del danno debba basarsi sui costi
    delle soluzioni alternative, finalizzate
    all'introduzione nell'ambiente di risorse
    equivalenti a quelle distrutte .

20
I criteri di imputazione della responsabilità per
danno ambientale
  • Nelle moderne leggi ecologiche appare nitida la
    tendenza a introdurre un criterio di imputazione
    della responsabilità di tipo oggettivo (scelta
    condivisa dal CERCLA statunitense, dalla Legge
    tedesca, svizzera e portoghese). Le
    giustificazioni addotte per suffragare tale
    criterio sono varie
  • 1. alleviare il compito del giudice, che nel caso
    di un processo per colpa, oltre a determinare
    l'entità del danno si troverà a rispondere anche
    all'altra domanda concernente il giusto livello
    di diligenza che il convenuto avrebbe dovuto
    tenere
  • 2. costringere i potenziali danneggianti
    dell'ambiente a modulare anche il proprio livello
    di attività in funzione della probabilità di
    causare un danno ambientale
  • 3. conseguentemente internalizzare per tal via
    tutti i costi sociali e non solo di quelli
    causati da negligenza
  • 4. venire incontro altresì alle esigenze della
    vittima, la quale in caso di responsabilità per
    colpa si troverebbe di fronte al difficile
    compito di dover dimostrare la negligenza
    dell'agente.
  • Il Dlgs.152/2006, pur presentando soluzioni
    diverse e tra loro disomogenee, sembra preferire
    una imputazione della responsabilità basata sulla
    colpa.

21
La legge tedesca del 1991 (Umwelthaftungsgesetz
)
  • Introduce un sistema di responsabilità oggettiva
    per tutti quei danni causati alla salute ed
    all'integrità sia delle persone che delle cose,
    che siano state la conseguenza di una immissione
    nociva nell'ambiente. Il 1 della legge dispone,
    infatti, a carico del titolare di uno degli
    impianti specificatamente indicati nell'appendice
    1 della legge stessa l'obbligo di risarcire il
    danno così cagionato.
  • Tale responsabilità viene estesa a quegli
    impianti, rientranti nelle categorie prese in
    considerazione dalla legge, che non siano ancora
    in funzione ed altresì a quelli che siano già
    fuori esercizio.
  • A questo tipo di responsabilità sarà altresì
    assoggettato l'impianto che abbia funzionato a
    norma di legge (c.d. Normalbetrieb), ossia che
    sia stato fatto funzionare dopo avere ottenuto le
    eventuali richieste autorizzazioni e rispettando
    gli standards previsti dalla legge.
  • La legge stabilisce inoltre alcune ipotesi di
    esclusione della responsabilità, specificatamente
    nei casi di forza maggiore, oppure qualora vi sia
    un danno irrilevante o comunque prevedibile date
    le condizioni locali.

22
Il Cercla 1980 (Usa)
  • Prevede al 107 una responsabilità di tipo
  • oggettivo (strict)
  • solidale (joint several)
  • e retroattivo (retroactive)
  • nei confronti delle c.d. potentially responsible
    parties (PRPs).
  • Tale ultima categoria (PRPs) è definita in
    maniera ampia e ricomprende
  • i proprietari attuali del sito inquinato e gli
    utilizzatori e operatori della discarica, gli ex
    proprietari ed ex operatori fin dal momento del
    primo utilizzo di qualsiasi sostanza nociva in
    quel luogo, chiunque abbia organizzato il
    trasporto dei materiali pericolosi sul luogo,
    chiunque abbia prodotto le sostanze inquinanti
    depositate in quel sito, chiunque abbia
    provveduto allo smaltimento ed alla eliminazione
    di dette sostanze.
  • Ai sensi del CERCLA è, dunque, potenzialmente
    responsabile qualsiasi soggetto che abbia od
    abbia avuto una pur minima relazione con il sito
    inquinato.

23
  • Il 107 del CERCLA stabilisce inoltre che le
    PRPs sono responsabili, oltre che per i costi di
    clean-up, anche per i danni arrecati alle risorse
    naturali (natural resources damages), ma questa
    volta solo se il danno è stato causato da una
    emissione nociva verificatasi, almeno
    parzialmente, dopo l'11 dicembre 1980, data
    dell'entrata in vigore del CERCLA.
  • Le difese opponibili a questa forma di
    responsabilità, sono estremamente limitate. Dal
    testo originario sono previste, infatti, solo
    quelle derivanti dalla dimostrazione che l'evento
    è stato unicamente causato da forza maggiore, in
    conseguenza di una guerra, o da un atto
    vandalico.
  • Nell' Ottobre del 1986, è stato emanato il
    Superfund Amendments and Reauthorization Act
    (SARA) che ha introdotto un'ulteriore possibile
    difesa contro la responsabilità derivante dalla
    107, nota come la difesa dell' "innocent
    landowner" il proprietario del sito contaminato
    che si è sempre comportato con diligenza può
    dimostrare di essere stato vittima di un inganno
    che non gli ha obiettivamente permesso di
    conoscere l'esistenza di sostanze pericolose
    depositate in passato nel fondo.
  • L'ultima connotazione caratterizzante la
    responsabilità per danno ambientale attualmente
    imposta dal CERCLA, nonché uno dei punti
    maggiormente discussi nel dibattito sulla
    riforma, è la sua applicazione retroattiva ciò
    significa che, ad oggi, le PRPs possono essere
    considerate responsabili anche per le azioni
    compiute e gli avvenimenti verificatisi prima che
    questa legge entrasse in vigore.

24
T.U. AMBIENTE Dlgs. 152/2006
  • Lart. 305 sembra diretto ad istituire una
    responsabilità oggettiva (nesso di causalità tra
    azione o omissione ed evento)
  • quando si è verificato un danno ambientale,
    oltre alle azioni di prevenzione, loperatore ha
    lobbligo di adottare le necessarie misure di
    ripristino di cui allart. 306. Se loperatore
    non adempie a tali obblighi o se non è tenuto a
    sostenere i costi a norma della parte sesta del
    presente decreto, il Ministro dellambiente ha
    facoltà di adottare egli stesso tali misure, con
    diritto di rivalsa verso chi abbia causato o
    comunque concorso a causare le spese stesse.
  • QUINDI
  • Lobbligo di ripristino sorge quando si verifica
    un danno ambientale
  • Il Ministro ha un diritto di rivalsa per le spese
    sostenute contro chi lo abbia causato o comunque
    concorso a causare
  • Poiché, però, lart. 305 prevede anche il caso in
    cui loperatore non è tenuto a sostenere i costi
    , si impone una lettura sistematica
    dellarticolato, che riporta a criteri diversi
    dal mero nesso causale.

25
  • Lart. 311 com.2, depone, invece, per un criterio
    di attribuzione della responsabilità basato sulla
    colpa.
  • In base ad esso, integra gli estremi della
    fattispecie la realizzazione di un fatto illecito
    di natura dolosa o colposa, in forma attiva od
    omissiva, in violazione di legge, di regolamento
    o provv.to amm.tivo, oppure commesso con
    negligenza, imperizia, imprudenza.
  • QUINDI
  • Il profilo della responsabilità viene allargato
    alla colpa generica, non ancorata cioè alla sola
    violazione di una norma o di un provvedimento
    espressamente posti a violazione dellambiente
  • Con ciò lillecito viene modellato sullart. 2043
    c.c. ed anche il danno ambientale diventa
    illecito atipico, relizzabile, dunque, con
    qualsiasi condotta dolosa o colposa.
  • Nota
  • Nel nostro sistema giuridico la responsabilità
    oggettiva rappresenta sempre uneccezione!

26
I problemi inerenti alla identificazione del
nesso di causalità
  • Il danno all'ambiente è un settore in cui regole
    comuni volte a disciplinare il nesso di causalità
    hanno dimostrato di non dare buoni risultati e
    ove la loro applicabilità risulta particolarmente
    problematica.
  • Il danno in quanto tale o le sue conseguenze
    possono venire alla luce anche molti anni dopo il
    verificarsi delle azioni dannose, con conseguenti
    difficoltà a dimostrare la relazione esistente
    tra azione dannosa ed evento lesivo.
  • E' inoltre tipico in questo ambito il verificarsi
    di ipotesi ove il danno non è la conseguenza di
    una singola azione dannosa nei casi delle c.d.
    immissioni cumulate, il problema è determinare
    quale sia la percentuale di ogni inquinatore
    all'attività inquinatrice.
  • I fenomeni di inquinamento possono presentare
    dinamiche complesse ad es. nel caso in cui sia
    sostanzialmente certo ed appurato che sia
    avvenuta la fuoriuscita di una sostanza nociva,
    ma non si conoscono i soggetti che ne subiranno
    le conseguenze dannose.
  • Conseguentemente, sia in dottrina sia in
    giurisprudenza che nelle recenti legislazioni
    straniere si è assistito allo sviluppo di teorie
    alternative a quelle solite.

27
La legge tedesca del 1991 (Umwelthaftungsgesetz)
  • Lordinamento tedesco ha affrontato il problema
    di identificare il responsabile dell'inquinamento
    introducendo eccezioni alla normale disciplina
    del nesso di causalità. Una particolare
    presunzione di causalità porta, infatti, ad
    alleviare l'onere probatorio del danneggiato.
  • Il regime di responsabilità predisposto astrae,
    almeno in linea presuntiva, dal nesso di
    causalità
  • tale facilitazione per il danneggiato si
    concretizza in un ribaltamento dell'onere della
    prova che viene posta a carico del presunto
    inquinatore. Ossia, se da un esame delle
    circostanze del fatto concreto un impianto sarà
    ritenuto idoneo a provocare il danno
    verificatosi, si presumerà che quest'ultimo sia
    effettivamente stato provocato dall'impianto in
    questione, senza bisogno per il danneggiato di
    dare la prova certa del nesso causale.
  • L'idoneità specifica dell'impianto a produrre il
    danno verrà giudicata in base al concreto
    svolgersi del suo esercizio, alle attrezzature
    ivi impiegate, alla natura ed alla concentrazione
    delle sostanze immesse nell'ambiente, alle
    condizioni metereologiche, al tempo ed al luogo
    del verificarsi del danno, nonché in base a ogni
    altra circostanza che, nella fattispecie
    concreta, possa fornire elementi contro o a
    favore del verificarsi del danno.
  • Per l'impianto che sia stato fatto funzionare nel
    rispetto delle norme di legge tale presunzione di
    causalità verrà esclusa qualora siano stati
    assolti tutti gli obblighi d'esercizio e non si
    sia riscontrato alcuna anomalia nell'esercizio.

28
  • Per obblighi di esercizio particolari s'intendono
    quelli risultanti da "autorizzazioni, direttive,
    disposizioni esecutive, nonché da decreti o da
    norme di legge, sempreché mirino a prevenire le
    lesioni ambientali che debbano considerarsi
    all'origine del danno".
  • Qualora la legge disponga che in base ad uno di
    questi obblighi particolari l'esercizio
    dell'impianto doveva essere assoggettato a
    controlli specifici per verificarne il rispetto,
    si presumerà che tale obbligo sia stato
    effettivamente assolto
  • sia nel caso che i controlli abbiano avuto luogo
    nell'arco di tempo in cui la lesione ambientale
    può avere avuto origine e gli stessi controlli
    non abbiano riscontrato alcunché a riprova
    dell'esistenza di una violazione dell'obbligo
    particolare
  • sia nel caso in cui tra il momento della
    richiesta di risarcimento dei danni e la lesione
    ambientale siano trascorsi più di 10 anni.
  • Vi sono poi altre disposizioni che mirano ad
    escludere l'operatività della presunzione. Tale
    esclusione è prevista
  • qualora vi siano più impianti che possono essere
    considerati idonei, secondo le circostanze
    concrete, ad avere causato il danno, oppure
    qualora si siano verificati altri fatti idonei a
    produrre il danno.

29
Lelaborazione di nuovi criteri offerti dalla
giurisprudenza americana
  • Le regole che disciplinano il nesso di causalità
    nel sistema di Common Law sono tradizionalmente
    le seguenti.
  • In primo luogo, si adotta il meccanismo della
    condicio sine qua non, ossia il but for test in
    base al quale la condotta dell'individuo non può
    essere considerata causa dell'evento, se l'evento
    si sarebbe verificato anche senza di essa.
  • Altra regola si concretizza nel c.d. substantial
    factor test, in base a cui, l'attore è tenuto a
    dimostrare che l'azione del convenuto deve
    considerarsi un elemento essenziale, anche se non
    esclusivo, per il verificarsi del danno da lui
    subito.
  • Un primo passo in avanti rispetto a queste regole
    tradizionali le giurisdizioni statunitensi
    l'hanno fatto verso la fine degli anni '40 in
    occasione del caso Summers v. Tice . In questa
    sede i giudici elaborarono la c.d. alternative
    liability theory , in base alla quale
    "nell'ipotesi in cui la condotta di due o piú
    soggetti è illecita, se è provato che il danno è
    stato causato alle vittime da uno solo di essi,
    ma v'è incertezza in ordine a chi lo abbia
    causato, ognuno dei soggetti ha l'onere di
    provare che egli non abbia causato il danno. In
    questo caso, dunque, la Corte stabilì la
    possibilità di invertire l'onere della prova a
    carico dei convenuti, determinando la
    responsabilità solidale dei due in quanto joint
    tortfeasors a fronte della loro condotta
    negligente e, comunque, mantenendo ferma la
    possibilità per ognuno di loro di discolparsi.

30
VERSO UNA NORMATIVA COMUNITARIA SULLA
RESPONSABILITÀ PER DANNO AMBIENTALELadozione
della direttiva 2004/35/CE
  • La direttiva dellaprile 2004 sulla
    responsabilità ambientale in materia di
    prevenzione e riparazione del danno si situa nel
    solco di un indirizzo volto al riordino e alla
    razionalizzazione della normativa ambientale
    europea.
  • Nelle considerazioni introduttive, il legislatore
    rende noti i presupposti e gli intendimenti sui
    quali fonda larticolato relativo al danno
    ambientale e, in tale sede, vengono richiamati
    alcuni orientamenti che erano stati enunciati in
    documenti precedenti (Libro verde del 1993 e
    Libro bianco e del 2000).
  • In particolare si riconosce che la prevenzione e
    la riparazione del danno hanno come riferimento
    il principio chi inquina paga, quale stabilito
    nel trattato.
  • Lintento comunitario è quello di istituire una
    comune disciplina in tema di danno ambientale,
    allo scopo di ottenere risultati a costi
    ragionevoli per la società.

31
  • Altra motivazione, sottostante alla precedente, è
    quella di incitare i promotori ad evitare i
    danni. Di regola, infatti, le spese per la
    prevenzione permettono di evitare o ridurre la
    possibilità che si producano danni i cui costi di
    riparazione sarebbero superiori alle spese per la
    prevenzione. Per cui i soggetti potenzialmente
    responsabili sono incoraggiati ad investire nella
    prevenzione piuttosto che sopportare i costi più
    elevati della riparazione.
  • Il processo di preparazione di questa importante
    regolamentazione è stato lungo e contrastato, le
    ragioni che ne hanno ritardato lemissione
    dipendono essenzialmente dai numerosi e
    contrastanti interessi che entrano in gioco in un
    contesto sensibile come quello della
    responsabilità ambientale
  • Da una lato ci sono gli Stati membri,
    intenzionati a delimitare lambito di una loro
    eventuale responsabilità sussidiaria ed a ridurre
    la complessità dei loro compiti.
  • Dallaltro ci sono le imprese e le associazioni
    professionali, le quali sono preoccupate delle
    difficoltà normalmente connesse alla
    determinazione dellonere della prova ed alla
    valutazione dei danni ambientali mentre sono
    ostili alla concessione di un ruolo privilegiato
    alle Organizzazioni non governative (ONG). Queste
    ultime, infine, reclamano un diritto autonomo di
    azione nei confronti di chi inquina, così come
    una riduzione dei costi legati a siffatte azioni
    (e cioè una riduzione delle spese di giustizia
    nonché degli indennizzi in caso di rigetto
    dellazione).

32
LE PRINCIPALI QUESTIONI DA AFFRONTARE
  • Definizione di danno ambientale
  • Ambito di applicazione della direttiva
  • Criteri di imputazione della responsabilità
  • Modalità e criteri di riparazione del danno
  • Legittimazione ad agire
  • Assicurabilità del rischio ambientale

33
OGGETTO DELLA DIRETTIVA (art.1)
  • Art. 1 La presente direttiva istituisce un
    quadro per la responsabilità ambientale, basato
    sul principio chi inquina paga, per la
    prevenzione e la riparazione del danno
    ambientale.
  • Base legale
  • - Entrata in vigore il 30.04.2004
  • - Data di completo adeguamento il 30.04.2007
  • Nota
  • - la Direttiva obbliga giuridicamente gli Stati
    fin dalla pubblicazione (30.04.2004)
  • - lobbligo degli Stati riguarda il nucleo
    essenziale comune nel senso delladeguamento
    entro il 30.04.2004
  • - gli Stati possono conservare la disciplina
    nazionale se più ampia o più severa (prima e dopo
    il 30.04.2007)
  • - la parte della Direttiva sufficientemente
    chiara, precisa e dettagliata entra comunque in
    vigore dal 30.04.2007, anche in caso di mancato
    recepimento formale da parte degli Stati membri
  • - la Corte di Giustizia delle Comunità Europee di
    Lussemburgo è competente a giudicare gli Stati
    per inadempimento anche parziale.

34
DEFINIZIONE E TIPOLOGIE DI DANNO AMBIENTALE
(art.2)
  1. Danno alle specie e agli habitat naturali
    protetti (vale a dire qualsiasi danno che produca
    significativi effetti negativi sul raggiungimento
    o il mantenimento di uno stato di conservazione
    favorevole di tali specie e habitat Direttiva
    Habitat 79/409/CEE Direttiva Uccelli 92/43/CEE)
  2. Danno alle acque indicate nella Direttiva quadro
    2000/60/CEE
  3. Danno al terreno (vale a dire qualsiasi
    contaminazione del terreno che crei un rischio
    significativo di effetti negativi sulla salute
    umana a seguito dell'introduzione diretta o
    indiretta nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo
    di sostanze, preparati, organismi o microrganismi
    nel suolo).

35
NATURA E CARATTERISTICHE DEL DANNO
  • Nella Direttiva
  • Il danno alle specie ed agli habitat è inteso
    come squilibrio nella conservazione favorevole
    naturale delle risorse e la riparazione
    privilegiata è quella primaria (ripristino delle
    condizioni originarie).
  • Il danno alle acque è analogamente riferito allo
    stato ecologico, al potenziale ecologico,
    condizionati dai profili chimici e/o
    quantitativi. Anche in questo caso, la misura di
    riparazione privilegiata è quello del recupero
    delle condizioni originarie.
  • Il danno al terreno è limitato alle
    contaminazioni comportanti un rischio
    significativo sulla salute umana.

36
  • Nella Direttiva il danno deve presentare alcune
    caratteristiche generali, ovvero deve essere
  • a. concreto
  • b. misurabile (o quantificabile)
  • c. significativo.
  • E anche prevista una protezione anticipata la
    minaccia imminente, cioè il rischio
    sufficientemente probabile, ossia un pericolo
    attuale e concreto di un danno futuro.

37
AMBITO DI APPLICAZIONE DELLA DIRETTIVA (art. 3)
  • La Direttiva si applica a due tipi di attività
    professionale
  • quelle elencate nellallegato III (trattasi di 12
    attività economiche ritenute a rischio
    intrinseco, già disciplinate da apposite
    direttive es funzionamento di impianti soggetti
    ad autorizzazione operazioni di gestione dei
    rifiuti, compresi la raccolta, il trasporto, il
    recupero e lo smaltimento di rifiuti e di rifiuti
    pericolosi Lo scarico o l'immissione di
    inquinanti nelle acque superficiali o sotterranee
    che sono soggetti a permesso, autorizzazione o
    registrazione)
  • le attività professionali diverse (cioè non
    elencate nellallegato III), ove cagionino un
    danno o minaccia alle specie ed habitat protetti
    e sempre che sussista dolo o colpa.

38
SOGGETTI RESPONSABILI
  • Soggetti privati
  • Soggetti pubblici
  • Pluralità di autori del danno.

39
Responsabilità civile
  • Nella Direttiva è detto espressamente (art. 3,d)
    che la responsabilità ha natura soggettiva (dolo
    o colpa) per le attività professionali (diverse
    da quelle dellAllegato III) che cagionino danno
    alle specie ed habitat.
  • Implicitamente si può ritenere che è prevista la
    responsabilità oggettiva per le attività di cui
    allAllegato III (con conseguente inversione
    dellonere della prova).

40
Casi di esclusione della responsabilità civile
(art. 4)
  • Nella Direttiva sono previsti come casi di
    esclusione della r.c.
  • i fenomeni naturali eccezionali, inevitabili ed
    incontrollabili
  • rischi nucleari
  • trasporto marittimo di sostanze nucleari
  • inquinamento diffuso
  • difesa nazionale
  • sicurezza internazionale e misure di protezione
    da calamità naturali.

41
Casi ulteriori di esclusione della responsabilità
civile
  1. mancanza del nesso causale
  2. mancanza del dolo e della colpa (nel caso di
    responsabilità soggettiva)
  3. mancata prova del danno
  4. attività autorizzata (a certe condizioni vedi
    punto 20 del preambolo art. 2, punto 1, a)
  5. attività delegata (art. 2, punto 6)

42
La valutazione economica del danno ambientale
  • Nella Direttiva
  • Il principio chi inquina paga esige che tutti i
    costi per il ripristino naturale primario o per
    equivalente siano considerati.
  • Non viene dettato un preciso modello economico di
    valutazione ma si indicano dei criteri
  • priorità della riparazione primaria
  • in caso di impossibilità o difficoltà, assicurare
    risorse e servizi equivalenti (riparazione
    complementare) in un luogo vicino
  • compensare (e quindi includere nei costi) le
    spese temporanee in attesa del ripristino
    naturale
  • se non è possibile assicurare lequivalenza
    risorsa-risorsa e servizi-servizi, si adotta il
    metodo della valutazione monetaria
  • la scelta delle opzioni tiene conto della
    necessità di utilizzare la migliore tecnologia
    disponibile, considerando il costo di essa, il
    suo effetto anche nella prospettiva futura, il
    tempo di recupero, la specificità della
    situazione del sito, altri fattori culturali e
    sociali.
  • Per la riparazione del danno al terreno si
    richiede una specifica procedura di valutazione
    del rischio e leliminazione delle sostanze. E
    prevista la possibilità di diverso utilizzo in
    base alle norme di assetto territoriale.
  • E anche contemplata lipotesi marginale di un
    ripristino naturale senza interventi umani
    diretti (ove sia possibile).

43
Criteri per la riparazione del danno
  • Nella Direttiva esistono due regole fondamentali
  • il costo della riparazione è a carico
    dellautore del danno
  • la riparazione va intesa come ripristino
    materiale (integrale o equivalente).
  • Solo in via eccezionale si procede al
    risarcimento pecuniario (vedi Allegato III).

44
Azioni di prevenzione (art.5)
  • Quando un danno ambientale non si è ancora
    verificato, ma esiste una minaccia imminente che
    si verifichi, l'operatore adotta, senza indugio,
    le misure di prevenzione necessarie.
  • Se del caso, e comunque quando la minaccia
    imminente di danno ambientale persista nonostante
    le misure di prevenzione adottate dall'operatore,
    gli Stati membri provvedono affinché gli
    operatori abbiano l'obbligo di informare il più
    presto possibile l'autorità competente di tutti
    gli aspetti pertinenti della situazione.
  • L'autorità competente , in qualsiasi momento, ha
    facoltà di
  • chiedere all'operatore di fornire informazioni su
    qualsiasi minaccia imminente di danno ambientale
    o su casi sospetti di tale minaccia imminente
  • chiedere all'operatore di prendere le misure di
    prevenzione necessarie
  • dare all'operatore le istruzioni da seguire
    riguardo alle misure di prevenzione necessarie da
    adottare oppure
  • adottare essa stessa le misure di prevenzione
    necessarie.
  • L'autorità competente richiede che l'operatore
    adotti le misure di prevenzione. Se l'operatore
    non si conforma agli obblighi previsti al
    paragrafo 1 o al paragrafo 3, lettere b) o c), se
    non può essere individuato, o se non è tenuto a
    sostenere i costi a norma della presente
    direttiva, l'autorità competente ha facoltà di
    adottare essa stessa tali misure.

45
Azioni di riparazione (art. 6)
  • Quando si è verificato un danno ambientale,
    l'operatore comunica senza indugio all'autorità
    competente tutti gli aspetti pertinenti della
    situazione e adotta
  • tutte le iniziative praticabili per controllare,
    circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo,
    con effetto immediato, gli inquinanti in
    questione e/o qualsiasi altro fattore di danno,
    allo scopo di limitare o prevenire ulteriori
    danni ambientali e effetti nocivi per la salute
    umana o ulteriori deterioramenti ai servizi e
  • le necessarie misure di riparazione
    conformemente all'articolo 7.
  • L'autorità competente, in qualsiasi momento, ha
    facoltà di
  • chiedere all'operatore di fornire informazioni
    supplementari su qualsiasi danno verificatosi
  • adottare, chiedere all'operatore di adottare o
    dare istruzioni all'operatore circa tutte le
    iniziative praticabili per controllare,
    circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo,
    con effetto immediato, gli inquinanti in
    questione e/o qualsiasi altro fattore di danno,
    allo scopo di limitare o prevenire ulteriori
    danni ambientali e effetti nocivi per la salute
    umana o ulteriori deterioramenti ai servizi
  • chiedere all'operatore di prendere le misure di
    riparazione necessarie
  • dare all'operatore le istruzioni da seguire
    riguardo alle misure di riparazione necessarie da
    adottare oppure
  • adottare essa stessa le misure di riparazione
    necessarie.
  • L'autorità competente richiede che l'operatore
    adotti le misure di riparazione. Se l'operatore
    non si conforma agli obblighi previsti al
    paragrafo 1 o al paragrafo 2, lettere b), c) o
    d), se non può essere individuato o se non è
    tenuto a sostenere i costi a norma della presente
    direttiva, l'autorità competente ha facoltà di
    adottare essa stessa tali misure, qualora non le
    rimangano altri mezzi.

46
Costi della prevenzione e riparazione (art. 8)
  • Nella Direttiva
  • Tutto il costo grava sullautore del danno.
  • In caso di pluralità di autori si applicano le
    norme nazionali.
  • In caso di inquinamento a carattere diffuso o
    generale va esclusa la responsabilità se manca
    qualsiasi nesso causale con atti di singoli
    autori.
  • Il costo comprende
  • la lesione dellambiente
  • i servizi connessi
  • le spese di valutazione amministrative e legali,
    di raccolta dei dati, di controllo e vigilanza.
  • Titolare del diritto allattuazione delle misure
    è lautorità pubblica (compreso il diritto al
    recupero delle somme spese entro 5 anni).
  • I privati hanno il diritto alla salute ed al
    patrimonio non il diritto al ristoro del danno
    ambientale.

47
Autorità competente (art. 11)
  1. Gli Stati membri designano l'autorità competente
    o le autorità competenti ai fini dell'esecuzione
    dei compiti previsti dalla presente direttiva.
  2. Spetta all'autorità competente individuare
    l'operatore che ha causato il danno o la minaccia
    imminente di danno, valutare la gravità del danno
    e determinare le misure di riparazione da
    prendere a norma dell'allegato II. A tal fine,
    l'autorità competente è legittimata a chiedere
    all'operatore interessato di effettuare la
    propria valutazione e di fornire tutte le
    informazioni e i dati necessari.
  3. Gli Stati membri provvedono affinché l'autorità
    competente possa delegare o chiedere a terzi di
    attuare le misure di prevenzione o di riparazione
    necessarie.

48
Legittimazione (artt. 12/13)
  • Comè noto, il danno ambientale ha una triplice
    dimensione
  • personale
  • sociale
  • pubblica.
  • La Direttiva (art. 12) riconosce un ruolo alle
    persone fisiche o giuridiche ed alle ONG nel
    senso di poter attivare una procedura
    amministrativa davanti allAutorità, consistente
    in una richiesta di azione di ripristino,
    corredata di dati ed informazioni, nonché di
    intervenire nel procedimento attivato dalla
    stessa Autorità di sua iniziativa.
  • Lart. 13 consente alle persone fisiche e
    giuridiche di attivare una procedura di riesame
    davanti ad un organo giudiziario o
    amministrativo.
  • Sono fatte salve le disposizioni nazionali
    sullaccesso alla giustizia.

49
Assicurabilità del rischio ambientale (art. 14)
  1. Gli Stati membri adottano misure per incoraggiare
    lo sviluppo,da parte di operatori economici e
    finanziari appropriati, di strumenti e mercati di
    garanzia finanziaria, compresi meccanismi
    finanziari in caso di insolvenza, per consentire
    agli operatori di usare garanzie finanziarie per
    assolvere alle responsabilità ad essi incombenti
    ai sensi della presente direttiva.
  2. Anteriormente al 30 aprile 2010 la Commissione
    presenta una relazione in merito all'efficacia
    della direttiva in termini di effettiva
    riparazione dei danni ambientali e in merito alla
    disponibilità a costi ragionevoli e alle
    condizioni di assicurazione e di altri tipi di
    garanzia finanziaria per le attività contemplate
    dall'allegato III. La relazione esamina anche
    relativamente alla garanzia finanziaria i
    seguenti aspetti un approccio graduale, un
    massimale per la garanzia finanziaria e
    l'esclusione di attività a basso rischio. Alla
    luce di tale relazione e di una valutazione
    approfondita dell'impatto, che include un'analisi
    costi/benefici, la Commissione presenta, se del
    caso, proposte per un sistema di garanzia
    finanziaria obbligatoria armonizzata

50
  • La bellezza salverà il mondo.  
  • (Fëdor Dostoevskij)

51
  • Dicembre 2007, Corea del Sud, la marea nera nella
    baia di Mallipo

52
(No Transcript)
53
24 marzo 1989, la petroliera Exxon Valdez
rovescia 35 mila tonnellate di greggio di fronte
alla Baia del Principe William, in Alaska
54
15 settembre 2007, nube tossica aTaranto
55
(No Transcript)
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