Title: Dimensione economico-organizzativa e strategie di crescita nei gruppi manifatturieri italiani
1Dimensione economico-organizzativa e strategie di
crescita nei gruppi manifatturieri italiani
- Giulio Cainelli(1) e Donato Iacobucci(2)
- (1) Università di Bari e CERIS-CNR, Milano
- (2) Università Politecnica delle Marche
XXX Convegno di Economia e politica
industriale Per tornare allo sviluppo. Vecchi e
nuovi protagonisti dellindustria
italiana Moncalieri 22-23 settembre 2006
2Struttura della presentazione
- obiettivi e motivazioni del lavoro/linea di
ricerca - il business group come forma organizzativa
dellimpresa - dati e metodologia
- diversificazione, integrazione verticale ed
agglomerazione - i risultati dellanalisi
- considerazioni finali
3Obiettivi e motivazioni del lavoro/linea di
ricerca (1)
- lo scopo di questa linea di ricerca è quello di
analizzare, prevalentemente dal punto di vista
empirico, come la tecnologia ed i processi
collegati alla agglomerazione spaziale delle
attività produttive (spillover di conoscenza,
ecc.) possano influenzare le strategie di
crescita delle imprese manifatturiere in termini
di diversificazione e di integrazione verticale
4Obiettivi e motivazioni del lavoro/linea di
ricerca (2)
- questa analisi è condotta utilizzando come unità
di analisi i business groups, definiti come
insiemi di società, indipendenti dal punto di
vista giuridico, connesse tra loro da legami di
proprietà che ne permettono una direzione
unitaria (Brioschi et al., 1990) in altre
parole, un insieme di imprese giuridicamente
autonome sotto la medesima proprietà e controllo
- lenfasi dellanalisi è sui gruppi manifatturieri
italiani. Ciascun gruppo manifatturiero è
definito tale in base alla collocazione
dellimpresa più grande del gruppo (in termini di
addetti) in un dato settore o in una data area
territoriale - lanalisi è condotta utilizzando un ampio
data-set a livello di gruppi di impresa elaborato
dallISTAT i dati fanno riferimento al 2001
5Obiettivi e motivazioni del lavoro/linea di
ricerca (3)
- mentre il tema dellinfluenza della tecnologia
sulla struttura organizzativa e sulle scelte
strategiche delle imprese è stato ampiamente
studiato nella letteratura economica e
manageriale, lanalisi delle relazioni (teoriche
ed empiriche) tra agglomerazione spaziale e
scelte strategiche dellimpresa ha ricevuto
minore attenzione (Duranton and Puga, 2003) - questo lavoro/linea di ricerca è un primo
tentativo di fornire un contributo empirico su
questo tema
6Il business group come forma organizzativa
dellimpresa (1)
- i business groups non sono una anomalia o una
forma organizzativa specifica ad alcune
industrie o ad alcune economie - il business group è infatti la forma normale di
controllo delle attività economico-produttive sia
nei paesi industrializzati sia in quelli in via
di sviluppo - non è quindi un caso che in Italia quasi tutte le
grandi imprese appartengono a gruppi, ed anche
una quota significativa delle piccole e medie
imprese appartiene a questa architettura
organizzativa - i gruppi risultano essere molti diffusi anche nei
distretti industriali e nei sistemi locali di
piccola e media impresa
7Il business group come forma organizzativa
dellimpresa (2)
8Il business group come forma organizzativa
dellimpresa (3)
9Il business group come forma organizzativa
dellimpresa (4)
10Il business group come forma organizzativa
dellimpresa (5)
- questa crescente presenza dei business groups,
documentata per molti altri paesi, ha posto la
questione se sia il gruppo o la singola impresa
giuridica lunità da utilizzare nellanalisi
economica - a tale quesito non si può rispondere in modo
generale dipende, infatti, dagli obiettivi
dellanalisi - se lenfasi è sullimpresa come unità decisionale
per lallocazione delle risorse è il gruppo
piuttosto che la singola impresa giuridica
lunità di analisi - in questo senso, il gruppo appare come lunità
fondamentale per studiare limpatto di variabili
strutturali come la tecnologia e
lagglomerazione sulle scelte strategiche
dellimpresa quali - - le scelte localizzative
- - la diversificazione delle attività produttive
- - lintegrazione verticale
11Il business group come forma organizzativa
dellimpresa (6)
- questa ipotesi alla base del nostra linea di
ricerca non sempre è stata condivisa in
letteratura dove il business group è visto - (i) come un mero financial devise privo di
sinergie economiche (Penrose, 1959 ma anche la
più recente letteratura finanziaria Almeida e
Wolfenzon, 2004 e altri) - (ii) come una forma organizzativa ibrida tra la
gerarchia (limpresa integrata) ed il mercato
(Williamson, 1985 e la letteratura TCE Goto,
1982 Kester, 1993 e altri)
12Il business group come forma organizzativa
dellimpresa (7)
- questi approcci hanno in comune lidea che
limpresa possa essere identificata sulla base
del coordinamento amministrativo che si
sviluppa allinterno dei confini giuridici
dellimpresa e non quindi nellambito di un
gruppo - nel nostro lavoro assumiamo, invece, che il
business group possa essere considerato
unimpresa in base a due diverse ipotesi - i confini dellimpresa sono delimitati dalla
proprietà e quindi dal controllo delle sue
attività - il controllo esercitato dal vertice del gruppo
sulle unità legali (società) che lo compongono
può dare luogo, oltre che ad una forma di
coordinamento strategico, anche ad una forma di
coordinamento amministrativo, superando quindi la
visione Penrose-Wialliamson
13Il business group come forma organizzativa
dellimpresa (8)
- tale attività di coordinamento si concretizza,
tipicamente, nei business groups nelladozione da
parte del vertice di scelte strategiche comuni,
nelle attività collegate ai mercati interni del
capitale, ecc. Inoltre, lo sviluppo di sistemi
informativi integrati e la redazione di bilanci
consolidati consente di formalizzare le
relazioni economico-finanziarie che intercorrono
tra le diverse imprese del gruppo - tutto ciò può essere interpretato come la
capacità del vertice di un gruppo di realizzare
sulle imprese controllate sia un coordinamento di
tipo strategico che uno di tipo amministrativo -
-
14Il business group come forma organizzativa
dellimpresa (9)
- per queste ragioni il business group può essere
assimilato ad una struttura organizzativa di tipo
multidivisionale (M-form) dove la direzione
generale (il vertice nel caso di un gruppo) ha la
responsabilità - (i) sulle decisioni relative alle risorse da
allocare tra le diverse divisioni esistenti (le
imprese controllate nel caso di un gruppo) - (ii) sulle decisioni relative a quando queste
debbano essere aperte (costituite o acquisite nel
caso del gruppo) o chiuse (liquidate o vendute
nel caso del gruppo)
15Il business group come forma organizzativa
dellimpresa (10)
- Va tuttavia rilevato come la M-form ed il gruppo
differiscono in due aspetti non fondamentali - nella M-form la relazione gerarchica tra le
direzione generale e le singole divisioni
operative è di tipo non-contrattuale, mentre nei
gruppi le relazioni tra la capo-gruppo e le
controllate sono condizionate dal sistema
legale questo può avere un qualche effetto sulle
decisioni operativi day by day, ma non su quelle
strategiche - nel gruppo lautonomia giuridica delle singole
imprese conferisce loro anche lautonomia
contrattuale verso soggetti terzi
16Dati e metodologia (1)
- lanalisi empirica si basa su un nuovo ed
originale data-set a livello dei gruppi di
impresa elaborato dallISTAT i dati fanno
riferimento al 2001 - le elaborazioni si riferiscono a 8,661 gruppi
manifatturieri di cui 4,125 sono localizzati nei
199 distretti industriali italiani, identificati
in base alla procedura Sforzi-ISTAT (1997) - La dummy distretto (per tutti i 199 distretti) e
quelle relative alle singole specializzazioni
produttive distrettuali (per esempio,
tessile-abbigliamento, meccanica, ecc.) sono le
proxy utilizzate per catturare i fenomeni di
agglomerazione spaziale - la tecnologia viene caratterizzata invece
utilizzando le classificazioni Ateco e/o la
tassonomia alla Pavitt
17Dati e metodologia (2)
18Dati e metodologia (3)
- nellanalisi econometrica utilizziamo modelli
Multinomial Logit del tipo
19Diversificazione, integrazione verticale ed
agglomerazione (1)
- la letteratura suggerisce come le forze
agglomerative (spillover di conoscenza,
face-to-face contacts, ecc.) dovrebbero favorire
la crescita delle imprese nellambito dello
stesso processo produttivo o nellambito di
tecnologie correlate - non a caso alcuni recenti modelli di economic
geography mostrano come la specializzazione
dellattività produttiva a livello locale
ossia, lagglomerazione produttiva può avere un
impatto negativo sui processi di diversificazione
delle imprese (Duranton and Puga, 2001) - Ipotesi da testare (H.1) le imprese localizzate
in distretti industriali/cluster dovrebbero
mostrare una minor propensione alla
diversificazione produttiva
20Diversificazione, integrazione verticale ed
agglomerazione (2)
- TCE (Williamson 1985) suggerisce un ruolo per
lagglomerazione spaziale come determinante
dellintegrazione verticale - la prossimità spaziale e i face to face contacts,
insieme con la omogeneità culturale e sociale,
dovrebbero attenuare i comportamenti
opportunistici degli agenti operanti nel cluster
riducendo così i costi di transazione allinterno
dei distretti industriali (capitale sociale,
trust, ecc.) (Dei Ottati, 1994) - Ipotesi da testare (H.1) le imprese localizzate
in un distretto industriale/cluster dovrebbero
mostrare un minor grado di integrazione verticale
in quanto queste unità produttive possono
utilizzare le transazioni di mercato negli scambi
con le altre imprese del cluster
21Differenziazione, integrazione verticale ed
agglomerazione (3)
- Per misurare la diversificazione è stata
utilizzata la seguente variabile categoriale che
assume i seguenti valori - - 0 (no diversification) quando tutte le imprese
del gruppo appartengono allo stesso digit a 5
cifre - - 1 (related diversification) quando tutte le
imprese del gruppo hanno differenti codici a 5
cifre, ma sono tutti compresi nello stesso codice
a 2 cifre - - 2 (unrelated diversification) quando tutte le
imprese del gruppo hanno differenti codici a 2
digit
22Differenziazione, integrazione verticale ed
agglomerazione (4)
- Categorical variable Total
- 0 Non diversified
1,717 - 1 Related diversification 1,088
- 2 Unrelated diversification 5,856
- Total
8,661
23Differenziazione, integrazione verticale ed
agglomerazione (5)
- Per identificare lintegrazione verticale si è
proceduto nel modo seguente (Acemoglu et al.,
2004) - Si sono utilizzate le matrici imput-ouput del
2000 per determinare quando una coppia di
attività appartiene alla stessa catena
produttiva. In particolare, è stato calcolato
lindice bij come la quota dei consumi intermedi
dellindustria i acquistati dallindustria j e
vij come la quota di output dellindustria i
venduta allindustria j. - Più grande è il valore di bij, maggiore è la
quota di input controllati dal produttore
nellindustria i nel caso di integrazione con
lindustria j in altre parole,. - bij è un indice della rilevanza quantitativa
dellintegrazione a monte (backward integration)
- vij è un indice della rilevanza quantitativa
dellintegrazione a valle (forward integration)
24Differenziazione, integrazione verticale ed
agglomerazione (6)
- utilizzando questa procedura, è stata costruita
una variabile categoriale per ogni gruppo
dimpresa in relazione alla presenza al suo
interno di una coppia di industrie con valori di
bij e vij che eccedono un certo valore di soglia
(threshold level) - questa variabile assume i seguenti valori
- - 0 il gruppo non è verticalmente
integrato - 1 il gruppo è integrato a valle (forward
integration) - 2 il gruppo è integrato a monte (backward
integration)
25Differenziazione, integrazione verticale ed
agglomerazione (7)
- Categorical variable Total
- 0 Non Integrated
7,204 - 1 Forward Integrated 589
- 2 Backward Integrated 809
- Forward and backward int.
59 -
- Total
8,661
26I risultati dellanalisi (1)
- in generale, dallanalisi econometrica emerge il
ruolo congiunto della agglomerazione spaziale e
della tecnologia nelle decisioni delle imprese in
tema di diversificazione e di integrazione
verticale - in particolare, emerge che lappartenenza di
unimpresa ad un distretto industriale ha i
seguenti effetti - ha un impatto negativo sulla diversificazione ed
un impatto positivo sulla integrazione
verticale in altre parole, (i) le imprese
distrettuali tendono a crescere attorno al core
business originario, con una scarsa propensione
ad adottare strategie di diversificazione in
altri settori (ii) le imprese distrettuali, al
contrario di quanto atteso, evidenziano una più
marcata propensione allintegrazione verticale
(backward integration)
27I risultati dellanalisi (2)
- questultimo risultato non è omogeneo per i
diversi distretti industriali italiani
linfluenza positiva delle forze agglomerative
nel determinare lintegrazione verticale appare
particolarmente significativa nel caso dei
distretti meccanici, ed in quelli relativi agli
altri settori, ma non nel caso dei distretti
specializzati nei settori tradizionali
(tessile, calzature, ecc.) - in altre parole, lipotesi che nei distretti
industriali siano in atto processi più accentuati
di disintegrazione dei processi produttivi non
trova conferma dai nostri risultati anzi nel
caso dei distretti meccanici e degli altri
settori si evidenzia una più marcata
integrazione verticale
28Considerazioni finali (1)
- Dalla nostra analisi sembrano emergere i seguenti
risultati generali - Rispetto alle strategie di diversificazione, i
gruppi operanti nei distretti industriali
mostrano una maggiore specializzazione produttiva
attorno al core business originario - Rispetto alle strategie di integrazione verticale
si registra una situazione differenziata a
seconda dei distretti presi in esame nei
distretti tradizionali le imprese non sembrano
evidenziare una minor propensione
allintegrazione verticale (il coefficiente
stimato è addirittura positivo, anche se non
statisticamente significativo) così come
previsto dalla teoria classica - mentre in
quelli meccanici e negli altri settori si rileva
un maggior integrazione verticale)
29Considerazioni finali (2)
- questo può avere tre implicazioni di un qualche
interesse - le predizioni del modello distrettuale classico
(Becattini, 1989 Brusco, 1982 e 1996 Dei
Ottati, 1994) ossia, trust, assenza di
opportunismo, bassi costi di transazione non
sono almeno rispetto a questo tema confermate
dallevidenza sembra anzi emergere una tendenza
di natura opposta - si noti che in una fase delleconomia italiana
come quella attuale nella quale sarebbe
necessario uno spostamento verso nuove
specializzazioni produttive questo elemento
potrebbe costituire un ulteriore elemento di
rigidità
30Considerazioni finali (3)
- sembrano invece confermate interpretazioni più
attente ad evidenziare il forte grado di
eterogeneità in termini dimensionali,
organizzativi e di relazioni tra imprese
presente nei distretti industriali italiani
(Paniccia, 1998, 2002) - i risultati relativi ai distretti meccanici
segnalano infine, da un lato, la forte
interazione esistente tra agglomerazione spaziale
e tecnologia e, dallaltro, leccessiva enfasi
data dalla letteratura distrettualistica alle
relazioni verticali di natura cooperativa tra
imprese. La nostra analisi sembra, infatti,
suggerire la rilevanza della tecnologia (asset
specificity) in questo tipo di relazioni.
31Grazie a tutti per lattenzione!