ANALISI%20ECONOMICA%20DELLA%20POVERTA - PowerPoint PPT Presentation

About This Presentation
Title:

ANALISI%20ECONOMICA%20DELLA%20POVERTA

Description:

Title: PowerPoint Presentation Last modified by: Serena Created Date: 1/1/1601 12:00:00 AM Document presentation format: Presentazione su schermo Other titles – PowerPoint PPT presentation

Number of Views:111
Avg rating:3.0/5.0
Slides: 66
Provided by: lumb7
Category:

less

Transcript and Presenter's Notes

Title: ANALISI%20ECONOMICA%20DELLA%20POVERTA


1
ANALISI ECONOMICA DELLA POVERTA
  • A cura di
  • Dott.ssa Maria Rita Pierleoni
  • Università degli Studi di Roma Tor Vergata
    Facoltà di Economica

2
Gli argomenti della lezione
  • Analisi economica della povertà
  • Definizione
  • Approccio tradizionale per la misurazione della
    povertà
  • Gli indicatori di povertà
  • Le teorie economiche sulla povertà
  • Le politiche di lotta alla povertà
  • I risultati raggiunti e lesperienza acquisita
  • La cooperazione internazionale
  • 4. La povertà nel mondo la situazione attuale

3
Lesistenza di aree di povertà non appartiene in
modo esclusivo alle sole società più arretrate.
Nei paesi sviluppati permangono situazioni di
disagio e di deprivazione. E presente un
interesse diffuso nei confronti del problema
della povertà, tuttavia non esiste una
convergenza di opinioni sul significato da
attribuire al termine povertà, né sui metodi di
analisi e di misurazione più idonei a fornire
indicazioni in merito allintensità con cui si
manifesta la povertà, né sullindividuazione
delle cause che possono essere allorigine del
fenomeno. Un importante aspetto che emerge a
prima vista in questo campo di studi è la grande
distanza che separa le elaborazioni concettuali
dallapplicazione empirica. Al grado di
sofisticazione nelle tecniche di analisi e di
misurazione sviluppate in campo teorico
corrispondono drastiche semplificazioni in sede
applicativa.
  • Premessa

4
Le definizioni di povertà
  • Le formulazioni del concetto di povertà possono
    ricondursi alle due grandi categorie di
    assolute e relative.
  • Le prime si rifanno ad un concetto minimo vitale
    e presuppongono la fissazione di una soglia di
    risorse necessaria a garantire il soddisfacimento
    dei bisogni primari. Tale definizione si rifà
    alle sole necessità fisiche e biologiche
  • Le seconde si rifanno ad un concetto di
    privazione relativa intesa come difficoltà o
    impossibilità di accesso alla vita economica,
    sociale e politica da parte dellindividuo che si
    deve confrontare con il gruppo sociale in cui
    egli si identifica o allinterno della società.

5
Le definizioni di povertà
  • Gli schemi di analisi ed i concetti di povertà
    che via via si sono affermati sono di tipo
    relativo. La povertà relativa richiede sempre
    lindividuazione di una soglia che separi la
    popolazione in poveri e non poveri. La relatività
    è rappresentata dalla variabilità della soglia al
    variare della situazione generale. Tuttavia tale
    definizione non coglie un aspetto importante
    della condizione di povertà lesistenza di un
    processo graduale tra due posizione estreme
    (povero e non povero) proprio in relazione alla
    diversa intensità con cui si possono venire a
    manifestare i diversi sintomi di disagio e
    marginalità.

6
Le definizioni di povertà
  • La povertà non deve essere confusa con la
    disuguaglianza sociale. Questultima percorre
    trasversalmente tutta la collettività
    costituita da poveri e da non poveri
    individuando posizioni superiori ed inferiori
    alla media.

7
Le definizioni di povertà
  • Il concetto di privazione relativa si è prestato
    ad interpretazioni diverse provenienti da settori
    differenti. Esperti in sociologia (Runciman,
    1972 Townsend, 1971, 1974, 1985 Gallino, 1978)
    hanno proposto nuove definizioni del concetto di
    povertà di relativa. Limplicazione a ciò
    connessa è la possibilità di considerare uno
    spazio concettuale dove possono coesistere una
    pluralità di definizioni di povertà ed una
    pluralità di criteri di misurazione del fenomeno
    a seconda del riferimento politico-culturale
    accolto, delle condizioni storiche e sociali
    esistenti ed infine degli obiettivi di analisi
    che ci si propone.

8
Le definizioni di povertà
  • La considerazione di questo spazio concettuale
    consente lelaborazione di una definizione più
    complessa e multidimensionale della povertà, che
    meglio riflette lattuale configurazione della
    stessa. Questo processo di evoluzione teorica si
    scontra, tuttavia, con i limiti imposti dagli
    strumenti metodologici di cui generalmente si fa
    uso che tendono ad offrire una misurazione
    sintetica e generale del fenomeno. Lobiettivo di
    sinteticità porta alla costruzione di indici che
    riassumono le tendenze di alcuni aspetti della
    povertà suscettibili di interpretazione
    economica.

9
Approccio tradizionale per la misurazione della
povertà
  • Lapproccio tradizionale richiede di stabilire,
    dopo aver scelto la definizione di privazione,
    per una o più variabili ritenute cruciali, una
    soglia in base alla quale classificare come
    povere le unità economiche di riferimento
    (lindividuo o la famiglia) che si collocano al
    di sotto di tale livello critico. A riguardo
    possiamo dire che non esiste una metodologia
    consolidata e univocamente accettata. In termini
    molto generali, lidentificazione dei soggetti
    poveri può avvenire in due diversi modi
    considerando direttamente i bisogni oppure
    trasformando gli stessi in termini monetari.

10
Approccio tradizionale per la misurazione della
povertà
  • Nel primo caso si tratterà di specificare una
    lista di basic needs (ad esempio,
    lalimentazione, la protezione fisica,
    labitazione) e quindi individuare i soggetti il
    cui paniere di consumo lascia insoddisfatto
    alcuni di questi bisogni essenziali.
  • Lalternativa è quella di stabilire il reddito
    minimo necessario al raggiungimento dei bisogni
    essenziali, identificando come poveri i soggetti
    il cui reddito risulta inferiore alla soglia
    minima che viene definita linea di povertà.

11
Approccio tradizionale per la misurazione della
povertà
  • Il primo metodo, quello diretto, è teoricamente
    preferibile al secondo in quanto richiede
    semplicemente di individuare quei soggetti il cui
    paniere di consumo lascia insoddisfatto qualche
    bisogno ritenuto fondamentale. Quello indiretto
    che riconduce lanalisi ad un singolo indicatore
    monetario, presuppone, invece, la definizione di
    una relazione comportamentale nelle scelte di
    consumo che consenta di convertire i bisogni
    fondamentali in beni atti a soddisfarli. Tale
    metodo è quindi più restrittivo ma si giustifica
    dal fatto che essi hanno il pregio di offrire una
    misurazione della distanza di ciascuna singola
    posizione individuale dalla linea di povertà.

12
Approccio tradizionale per la misurazione della
povertà
  • Lelemento chiave che contraddistingue luno e
    laltro metodo si rifà a due diverse concezioni
    di povertà (assoluta e relativa) per il primo
    linadeguatezza dei consumi rispetto ai bisogni
    minimi convenzionalmente definiti per il secondo
    la capacità dellindividuo a far fronte con le
    risorse di cui dispone ai bisogni ritenuti
    essenziali.

13
Approccio tradizionale per la misurazione della
povertà
  • Dopo lidentificazione dei soggetti poveri il
    passo successivo riguarda la definizione di una
    linea di povertà. Le linee di povertà ottenute
    ricorrendo al concetto di basic needs vengono
    definite assolute il riferimento principale è
    nei confronti di un insieme di bisogni
    fondamentali che hanno rilevanza di per sé. Le
    linee di povertà definite come relative sono
    caratterizzate dal fatto di essere sempre e
    comunque collegate ad un qualche indicatore del
    tenore di vita prevalente allinterno di una
    società.

14
Approccio tradizionale per la misurazione della
povertà
  • Uno dei possibili calcoli analitici della linea
    di povertà oggi adottato è il seguente
  • ? (P?X? P??X??)
  • Dove
  • X? ? beni alimentari commercializzati
  • P? ? prezzo del bene X?
  • X?? ? beni non alimentari
  • P?? ? prezzo del bene X??
  • ? ? 1 previsione di spese superflue o sprechi.
  • Questo metodo si basa sullindividuazione di un
    paniere di prodotti di base, composto
    principalmente da generi alimentari. Il reddito
    necessario per acquistare tale paniere viene
    calcolato ai prezzi correnti.

15
Approccio tradizionale per la misurazione della
povertà
  • I problemi di identificazione e di definizione
    della povertà fanno riferimento in modo quasi
    esclusivo a variabili di tipo economico. Tra
    queste variabili rientrano il reddito e la spesa
    e rappresentano degli indicatori di povertà che
    considerano gli aspetti di natura micro riferiti
    al singolo individuo. Tuttavia, nel corso degli
    anni, si è avvertita la necessità di passare dal
    semplice reddito monetario o dalla spesa corrente
    ad un indicatore composito dello status economico
    in grado di riflettere il potere di comando
    generalizzato sulle risorse da parte
    dellindividuo.

16
Approccio tradizionale per la misurazione della
povertà
  • Ladozione di unottica di tipo macroeconomico,
    basata sul ricorso prevalente ad indicatori
    globali di sviluppo, è quella invece normalmente
    accolta da parte di organismi sovranazionali che
    studiano il problema della povertà, con
    particolare attenzione nei confronti delle
    economie sotto-sviluppate o in via di sviluppo.
    Anche in questo caso, alle variabili di natura
    economica sono stati con il tempo affiancati
    altri indicatori al fine di delineare un quadro
    complessivo più appropriato a descrivere il
    benessere o il disagio, non solo economico, in
    cui vivono le popolazioni. Grandezze come il
    prodotto nazionale lordo o il reddito pro-capite,
    non rilevano né la composizione né la reale
    disponibilità di risorse per i singoli individui.

17
Gli indicatori di povertà
  • La Banca Mondiale, lUNDP e lIfad hanno
    elaborato alcuni indicatori economici che
    risultano complementari a quelli statistici di
    sviluppo economico solitamente utilizzati a
    livello internazionale. Tra questi indicatori,
    cinque risultano particolarmente interessanti
  • Indice di Sicurezza Alimentare (ISA) che consente
    di classificare i paesi a bassa sicurezza
    alimentare ISA ? 0,80 media sicurezza 0,80 ? ISA
    ? 1 ed alta sicurezza ISA ? 1.
  • Lindice cerca di fornire un profilo di prima
    approssimazione della situazione di un paese in
    termini di sicurezza alimentare.

18
Gli indicatori di povertà
  • Indice Integrato di Povertà (IIP) che combina il
    concetto assoluto e quello relativo di povertà,
    avendo valori possibili compresi tra 0 e 1, dal
    che risulta possibile parlare di alta povertà
    quando IIP ? 0,40, di povertà contenuta 0,40 ?
    IIP ? 0,20 o relativamente bassa IIP ? 0,20
  • Limportanza dellIIP sta nel tentativo di
    esprimere il legame tra la riduzione della
    povertà ed il progresso economico complessivo,
    non volendo sottovalutare con ciò il problema
    connesso alla definizione di linea di povertà e
    di termini come reddito.

19
Gli indicatori di povertà
  1. Indice dei Bisogni Fondamentali (IBF) essendo un
    indice normalizzato può avere valori compresi tra
    0 e 1 più il valore è prossimo ad 1, più alto è
    lo stato di soddisfacimento raggiunto dai bisogni
    fondamentali.
  2. Indice del Benessere Relativo (IBR), una misura
    sintetica di sicurezza alimentare, povertà e
    bisogni fondamentali dei PVS. Si tratta di una
    media aritmetica tra ISA, IIP e lIBF. Il valore
    dellIBR di un PVS sarà compreso tra 0 e 1 più
    vicino ad 1 quanto più alto è il livello di
    benessere raggiunto da un paese. Un indice utile
    sia per confronti in termini assoluti che
    relativi tra i PVS.

20
Gli indicatori di povertà
  • 5. Indice Condizione Femminile (ICF), creato
    dallIfad per ottenere un profilo quantitativo
    della condizione delle donne, utile
    nellapprontare specifiche politiche di
    intervento. LICF è compreso tra 0 e 1 più
    vicino ad 1 migliore è la condizione femminile.

21
Gli indicatori di povertà
  • Sen propone il primo e più noto indicatore
    sintetico o globale della povertà, il poverty
    gap ratio
  • S ? h ?1 - ?1 - i? ?1 - Gp (q ? 1q)??
  • che diventa h ?i (1 - i) Gp? per q ? ?
  • dove
  • q è il numero degli individui poveri
  • Gp è il rapporto di concentrazione (di Gini) del
    reddito dei poveri se è nullo (i redditi di
    tutti i poveri sono uguali) lindice sarà pari al
    prodotto hi.

22
Approccio tradizionale per la misurazione della
povertà
  • Un ulteriore problema che si presenta
    nellanalisi di povertà riguarda la scelta
    dellunità di riferimento. Esiste la possibilità
    di considerare come unità non solo lindividuo ma
    anche la famiglia e calcolare per questa i
    possibili indicatori. Ciò si giustifica dal fatto
    che esiste la necessità di considerare anche i
    meccanismi e le relazioni che si sviluppano
    allinterno della famiglia, data linfluenza che
    questa ultima esercita sui singoli.
  • Date le interrelazioni che sussistono tra le due
    unità, la scelta dipenderà dalle concrete
    possibilità di misurare e valutare il benessere e
    il tenore di vita per ciascuna di esse e dalla
    possibilità di considerare gli effetti che
    lunità familiare può esercitare su quella
    individuale e viceversa, attraverso lutilizzo di
    strumenti statistici adeguati.

23
Le Teorie economiche sulla povertà
  • Per analizzare la povertà da un punto di vista
    teorico è possibile fare riferimento a diverse
    scuole di pensiero, la più importante in termini
    di tradizione è quella utilitarista.
    Lutilitarismo tende a trascurare il problema
    dellineguaglianza della distribuzione del
    reddito per Pareto non si possono effettuare
    confronti tra chi vince e che perde, e sono
    possibili solo valutazioni ordinali di utilità. I
    giudizi in materia di benessere sono perciò
    limitati solo allambito ristretto del
    miglioramento paretiano, cioè i casi in cui cè
    chi migliora e nessuno peggiora.

24
Le Teorie economiche sulla povertà
  • Nel quadro dellutilitarismo intendendo poi
    massimizzare la somma totale delle utilità, i
    meno efficienti risultano penalizzati da una
    politica di distribuzione del reddito finalizzata
    a premiare la maggiore utilità marginale, cioè la
    maggiore efficienza il risultato è evidentemente
    anti-egualitario alleccesso.
  • Lutilità si dimostra informazione inadeguata in
    termini di giudizio morale in campo distributivo
    e, soprattutto, lapproccio utilitarista si
    scontra con limpossibilità di confrontare le
    utilità di individui diversi.

25
Le Teorie economiche sulla povertà
  • Lapproccio teorico di Rawls (1971) si basa sul
    principio del maxmin il benessere, o insieme
    di utilità individuali, di uno stato sociale è
    misurato dal livello di utilità degli individui
    più svantaggiati. Al pari dellapproccio
    utilitarista, anche lapplicazione del criterio
    di Rawls può non prestare attenzione alle
    diversità delle persone e limita lanalisi al
    reddito ed ai beni primari considerando questi
    gli unici elementi di valutazione delle
    condizioni di benessere degli individui.

26
Le Teorie economiche sulla povertà
  • Lapproccio di giustizia distributiva di Nozick
    ha evidentemente un concetto negativo di libertà
    e si limita ad assegnare maggior reddito
    allindividuo che ha un maggior numero di
    attribuzioni derivanti dai tre principi di
    giustizia su cui si fondano le attribuzioni
    individuali, e cioè i diritti di proprietà, di
    trasferimento e, in caso di violazione, di
    correzione. Questa concezione è indifferente
    rispetto ai problemi di diverse condizioni di
    partenza che determinano ineguali opportunità.

27
Le Teorie economiche sulla povertà
  • Sen introduce lapproccio del titolo valido o
    entitlement (attribuzione) secondo cui la
    capacità di disporre beni e servizi dipende sia
    dalle condizioni sociali, politiche, economiche e
    giuridiche della data società, sia dalla
    posizione dellindividuo nella stessa.
    Lapproccio degli entitlements si concentra
    sulla capacità dei soggetti di comandare cibo
    attraverso mezzi legali disponibili nella
    società cioè il paniere di beni e servizi su cui
    la persona può esercitare un controllo, mediante
    limpiego dei diritti e delle opportunità, è
    indicato dal titolo valido.

28
Le Teorie economiche sulla povertà
  • Sen superando sia lutilitarismo, incapace di
    tener conto di importanti valori morali, sia le
    teorie dei diritti, sia le teorie interessate
    unicamente ai beni e non ai rapporti tra beni e
    persone, centra la sua visione consequenzialista
    in termini di qualità della vita (well-being,
    piuttosto che well-fare). Secondo questo
    approccio i beni non sono fonte di utilità né
    oggetti di base da rendere disponibili ma mezzi a
    disposizione delle persone da far funzionare.

29
Le politiche di lotta alla povertà
  • Una politica può essere definita come un
    programma dazione coordinato, con effetti
    pubblici e visibili, promosso e attuato da uno o
    più soggetti, pubblici o privati, con finalità
    sociali anche indirette, dotato di una permanenza
    nel tempo. Di seguito si presenteranno alcune
    politiche contro la povertà adottate da governi
    nazionali, agenzie di cooperazione e organismi
    internazionali. In questa rassegna non sono
    incluse le politiche di natura macroeconomica
    finalizzate a promuovere lo sviluppo economico
    poichè il nesso tra questo ed il miglioramento
    delle condizioni dei poveri non è dimostrato in
    maniera univoca ed è, anzi, di recente, sempre
    più spesso messo in discussione.

30
Le politiche di lotta alla povertà
  • Considerazione dei bisogni primari della
    popolazione
  • Tale politica riguarda 1) la distribuzione di
    cibo a che vive in condizioni di povertà estrema
    2) assicurare condizioni minime per tutti 3) la
    costruzione di impianti di fognature 3) la
    fornitura di acqua potabile 4) la copertura dei
    costi dei servizi di base offerti a carico dei
    consumatori in grado di sostenere la spesa.
  • Si tratta di politiche affermate universalmente
    che tentano di rispondere alla necessità di
    creare un ambiente in cui i poveri, risolte
    alcune necessità minime legate alla
    sopravvivenza, siano messi in condizione di
    pensare più serenamente alla propria
    emancipazione economica e sociale.

31
Le politiche di lotta alla povertà
  • Per quanto concerne il problema della copertura
    dei costi nei PVS, esso è strettamente legato,
    alla sostenibilità di queste politiche ed è
    attualmente affrontato operando una distinzione
    tra poveri da una parte quelli estremi,
    rispetto ai quali le politiche di recupero dei
    costi sono palesemente unassurdità dallaltra i
    soggetti che, per quanto subiscano un processo
    di impoverimento, sono tuttavia in grado di
    contribuire alla spesa per i servizi di base.

32
Le politiche di lotta alla povertà
  • Costruzione del Capitale Umano dei Poveri
  • Tali politiche riguardano 1) la diffusione
    delleducazione primaria a tutta la popolazione
    povera 2) la riduzione del tasso di
    analfabetismo tra gli adulti 3) la formazione di
    skill 4) il riconoscimento delle potenzialità
    dei poveri 5) la diffusione di programmi di
    educazione pre-scolastica e di crescita per
    bambini che vivono in povertà. Tali politiche
    sono particolarmente importanti in relazione
    allobiettivo dellinterruzione del ciclo
    intergenerazionale della povertà, causato proprio
    dalla difficoltà per i più poveri di dedicare
    tempo allistruzione, propria e dei figli,
    sottraendolo alla ricerca di mezzi per la
    soddisfazione di necessità essenziali alla
    sopravvivenza (prima tra tutte lalimentazione).

33
Le politiche di lotta alla povertà
  • Particolarmente importanti sono le politiche
    finalizzate a fornire servizi pre-scolastici
    qualificati ai bambini provenienti da famiglie
    povere lo scopo è di intervenire tempestivamente
    per limitare i danni in relazione allo sviluppo
    intellettuale che si producono già in età molto
    precoce e che minano la possibilità dei bambini
    di liberarsi, in futuro, dalla condizione di
    povertà ereditata dai genitori.

34
Le politiche di lotta alla povertà
  • Politiche per la casa
  • Tali programmi riguardano 1) lerogazione di
    sussidi per laffitto 2) mezzi finanziari per
    consentire la costruzione di una casa propria 3)
    lattribuzione di case comunali 4) finanziamenti
    agevolati per lacquisto di abitazioni da parte
    di famiglie a basso reddito 5) miglioramento
    delle case in cattivo stato e il riconoscimento
    dei diritti degli abitanti degli insediamenti
    abusivi.

35
Le politiche di lotta alla povertà
  • Queste politiche sono un esempio dei differenti
    approcci che possono essere seguiti per risolvere
    il problema di fornire unabitazione a tutti si
    passa, infatti, da politiche improntate
    allassistenzialismo dirette ai poveri meno
    dotati di risorse in unottica di intervento
    pubblico a fondo perduto, ad altre che puntano
    maggiormente sulle capacità di alcuni gruppi di
    poveri.
  • E il caso di politiche che promuovono
    lautocostruzione delle abitazioni o il
    riconoscimento dei diritti degli abitanti negli
    insediamenti abusivi le politiche di
    finanziamento agevolato per lacquisto
    dellabitazione si rivolgono, infine, a gruppi in
    condizioni di vulnerabilità, piuttosto che
    poveri in senso stretto.

36
Le politiche di lotta alla povertà
  • Stabilire un sistema di previdenza sociale
    rivolto, soprattutto ai gruppi vulnerabili
  • Tali politiche riguardano 1) una rete di
    sicurezza sociale e la raccolta di fondi
    pubblici 2) aiuto alle famiglie con un solo
    genitore 3) accesso degli anziani ai servizi
    sociali ed al sistema previdenziale 4) sistema
    di protezione sociale. Tali politiche si
    concretizzano in misure volte ad evitare che
    soggetti particolarmente esposti a vari tipi di
    rischi cadano vittime di processi di
    impoverimento spesso irreversibili, con un danno
    complessivo per la società.

37
Le politiche di lotta alla povertà
  • Tra i soggetti vulnerabili prestare una maggiore
    attenzione alle donne
  • Questo comporta 1) orientamento alle politiche
    aventi lo scopo di eliminare la povertà in una
    prospettiva di non discriminazione tra i sessi
    2) promozione di politiche in favore delle donne,
    3) promozione dellempowerment femminile 4)
    promozione ed incentivazione dellistruzione
    delle giovani 5) laccesso al credito alle
    donne 6) favorire laccesso alla terra alle
    donne 7) la tutela dei diritti riproduttivi
    delle donne.

38
Le politiche di lotta alla povertà
  • Si tratta di politiche che riflettono
    orientamenti differenti ad esempio, convivono
    politiche finalizzate ad incentivare la
    diffusione dei diritti delle donne in tutti i
    programmi e gli interventi, anche non
    specificatamente dedicati al problema delle
    donne, e politiche che predicano la messa a punto
    di interventi specifici.

39
Le politiche di lotta alla povertà
  • Avviare politiche anti shock mediante 1)
    meccanismi diretti a ridurre limpatto ed a
    mitigare gli effetti dei disastri naturali sui
    poveri 2) analisi delle conseguenze di politiche
    macroeconomiche e di programmi di aggiustamento
    strutturale sui poveri e misure per mitigarne
    limpatto 3) prevenzione e soluzione di
    conflitti 4) controllo di malattie conosciute
    5) la sicurezza alimentare 6) rispetto dei
    diritti umani 7) misure per combattere le
    discriminazioni 8) identificazione e supporto di
    strategie per la sopravvivenza dei poveri.

40
Le politiche di lotta alla povertà
  • Queste politiche in alcuni casi hanno valore per
    lintera popolazione, anche se il loro obiettivo
    principale è di evitare che soggetti a rischio
    cadano nella trappola della povertà permanente. I
    tipi di schock presi in considerazione sono di
    diversa natura disastri naturali, politiche
    economiche, conflitti militari, persecuzioni,
    ecc.

41
Le politiche di lotta alla povertà
  • Empowerment e accesso alle risorse
  • Tali politiche riguardano 1) la promozione
    dellempowerment politico ed economico dei poveri
    e delle loro organizzazioni 2) la promozione
    delle attività di microcredito rivolte ai poveri
    3) laccesso dei poveri alla terra ed alle altre
    risorse produttive 4) il possesso della terra
    attraverso limplementazione di riforme.
  • Le politiche di questo gruppo fanno riferimento a
    due delle nozioni più diffuse di povertà, spesso
    collegate tra loro quelle che la definiscono
    come mancanza di capacità e come mancanza di
    accesso alle risorse produttive.

42
Le politiche di lotta alla povertà
  • Promuovere lavvio di attività generatrici di
    reddito e la creazione di posti di lavoro
  • Tali politiche implicano 1) il supporto allo
    sviluppo di piccole imprese 2) la promozione di
    lavori pubblici ad alta intensità di lavoro 3)
    la legalizzazione ed il supporto alle attività
    economiche sommerse 4) la promozione di
    industrie non agricole in aree rurali 5) la
    creazione e diffusione della tecnologia nelle
    zone rurali.

43
Le politiche di lotta alla povertà
  • Queste politiche si rivolgono a fasce di povertà
    diverse dalle condizioni di estrema povertà
    indirizzate, cioè, a soggetti ancora in possesso
    di energie fisiche ed intellettuali tali da
    rendere loro possibile lavorare attivamente e,
    soprattutto, gestire attività complesse come
    quelle imprenditoriali, sia in ambito rurale che
    urbano. La creazione di imprese è la strategia
    che viene, oggi, proposta con maggior insistenza
    come strumento per favorire lintegrazione
    sociale di soggetti potenzialmente o
    effettivamente esclusi.

44
Le politiche di lotta alla povertà
  • La Governance mediante 1) lattiva
    partecipazione dei poveri in programmi
    anti-povertà, 2) meccanismi di partnership con la
    società civile ed il settore privato 3) supporto
    delle attività delle ONG.
  • La partnership e la governance sono parole
    dordine ampiamente accettate e tradotte in
    metodologie anche complesse nella maggior parte
    degli interventi di sviluppo. Nel caso della
    lotta alla povertà, avendo a che fare con
    soggetti che, almeno in alcuni casi, hanno subito
    un forte processo di depotenziamento delle
    proprie capacità, è necessaria qualche
    distinzione. Occorre, infatti, separare coloro
    che sono a rischio di impoverimento ma possiedono
    ancora la capacità di reagire e partecipare
    attivamente da quelli che versano invece in
    condizioni di estrema povertà ed hanno
    probabilmente bisogno della mediazione di
    soggetti come le ONG.

45
Le politiche di lotta alla povertà
  • Salvaguardia dellambiente questo implica 1)
    combattere la degradazione ambientale 2)
    promuovere unamministrazione sostenibile di
    risorse fisiche e naturali. I problemi ambientali
    vengono da molti collegati direttamente al tema
    della lotta alla povertà dal momento che a) la
    cattiva gestione dellambiente è spesso
    annoverata tra le cause della stessa povertà,
    soprattutto in ambiente rurale, b) il degrado
    ambientale è uno dei fattori che aggrava la
    condizione dei poveri, rendendola spesso
    drammatica ed irreversibile (attraverso, ad
    esempio, la diffusione delle malattie causata da
    inquinamento idrico, ecc.).

46
Le politiche di lotta alla povertà
  • Ricerca, raccolta dei dati e loro diffusione
  • Tali politiche implicano 1) laumento di
    informazioni sulla povertà 2) lo sviluppo,
    laggiornamento e la diffusione di studi
    focalizzati sulle definizioni, sugli indicatori e
    sulle cause della povertà, della vulnerabilità e
    dellesclusione sociale 3) valutazione e
    controllo dei cambiamenti nei livelli di povertà
    mondiale. Queste politiche fanno esplicitamente
    riferimento alla necessità di arrivare ad una
    migliore comprensione di un fenomeno, come quello
    della povertà, rispetto al quale si è ancora
    lontani dal raggiungere un punto di vista
    condiviso.

47
Le politiche di lotta alla povertà
  • Il perseguimento di tali politiche si scontra
    tuttavia con uninefficienza tecnica legata ai
    meccanismi esistenti per combattere fenomeni di
    privazione che sfocia in situazioni paradossali,
    e crea notevoli difficoltà nel raggiungimento
    degli obiettivi stabiliti da queste politiche. Il
    principale problema resta però quello derivante
    dalla seguente questione non essendo, né
    recepita da tutti, né chiara la distinzione tra
    povertà ed esclusione sociale, si è portati ad
    adottare politiche per lottare contro la prima
    che hanno per target gli esclusi, e politiche per
    contrastare la seconda che hanno per target i
    poveri (considerando la povertà come una
    situazione di maggiore deprivazione rispetto
    allesclusione sociale).

48
Le politiche di lotta alla povertà
  • Tale problema ha come conseguenza un altro tipo
    di errore di carattere più generale leccessiva
    enfatizzazione dellapproccio bottom-up.
    Adottando questottica, nel migliore dei casi, si
    sono state realizzate best practices dello
    sviluppo, che hanno avuto una scarsa rilevanza,
    oltre ad essere state talvolta compromesse da
    politiche nazionali o internazionali di tipo
    macro. Invece, in altri casi, si è andati
    incontro a clamorosi fallimenti perché, a livello
    locale non esistevano, di fatto, le risorse umane
    o le tecniche necessarie.

49
Le politiche di lotta alla povertà
  • La soluzione per tale situazione non risiede in
    un ritorno allapproccio top-down nella
    implementazione delle politiche economiche e
    sociali è necessario ribadire limportanza dei
    soggetti residenti sul territorio, che ne
    conoscono i reali problemi e che possono
    individuare e perseguire soluzioni ma a
    condizione di erogare la dovuta assistenza
    tecnica e di collocarsi allinterno di un quadro
    sistemico di rilievo per lo meno nazionale, se
    non globale.

50
Le politiche di lotta alla povertà
  • Lesclusione sociale è un processo prodotto
    dallaccumulazione ed interazione tra loro di
    fattori di rischi sociali, i quali tendono a
    spingere i soggetti che vi sono esposti verso una
    condizione di povertà si tratta, dunque, di un
    processo di impoverimento. I fattori di rischio
    sociale che possono essere allorigine
    dellesclusione sociale sono molteplici ed, in
    parte, variano da un contesto socio-economico
    allaltro.

51
Le politiche di lotta alla povertà
  • Vengono colpiti dal processo di esclusione
    sociale soprattutto soggetti quali i lavoratori
    salariati a basso livello, i disoccupati, i
    gruppi situati al limite inferiore del ceto
    medio, nonchè altri settori non poveri della
    popolazione sui quali si accumulano più fattori
    di rischio sociale. Per chi prende le decisioni è
    necessario individuare i modi e gli strumenti per
    combattere i rischi sociali prima che sia troppo
    tardi, vale a dire prima che si attivi un
    processo di esclusione sociale in grado di
    produrre nuovi poveri.

52
Le politiche di lotta alla povertà
  • Le politiche di lotta allesclusione sociale
    devono essere orientate a rimuovere i fattori di
    rischio sociale in chiave di prevenzione a
    titolo meramente esemplificativo, tali politiche
    possono includere il potenziamento del sistema
    dei trasporti al fine di ridurre il fattore di
    rischio rappresentato dalla marginalità
    geografica, oppure provvedimenti normativi volti
    a rimuovere le forme di discriminazione di genere
    o ancora allempowerment di gruppi di produttori
    e la diffusione di piccole attività generatrici
    di reddito. A differenza dei poveri gli esclusi
    possono essere i primi protagonisti delle
    politiche che li concernono, i poveri non ce la
    possono fare da soli e necessitano di un forte
    appoggio dallesterno.

53
I risultati raggiunti e lesperienza acquisita
  • Lesperienza maturata nel corso degli anni 90 ha
    permesso di fissare alcuni punti fermi per le
    politiche di lotta alla povertà
  • appare ormai acquisito che la povertà non è un
    fenomeno omogeneo ma che esistono molteplici
    situazioni di povertà, anche molto diverse tra
    loro
  • si è compreso che nei processi di impoverimento è
    coinvolta, o rischia di esserlo, una pluralità di
    soggetti dai poverissimi delle aree informali
    delle grandi città ai lavoratori salariati

54
I risultati raggiunti e lesperienza acquisita
  1. lapproccio multidimensionale alla povertà
  2. non tutta la sofferenza sociale corrisponde alla
    povertà è in questa prospettiva che la maggior
    parte dei policy makers e degli studiosi
    internazionali distingue, per lo meno, tra
    povertà ed esclusione sociale

55
I risultati raggiunti e lesperienza acquisita
  1. si è compreso che la povertà si combatte
    attraverso politiche integrate politiche sociali
    settoriali (salute, istruzione, previdenza,
    ecc.) politiche di sostegno alla capacità
    produttiva, inclusa la formazione professionale
    politiche di appoggio allorganizzazione sociale
    politiche di sostegno ai consumi politiche di
    sostegno al reddito e di incentivazione del
    lavoro e miglioramento della sua qualità, ecc.
  2. si è preso definitivamente atto dei notevoli
    limiti di risorse pubbliche disponibili per la
    lotta contro la povertà.

56
La cooperazione internazionale
  • La storia della cooperazione internazionale è
    stata guidata dal paradigma dello sviluppo, fino
    al termine degli anni 80. Nel decennio
    successivo si è invece affermato quello della
    povertà. Quattro eventi di portata ben differente
    tra loro hanno contribuito a mutare il modo di
    operare della cooperazione internazionale

57
La cooperazione internazionale
  • Il crollo del Muro di Berlino del 1989
  • La pubblicazione da parte della Banca Mondiale
    del Rapporto sullo sviluppo mondiale del 1990
    dedicato alla povertà
  • Il lancio dellUNDP del primo rapporto sulla
    povertà nei Programmi di Sviluppo Umano
  • La celebrazione di un insieme di conferenze
    internazionali, detto ciclo dei Summit dove il
    tema della povertà nel mondo è stato al centro
    dei dibattiti e delle deliberazioni finali.

58
La cooperazione internazionale
  • Si assiste quindi ad un cambiamento di paradigma
    della cooperazione internazionale da sviluppo
    a lotta alla povertà. Durante questi anni è
    mutata anche lottica di analisi del fenomeno
    povertà nel senso che attualmente si è acquisita
    la consapevolezza di considerare la privazione
    da un punto di vista globale. Ciò rappresenta un
    cambiamento nel modo di fronteggiare la
    risoluzione del problema che interessa
    soprattutto le strategie adottate dai governi
    nazionali, e trova una giustificazione alla luce
    del processo di globalizzazione. In questo
    scenario le organizzazioni internazionali hanno
    un ruolo cruciale.

59
La cooperazione internazionale
  • Le Nazioni Unite e la Banca Mondiale rientrano
    tra le organizzazioni internazionali che
    maggiormente nei Summit e soprattutto nei loro
    Report, considerano la riduzione della povertà,
    globale e nazionale, come un obiettivo principale
    che assume rilevanza a sé, necessitando di
    opportune politiche a prescindere da quelle
    macroeconomiche di carattere generale.
  • La Banca Mondiale ha deciso di dedicare ogni
    dieci anni il suo Rapporto annuale sullo sviluppo
    mondiale al tema della povertà. Lorganizzazione
    ha lanciato con il World Development Report del
    1990 una strategia di lotta alla povertà basata
    su tre principi 1) la crescita economica
    diffusa 2) lo sviluppo del capitale umano 3) la
    creazione di reti di sicurezza sociale per i
    gruppi più vulnerabili.

60
La cooperazione internazionale
  • La Banca Mondiale ammette nei suoi lavori
    lesistenza di serie limitazioni, che possono
    influire negativamente sulla prospettiva di
    riduzione della povertà elaborata. Tali
    limitazioni riguardano soprattutto le tecniche di
    misurazione della povertà ed il fatto che il
    database a disposizione ha delle notevoli
    debolezze, per cui sarebbero necessari maggiori
    sforzi per misurare e studiare più accuratamente
    le tante altre dimensioni della povertà.
    Tuttavia, la regola che oggi si segue per stimare
    la povertà a livello mondiale, consiste
    nellutilizzo di ununica linea della povertà ed
    implica lespressione della stessa in una unità
    di conto comune a tutti i paesi.

61
La cooperazione internazionale
  • Nel WDR del 2001 la Banca ha cercato di
    sviluppare nuovi indicatori per studiare fattori
    come il rischio, la vulnerabilità, lesclusione
    sociale, laccesso al capitale sociale, e di
    trovare metodi per paragonare le tante dimensioni
    della povertà senza necessariamente aggregarle in
    un unico indice.
  • LUNDP propone una strategia di riduzione della
    povertà articolata in sei punti 1) empowerment
    dei cittadini 2) uguaglianza tra i sessi 3)
    crescita economica sostenuta e favorevole per i
    poveri 4) governo delleconomia globalizzata 5)
    rafforzamento dello Stato 6) azioni politiche
    decise a livello internazionale sul tema del
    debito estero.

62
La povertà nel mondo la situazione attuale
  • Un aspetto reale del fenomeno della povertà nei
    Paesi in via di sviluppo (PVS) è che questa è
    fondamentalmente rurale perché in termini di
    estensione e profondità del fenomeno -
    soprattutto in Africa ed in Asia - è nelle
    campagne che si localizza il problema della
    povertà. La stima che se ne può fare sulla base
    dei redditi - certamente più bassi nelle campagne
    - è largamente imprecisa, però resta vero che i
    servizi pubblici e privati sono molto più
    accessibili nelle città anche se è altrettanto
    vero che nelle città i poveri vivono le peggiori
    condizioni.

63
La povertà nel mondo la situazione attuale
  • 1,3 miliardi di persone vivono con meno di un
    dollaro al giorno
  • 4,3 miliardi di persone vivono con meno di due
    dollari al giorno
  • 160 milioni di bambini sono denutriti e 110 non
    vanno a scuola
  • i conflitti armati in molte regioni e le crisi
    economiche aggravano il fenomeno della povertà di
    massa
  • 1 miliardo di persone è analfabeta (i 2/3 sono
    donne)
  • oltre un miliardo di persone non ha ancora
    accesso allacqua potabile

64
La povertà nel mondo la situazione attuale
  • 800 milioni di persone non hanno accesso ai
    servizi sanitari
  • oltre il 93 dei 23 milioni di persone contagiate
    da HIV vivono nei Paesi in Via di Sviluppo
  • 840 milioni di persone soffrono la fame
  • la speranza di vita delle persone che vivono nei
    paesi meno avanzati è inferiore ai 40 anni
  • i paesi meno avanzati spiegano solo lo 0,3 del
    commercio mondiale il consumo energetico del sud
    del mondo è circa un ottavo di quello del nord.

65
La povertà nel mondo la situazione attuale
  • A livello mondiale il dato sulla disparità di
    reddito è sconcertante, la forbice distributiva
    cresce anziché attenuarsi. La povertà sta
    assumendo una tendenza chiara crescono le
    ineguaglianze sia tra i due blocchi di Paesi
    ricchi e quelli poveri sia allinterno dei PVS.
    Relativamente al Nord e Sud del mondo, sono
    diminuiti gli scarti in termini di sopravvivenza
    umana ma sono cresciute le differenze in termini
    di variabili del progresso umano, quali il
    numero di anni di scolarità media, la percentuale
    di popolazione che va oltre la scuola
    dellobbligo o è in possesso di professionalità
    tecnica o scientifica. Inoltre, sul piano dei
    redditi le differenze tra Paesi ricchi e quelli
    poveri accelerano la loro crescita.
Write a Comment
User Comments (0)
About PowerShow.com