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Elegia

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Elegia Genere poetico. I componimenti in metro elegiaco Di argomento vario Distico elegiaco= una coppia di versi, un esametro + un pentametro Un esametro (esapodia ... – PowerPoint PPT presentation

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Title: Elegia


1
Elegia
  • Genere poetico.
  • I componimenti in metro elegiaco
  • Di argomento vario

2
Elegia in Grecia
  • Nasce in ambito greco in età arcaica (VII-VI sec.
    a.C.)
  • etimologia da elegos (frigio per flauto)
  • da elege e diceva e e
    (allusione al carattere
  • prevalentemente funerario dellelegia
    delle origini)
  • Elegia amorosa Mimnermo
  • Elegia politica Solone
  • Elegia militare Tirteo
  • Elegia gnomica Teognide

3
Elegia a Roma
  • Quintiliano
  • ELEGIA QUOQUE GRAECOS PROVOCAMUS
  • (Ist.Or.10.1.93)
  • CANONE GALLO TIBULLO PROPERZIO OVIDIO
  • INVENTOR CORNELO GALLO

4
origini dellelegia latina
  • Friedrich Leo deriva da quella ellenistica
  • Tesi oggi generalmente rifiutata limpostazione
    soggettivo- autobiografica della latina manca in
    quella ellenistica. ((Anche se lelemento
    autobiografico non manca del tutto)
  • Jacoby Felix ampliamento dellepigramma greco
    (obiezione e il mito? Larchitettura
    complessa?)

5
  • Oggi i poeti romani avevano come modelli sia i
    poeti della lirica ellenistica (dallelegia
    allepigramma fino al mimo detà alessandrina)
    sia i poeti della lirica arcaica (elegia giambo
    etc)
  • Così lelegia romana non guarda ad un unico
    modello poetico ma accoglie motivi da diversi
    generi e li rielabora

6
Lelegia romana ha carattere prevalentemente
amoroso e soggettivo
  • Limiti del soggettivismo
  • e dellautobiografismo dellelegia latina

lesperienza personale si sviluppa attraverso
situazioni tipiche e e fa riferimento a valori
canonici un codice elegiaco
7
  • Parole-chiave

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  • Servitium amoris
  • il corteggiamento come servitù amorosa, segue
    tappe canoniche (paraklausithyron, recriminazioni
    alternate a impeti di gioia triumphans)

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  • Nequitia
  • il poeta rifiuta il coinvolgimento attivo nella
    vita politica (anche se lautobiografia smentisce
    talvolta il locus poetico) conduce una vita
    spesso scapestrata
  • la domina è sposata , quindi la relazione
    irregolare . Se già lotium letterario viene
    sentito con un senso di colpa latente figuriamoci
    una vita da bohemienne! Il termine che la
    definisce è pertanto nequitia

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  • domina
  • la donna è la signora del poeta
  • spesso ama di un amor tirannico ed è infedele

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  • fides e foedus
  • il rifiuto della partecipazione attiva alla
    vita politica epicureismo-e quindi il rifiuto
    di una poesia civile è programmatico ma i valori
    del mos maiorum sono connaturati al civis romanus
    anche quando ribadisce la sua volontà
    dellautarcheia. E così che i termini Fides e
    foedus, che attengono originariamente alla sfera
    civile-politica e sono propri del mos maiorum ,
    passano da questa a quella intimistico-amorosa

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  • Cura
  • Sofferenza damore, laspirazione alla fides
    e al foedus - e anche di una dimensione rustica
    campestre , soprattutto in Tibullo- viene
    frustrata

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  • Doctrina e mito
  • il poeta si rifugia nel mito spesso ricercato,
    doctus - che esprime una dimensione ideale
    paradigmatica che non può tradursi in vita reale.

14
Tibullo 50-14 a.C. (ca.) vita
  • Scarse le notizie sulla sua vita. Nacque a Gabii
    nel Lazio probabilmente da una ricca famiglia di
    censo equestre.
  • Orazio ce lo descrive bello e ricco
  • membro del circolo di Messalla Corvino, uomo
    politico e mecenate detà repubblica, che
    prenderà le parti di Augusto.
  • Al suo seguito partecipa a spedizioni militari.

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Tibullo 50-14 a.C. (ca.) opera
  • 3 libri di elegie.
  • I temi
  • Lamore per Delia,
  • lautarcheìa,
  • la religiosità,
  • il vagheggiamento di una vita agreste semplice
  • La Pace
  • Manca il riferimento continuo al mito

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Divitias alius fulvo sibi congerat auro Et
teneat culti iugera multa soli, Quem labor
adsiduus vicino terreat hoste, Martia cui somnos
classica pulsa fugent Me mea paupertas vita
traducat inerti, Dum meus adsiduo luceat igne
focus.  (Tibullo. Elegia I,1,1-6)
La prima elegia del l primo libro a) Il tema
della recusatio
  • Altri ammassi per sé ricchezze di oro biondo
  • E possieda molti iugeri di terreno coltivato,
  • (che ) altri, quando il nemico è vicino,
    unassidua pena atterrisca,
  • (a cui) ad altri le trombe di guerra fatte
    risuonare tolgano il sonno
  • La mia povertà mi conduca attraverso una vita
    tranquilla,
  • purché il mio focolare risplenda di un fuoco
    continuo.
  •  

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il motivo è noto. Quale poeta?
18
Questo il mio desiderio un pezzo di terra non ta
nto grande, dove ci fossero un orto e vicino a ca
sa una fonte d'acqua perenne con qualche albero 
che la sovrasti . Piú e meglio fecero gli dei . B
ene . Nient'altro ti chiedo
  • Hoc erat in votis modus agri non ita magnus, 
  • hortus ubi et tecto vicinus iugis aquae fons 
  • et paulum silvae super his foret . auctius atque 
  • di melius fecere . bene est . nil amplius oro.

(Orazio, Satire I,1, 1-4)
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La prima elegia del l primo librob) lamore e
la vita semplice
  • Io non vado in cerca delle ricchezze e dei
    proventi degli antenati Che all'antico avo
    procurava la messe riposta( nei granai)  è
    sufficiente un piccolo raccolto,riposare su un
    letto sicuro, se è possibile,e alleviare le
    membra nel solito giaciglio. Come è bello stando
    a letto ascoltare i venti impetuosi e stringere
    in un tenero abbraccio la donna amata, oppure
    quando l'Austro invernale ha riversato le gelide
    acque abbandonarsi mentre la pioggia concilia il
    sonno tranquillo

Non ego divitias patrum fructusque requiro,
Quos tulit antiquo condita messis avo Parva
seges satis est, satis requiescere lecto Si
licet et solito membra levare toro. Quam iuvat
inmites ventos audire cubantem Et dominam tenero
continuisse sinu Aut, gelidas hibernus aquas cum
fuderit Auster, Securum somnos imbre iuvante
sequi. (Tibullo, Elegia I,1, 44-51)
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Properzio 50-15 a.C. (ca.) vita
  • Scarse le notizie sulla sua vita. Nacque in
    Umbria
  • probabilmente da una ricca famiglia di censo
    equestre, colpita dalle espropriazioni di terre
    dopo Filippi.
  • Orazio ce lo descrive bello e ricco
  • membro del circolo di Mecenate.

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Properzio 50-14 a.C. (ca.) opera
  • 4 libri di elegie
  • Monobyblos tutto dedicato a Cinzia
  • Ancora Cinzia. Il tema della morte. Le pressioni
    di Mecenate perché il poeta si cimenti nella
    poesia epica e civile.
  • I tradimenti di Cinzia. El.11 il poeta rievoca
    la battaglia di Azio.
  • Le prime dedicate a Cinzia. El.7 Cinzia lo
    visita dopo morta.
  • Le elegie romane eziologia , la
    vergine Tarpea e lamore

22
Properzio 50-14 a.C. (ca.) i temi
  • il tema dellamore si intreccia strettamente al
    tema
  • al tema
  • del senso di colpa per la vita che si conduce
    nequitia, quando si è preda dellamore
  • del dolore
  • della morte

23
Properzio, Elegia I,1
  • Cynthia prima suis miserum me cepit ocellis,
  • contactum nullis ante Cupidinibus.
  • Tum mihi constantis deiecit lumina fastus
  • et caput impositis pressit Amor pedibus,
  • donec me docuit castas odisse puellas 5
  • improbus, et nullo vivere consilio.

Cinzia, con i suoi occhi, sventurato mi prese e
fu la primane m'aveva toccato ancora la
passione.Allora gli occhi (pieni di) costante
superbiavinse Amore, ed oppresse con i piedi il
mio capofino a che, sciagurato, ogni donna
virtuosami fece odiare e vivere senza nessuna
legge.
24
Properzio, Elegia I,1
  • Cynthia prima suis miserum me cepit ocellis,
  • contactum nullis ante Cupidinibus.
  • Tum mihi constantis deiecit lumina fastus
  • et caput impositis pressit Amor pedibus,
  • donec me docuit castas odisse puellas
  • improbus, et nullo vivere consilio.

Il servitium amoris schiavitù
La dementia porta alla nequitia
25
Properzio, Elegia I,1
  • Riferimenti al mito Milanione convinse
    Atalanta, a differenza del poeta che non riesce a
    far breccia nel cuore di Cinzia
  • Invocazione alle maghe per un incantesimo

26
Properzio, Elegia I,1
  • E voi che, tardi, amici, mi richiamate dalla mia
    cadutacercate di aiutare il mio cuore ammalato.S
    offrirò con coraggio ferro e orribili fuochi,
    purché possadire liberamente quello che l'ira
    vuole.
  • Portatemi tra genti lontane , sulle ondeportatem
    i, là dove nessuna donna sappiail mio cammino
    voi, a cui con facile orecchioil dio annuì,
    rimanete in un fedele amore.Venere mi tormenta
    con le sue notti amare,non resta ozioso Amore, e
    mai non mi abbandona.
  • Evitate, vi avverto, questo male, che ognuno
  • Indugi nel suo dolore e non cerchi altro amore!
  • E chi mi darà ascolto troppo tardi, ah con
    quantodolore avrà memoria di queste mie parole!

27
Properzio, Elegia Iv,7 passimamore e morte
pathos horridus.giallo!
  • Sono qualcosa i Mani, non tutto con la
    mortefinisce un'ombra livida ha vinto, sfugge
    ai roghi.Cinzia sul mio letto reclina, lei da
    poco in fondo ad unavia chiassosa inumata,
    m'apparve quando il sonnoera sospeso su di me,,
    dopo la fine del mio amore,e nel mio grande e
    freddo letto mi lamentavo.
  • Quegli stessi capelli che aveva al funerale,gli
    stessi occhi e la veste bruciata al fianco, e al
    ditoattaccato dal fuoco, il solito
    berillo,scolorite dall'acqua di Lete le sue
    labbra. . Emise voce e respiro come vivesse
    eppurefragili scricchiolavano ai pollici le mani

Horridus
28
  • Perfido, che migliore sperarti un'altra
    donnanon deve, come il sonno può in tè aver
    forza? Comegià scordasti gli incontri furtivi,
    l'animata Suburra, la finestra usa a insidie
    notturneda cui, tesa la fune, quante volte
    discesialternando le mani, per gettarmi al tuo
    collo!Abbracciati in un trivio, ci amavamo, e la
    fredda strada si intiepidiva sotto i nostri
    mantelli.Ah,false parole di convenuti patti,non
    le avrebbero udite, le dispersero i venti.
  • ()

pathos
29
  • Già svaniva il mio sguardo, nè ci fu alcuno a
    chiamarmi per nomeavrei vissuto ancora un
    giorno al tuo richiamo.
  • Perché, ingrato, sul rogo non implorasti i
    venti?
  • Perché non odoravano di nardo le mie fiamme?Ti
    pesava anche questo, gettarmi dei giacintida
    poco prezzo e rompere sulla mia tomba un orcio?
  • (nei versi seguenti, il carme si tinge di
  • Cinzia afferma di essere stata avvelenata

climax patetico ascendente
Giallo!
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  • Non ti accuso, sebbene lo meriti, Properzioa
    lungo sono stata la signora dei tuoi versi. Ti
    giurosopra il magico carme dei fati,
    irrevocabile per tutti- e più mite a me latri il
    cane con tré gole -che io ti fui fedele. Se
    t'inganno, la viperasulla mia tomba sibili,
    dorma sulle mie ossa. Poiché duplice meta la
    sorte assegna sul fangoso fiumealla turba che in
    acque diverse va coi remi.

Horridus
31
  • Le eroine nel mondo dei mortiC'è un'onda che
    l'adultera Clitennestra trasportaed il mostro di
    legno della falsa giovencacretese. L'altra
    parte, su nave inghirlandata, ecco, è dove felice
    brezza sfiora le roseelisie, le timbrate corde e
    i vibranti bronzidi Cibele e l'archetto di Lidia
    alle mitratedanze suona. Ed Andròmeda e
    Ipermestra fedelispose, narrano il tempo che le
    rese famose.

32
  • Cinzia, prima di sparire, fa unultima preghiera
    a Properzio
  • Dove s'adagia in campi ombrosi il fruttifero
    Anienee l'avorio di Èrcole non mai muta
    colore,scrivi su una colonna un carme di me
    degno,ma breve, che lo legga il viandante di
    corsa"Qui la splendida Cinzia in terra
    tiburtinagiace ed aggiunge, Aniene, prestigio
    alle tue rive".

33
  • E tu, non disprezzare i sogni provenienti dalle
    portedei beati se vengono, tali sogni hanno
    peso.Nella notte, che libera recluse ombre,
    vaghiamoerra, tolte le spranghe, anche Cerbero.
    È leggecon la luce tornare alle letee paludie
    il nocchiero, portandoci, il carico soppesa.Ora
    t'abbiano altre presto t'avrò io sola,
  • Insieme , miste le tue alle mie consunte ossa.
  • E quando, con pena dolorosa queste cose mebbe
    dette,
  • Lombra scomparve fra le mie braccia

horridus
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  • Distico elegiaco una coppia di versi, un
    esametro un pentametro
  • Un esametro (esapodia dattilico-spondaica
    catalettica in bisyllabum)
  • Un pentametro (due emiepes, due mezzi esametri
    allo specchio)

Dìcebàs quondàm  solùm te nòsse
Catùllum, Lèsbia, nèc prae mè  vèlle tenère
Iovèm.
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  • Properzio cerca loblio fuggendo lontano
  • il motivo opposto è in Orazio
  • caelum non animum mutant qui trans mare currunt
      (Epistole a Bullazio, libro I, lett. XI).
  • il motivo verrà riproposto da Seneca 
  • Animum debes mutare non caelum (Epistole a
    Lucilio, XXVIII)

36
  • cccccccccccccccc

37
Nulli se dicit mulier mea nubere mallequam mihi,
non si se Iuppiter ipse petat.Dicit sed mulier
cupido quod dicit amanti,in vento et rapida
scribere oportet aqua.
Dice la mia donna che di nessuno vorrebbe
esserese non di me, quand'anche Giove stesso la
chiedesse.Dice ma ciò che una donna ad un
amante in delirio dice scriverlo conviene nel
vento e nell'acqua che fugge rapida
(Catullo, Liber, LXX)
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Ovidio Sulmona43 a.C. Tomi 18 d.C.
  • Notizie sulla sua vita nellelegia di natura
    autobiografica (la quarta dei Tristia).
  • 43 a.C. Nasce a Sulmona (Abruzzo ) da una
    famiglia di classe equestre.
  • A Roma,le lezioni di grammatica e retorica dei
    più insigni maestri della capitale. Il padre lo
    vorrebbe oratore, ma Ovidio si sente già più
    portato per la poesia. 
  • Ad Atene a perfezionare i suoi studi ( viaggi
    in Asia Minore Egitto )
  • La carriera a Roma 
  • Tornato a Roma, Ovidio intraprende la carriera
    pubblica, senza distinguersi
  • In contatto con il Circolo di Messalla, entra
    poi in quello di Mecenate e conosce Orazio
    Properzio Tibullo
  • Siamo nel periodo storico della pax augustea e i
    costumi di Roma tendono a rilassarsi, c'è una
    concezione più libera e rilassata della morale
  • Ovidio si sposa per tre volte ma se, nei primi
    due casi, divorzia presto, il terzo è invece il
    più significativo.
  • La relegatio a Tomi e la morte 
  • Nell'8 d.C., caduto in disgrazia presso Augusto,
    Ovidio viene relegato nella lontana Tomi
    (oggi Costanza), un piccolo centro sul mar Nero,

39
  •  Perdiderint cum me duo crimina, carmen et
    erroralterius facti culpa silenda mihi 
  •  Due crimini mi hanno perduto, un carme e un
    erroredi questo debbo tacere quale è stata la
    colpa 
  • (Tristia 2, 1, v.207 sg.)
  • Il poeta dunque attribuisce l'esilio ad un carmen
    et error,
  • interpretazioni diverseriguardo al
    possibile error
  • Ovidio avrebbe avuto illecite relazioni con la
    figlia di Augusto Giulia maggiore, cantata
    negli Amores con lo pseudonimo di Corinna
  • sarebbe stato sospettato di favoreggiamento e
    forse di correità nelle relazioni di Giulia
    minore, nipote di Augusto e moglie di Lucio
    Emilio Paolo, col giovane patrizio Decimo Bruto
    Silano
  • avrebbe partecipato alla congiura di Agrippa
    Pòstumo, pretendente al trono, contro Tiberio.
  • Il termine carmen farebbe invece riferimento alle
    opere di Ovidio, in contrasto con i princìpi
    della restaurazione augustea (specialmente l'Ars
    amatoria).

40
OPEREla giovinezza
  • AMORES, in tre libri la domina è Corinna . Il
    modello elegiaco dellamor come servitium vengono
    rispettati solo in parte.
  • Ovidio è il poeta della sua nequitia più che
    della domina . Corinna non è lunica. Amor
    lusus .
  • Servitium militia si ma il tono è più lieve, a
    volte decisamente frivolo
  • Non una ma tutte le donne
  • ma Ovidio vede l'amore come un gioco e questa
    concezione amorosa si traduce e si esplica in un
    ribaltamento degli atteggiamenti e dei temi
    tradizionali (Ovidio giunge ad amare anche due
    donne contemporaneamente, chiede all'amata di non
    essergli fedele ma di nascondergli i tradimenti
    affinché lui possa fingere di non sapere).

41
Ovidio, in questo passo degli Amores,rivisita
lepigramma arcinoto di Catullo ma lo
amplia. A me piace. E a voi?
Odi et amo quare id facias fortasse requirs,
nescio se fieri sentio et excrucior
sono in lotta e tirano mio fragile cuore in
direzioni opposte Da un lato l'amore,
dall'altro l'odio ma - io credo-vince lamore Ti
odierò se potrò, altrimenti ti amerò mio
malgrado. anche il toro non ama il giogo eppure
si tiene quello che odia. Sfuggo la tua
perfidia mentre fuggo, la tua bellezza mi
riporta da te detesto il modo vergognoso in cui
ti comporti, amo il tuo corpo. Così non posso
vivere né con te, né senza di te e mi sembra di
non sapere quello che desidero
  • Ovidio, liber III,11, vv.33-40Luctantur
    pectusque leve in contraria tendunt hac amor hac
    odium, sed, puto, vincit amor. odero, si potero
    si non, invitus amabo. nec iuga taurus amat
    quae tamen odit, habet. nequitiam fugio --
    fugientem forma reducit aversor morum crimina
    -- corpus amo. sic ego nec sine te nec tecum
    vivere possum, et videor voti nescius esse mei. 

42
  • MEDICAMINA FACIEI FEMINAE operetta sui cosmetici
    delle donne. Di quest'opera ci sono pervenuti
    solo 100 versi i primi 50 costituiscono il
    proemio, i successivi 50 propongono 5 ricette di
    creme da applicare sul viso.
  • REMEDIA AMORIS 400 distici elegiaci per
    resistere all'amore o liberarsene.

43
  • ARS AMATORIA operetta in 3 libri . 2000 versi
  • PER GLI UOMINI
  • Il I libro come conquistare la donna
  • Il II libro come far durare lamore
  • PER LE DONNE
  • Il III libro. Come sedurre
  • Amore lusus e ars
  • Fallite fallentes! ingannate loro, che vi
    ingannano
  • E la restaurazione del mos maiorum augustea?

44
Ovidio, Amores, II, 4il Don Giovanni latino
Non oserei difendere i miei costumi corrotti , o
prendere le armi, sapendo di mentire, in difesa
dei miei vizi. No, meglio confessare, se giova a
qualche cosa confessare gli errori ma quando ho
confessato, ritorno alle mie colpe, ed è follia.
Odio, e ciò che odio non posso fare a meno di
bramarlo oh, com'è difficile sopportare il peso
che vuoi toglierti di dosso! Perchè non ho le
forze nè il potere di guidare me stesso mi
sento trascinato come una barca spinta dall'acqua
vorticosa.
45
non est certa meos quae forma invitet
amores -centum sunt causae, cur ego semper amem.
Non c'è un determinato tipo di bellezza che
risvegli in me l'amore ci son cento motivi che
sempre mi fanno innamorare. Se una ragazza
tiene modestamente gli occhi bassi (sta china su
di sé negli occhi bassi), subito m'infiammo, e
quel pudore è la trappola in cui cado. Se
un'altra è provocante, mi attira perché non è una
inesperta campagnola, ma dà speranza (d'essere
vivace) che prenda liniziativa nel morbido
letto . Se poi sembra scontrosa, e che imita
le rigide Sabine, penso che abbia voglia ma finga
profondamente. Se è colta, mi piace per le sue
rare doti di cultura, se è incolta, è piacevole
per la semplicità
  • sive aliqua est oculos in humum deiecta modestos,
  • uror, et insidiae sunt pudor ille meae
  • sive procax aliqua est, capior, quia rustica non
    est,
  • spemque dat in molli mobilis esse toro.
  • aspera si visa est rigidasque imitata Sabinas,
  • velle, sed ex alto dissimulare puto.
  • sive es docta, places raras dotata per artes
  • sive rudis, placita es simplicitate tua.


46

Cè quella che potrà dire che i versi di
Callimaco sono rozzi al confronto con i miei
quella a cui piaccio , subito mi piace Cè
quella che critica me come poeta e i miei
carmi vorrei (tenere la coscia) starle fra le le
cosce mentre mi critica Cammina sensuale sono
preso dalle sue movenze Laltra è rigida, ma
potrebbe essere più tenera sotto il tocco ( per
un) di un uomo ..
  • est, quae Callimachi prae nostris rustica dicat
  • carmina--cui placeo, protinus ipsa placet.
  • est etiam, quae me vatem et mea carmina culpet-
  • culpantis cupiam sustinuisse femur.
  • molliter incedit--motu capit altera dura est-
  • at poterit tacto mollior esse viro.
  • ..

47
Che figura retorica è?

Mi prenderà la bianca, me prenderà la bionda Ma
Venere è bella anche con la pelle scura O se sul
collo bianco scendono capelli neri Anche Leda fu
notata per la chioma scura Ma sono biondi, ad
Aurora piacquero i capelli colore del croco Il
mio amore si adatta a tutte le varianti La
giovane mi stuzzica mi colpisce letà più
matura Questa è più esperta quella più
bella Infine le donne che uno apprezza in tutta
Roma Il nostro amore è desideroso di tutte
queste!
  • candida me capiet, capiet me flava puella,
  •  est etiam in fusco grata colore Venus.
  • seu pendent nivea pulli cervice capilli,
  • Leda fuit nigra conspicienda coma
  • seu flavent, placuit croceis Aurora capillis
  •  omnibus historiis se meus aptat amor.
  • me nova sollicitat, me tangit serior aetas
  •  haec melior, specie corporis illa placet.
  • Denique quas tota quisquam probet urbe puellas
  •  noster in has omnis ambitiosus amor!

48
Alla fine del 700 Lorenzo Del Ponte, autore del
libretto per il Don Giovanni di Mozart, si
ispirò a questo passo ovidiano
  • LEPORELLO a Donna Elvira
  •  Madamina, il catalogo è questo delle belle che
    amò il padron mio un catalogo egli è che ho
    fatt'io. Osservate, leggete con me. In Italia
    seicento e quaranta, in Allmagna duecento e
    trentuna, cento in Francia, in Turchia
    novantuna, ma in Espagna son già mille e
    tre! Vhan fra queste contadine, cameriere e
    cittadine, v'han contesse, baronesse, marchesane
    , principesse, e v'han donne d'ogni
    grado, d'ogni forma, d'ogni età. 

Nella bionda egli ha l'usanza di lodar la
gentilezza, nella bruna la costanza, nella
bianca la dolcezza. Vuol d'inverno la
grassotta, vuol d'estate la magrotta è la
grande maestosa, la piccina è ognor vezzosa
... Delle vecchie fa conquista per piacer di
porle in lista ma passion predominante è la
giovin principiante. Noti si picca se sia
ricca, se sia brutta, se sia bella purché
porti la gonnella, voi sapete quel che fa
49
  • MEDEA tragedia a noi non pervenuta, ma lodata
    dai contemporanei.
  • HEROIDES 21 lettere che Ovidio immagina scritte
    da eroine del mito famose ai loro amanti. Tre
    lettere, in particolare, hanno una risposta da
    parte dell'uomo amato. Si tratta di una tipologia
    completamente nuova per la letteratura latina il
    filone erotico-mitologico viene per la prima
    volta svolto in forma epistolare (alcuni studiosi
    hanno trovato per questo analogie con
    le suasoriae, discorsi fittizi in rivolti a
    personaggi mitici o storici , in pratica,
    esercitazioni retoriche).
  • Alcune eroine ricordano quelle euripidee) ma non
    mancano rivisitazioni in chiave mondana e
    libertina di eroine tragiche (come nel caso della
    lettera di Fedra a Ippolito, nella quale la
    matrigna veste i panni di una scaltra seduttrice
    piuttosto che quelli di una donna disperata).

50
OPERE la maturità 
  • METAMORFOSI, in 15 libri di esametri. 12.000
    versi.
  • Il capolavoro di Ovidio, ultimato poco prima
    dell'esilio, contiene più di 250 miti di
    trasformazioni, dal Caos all'apoteosi di Cesare e
    Augusto.
  • L'opera si chiude con una preghiera agli dei,
    affinché questi preservino a lungo l'imperatore
    Augusto.
  • Vi si trova tutta la storia mitica del mondo, ma
    riorganizzata da Ovidio in una serie di racconti
    continuati.
  • Il criterio generale di compilazione segue
    l'ordine cronologico, ma molto spesso Ovidio
    introduce eventi anteriori al fatto narrato o
    posteriori, collega le storie in base a rapporti
    familiari, elabora i racconti secondo affinità o
    diversità

51
  • I II cosmogonia diluvio universale Deucalione e
    PirraApollo e Dafne, Giove e Io, Giove ede Europa
  • III _VI storie di eroi con ripresa di storie di
    dei (ratto di Proserpina con trasformaz in lago
    di Ciane) e Marsia Apollo (satiri e ninfe
    piansero per lui e si trasformarono in lago ce si
    chiamò Marsia VI)
  • VII Argonauti
  • VIII Minosse e cinghiale caledonio (Dedalo Icaro
    e Filemone e Bauci)
  • IX Ercole
  • X Orfeo (canta Pgmalione)
  • XII Troia Enea
  • XIV storie e leggende italiche
  • XV Pitagora espona a Numa Pompilio la teoria
    della metempsicosi
  • Finale i discendenti di Enea -gt Cesare che
    diventa una cometa e Augusto ( celebrazione)

52
Metamorfosi
  • Labirintico e proteiforme
  • Omnia mutantur nihil interiit
  • Pitagora
  • Gli dei umanizzati sil tono è mutevole si passa
  • dal quadretto borghese (Giunone insospettita
    vuole in dono da Giove la giovenca Io)
  • a scene fortemente patetiche (la trasformazione
    di Dafne)
  • Io narrante come nellEneide o nelle Argonautiche
  • atteggiamento 1) distaccato lievemente
    ironico
  • 2) stupito dalla straordinarietà
    della trasformazione narrata

53
  • FASTI in 6 libri.
  • Nelle intenzioni dell'autore sarebbe dovuto
    essere di 12 libri, uno per ogni mese dell' anno,
    ma Ovidio ne scrisse solo 6 (da gennaio a giugno)
    a causa dell'esilio. Egli intendeva illustrare
    (secondo un procedimento simile a quello
    utilizzato negli Aitia di Callimaco) le feste
    religiose e le ricorrenze varie del calendario
     romano introdotto da Cesare. Si tratta di
    un'opera di carattere eziologico ed erudito,
    ispirata al gusto alessandrino Ovidio narra
    aneddoti, favole, episodi della storia di Roma,
    impartisce nozioni di astronomia, spiega usanze e
    tradizioni popolari. Ma l'intento celebrativo
    rimane esteriore

54
  • TRISTIA in 5 libri di distici elegiaci
    ed Epistulae ex Ponto, in 4 libri.
  • Ovidio riprende qui un tratto tipico della poesia
    elegiaca, il lamento.
  • EPISTULAE EX PONTO lettere poetiche indirizzate a
    vari personaggi romani.

55
  • viveva Cìane e da lei prese nome anche quella
    laguna.
  • Dai flutti emerse la ninfa sino alla vita,
  • riconobbe la dea "Non andrete lontano," disse
  • "genero di Cerere non puoi essere, se lei non
    acconsente
  • chiederla tu dovevi, non rapirla. Se mi è lecito
  • paragonare grande e piccolo, anch'io fui da Anapi
    amata,
  • ma fui sua sposa dopo che ne fui pregata, non
    terrorizzata".      
  • Così disse, e allargando le braccia
    cercò                                  
  • di fermarli. Il figlio di Saturno non trattenne
    più la sua rabbia
  • aizzando i terribili cavalli, brandisce con tutto
    il vigore
  • del braccio lo scettro regale e l'immerge nelle
    profondità
  • dei gorghi a quel colpo un varco sino al Tartaro
    si aprì nella terra
  • e il cocchio sprofondò nella voragine scomparendo
    alla vista.
  • Addolorata per il rapimento della dea e per
    l'oltraggio
  • inferto alla fonte, Cìane ammutolì serrando nel
    proprio cuore
  • l'inconsolabile ferita tutta in lacrime si
    strusse
  • e si dissolse in quelle acque delle quali una
    divinità
  • insigne era stata innanzi. Avresti visto
    snervarsi le sue membra,
  • le ossa flettersi, le unghie perdere durezza

56
Ma tra lavoro e ammonimenti, al vecchio genitore
si bagnaronole guance, tremarono le mani. Baciò
il figlio(e furono gli ultimi baci), poi con un
battito d'alisi levò in volo e, tremando per chi
lo seguiva, come un uccelloche per la prima
volta porta in alto fuori del nido i suoi
piccoli,l'esorta a imitarlo, l'addestra a
quell'arte rischiosa,spiegando le sue ali e
volgendosi a guardare quelle del figlio.E chi li
scorge, un pescatore che dondola la sua canna,un
pastore o un contadino, appoggiato l'uno al suo
bastonee l'altro all'aratro, resta sbalordito
ritenendoli dèiin grado di solcare il cielo. E
già s'erano lasciati a sinistrale isole di Samo,
sacra a Giunone, Delo e Paro,e a destra avevano
Lebinto e Calimne, ricca di miele,quando il
ragazzo cominciò a gustare l'azzardo del volo,si
staccò dalla sua guida e, affascinato dal
cielo,si diresse verso l'alto. La vicinanza
cocente del soleammorbidì la cera odorosa, che
saldava le penne,e infine la sciolse lui agitò
le braccia spoglie,ma privo d'ali com'era, non
fece più presa sull'ariae, mentre a gran voce
invocava il padre, la sua boccafu inghiottita
dalle acque azzurre, che da lui presero il
nome.Ormai non più tale, il padre sconvolto
"Icaro!" gridava,"Icaro, dove sei?" gridava,
"dove sei finito?Icaro, Icaro!" gridava, quando
scorse le penne sui flutti,e allora maledisse
l'arte sua poi ricompose il corpoin un sepolcro
e quella terra prese il nome dal sepolto
  • ICARO E DEDALO (Metamorfosi,VII
    )
  • Ma intanto Dedalo, insofferente d'essere
    confinato a Cretada troppo tempo e punto dalla
    nostalgia della terra natale,era bloccato dal
    mare. "Che Minosse mi sbarri terra ed
    acqua,"rimuginò, "ma il cielo è pur sempre
    aperto passeremo di lì.Sarà padrone di tutto,
    ma non dell'aria!". E subitodedica il suo
    ingegno a un campo ancora inesplorato,sovvertendo
    la natura. Dispone delle penne in fila,partendo
    dalle più piccole via via seguite dalle più
    grandi,in modo che sembrano sorte su un pendio
    così per gradisi allarga una rustica zampogna
    fatta di canne diseguali.Poi al centro le fissa
    con fili di lino, alla base con cera,e dopo
    averle saldate insieme, le curva leggermenteper
    imitare ali vere. Icaro, il suo figliolo, gli
    stavaaccanto e, non sapendo di scherzare col
    proprio destino,raggiante in volto, acchiappava
    le piume che un soffio di ventosollevava, o
    ammorbidiva col pollice la ceracolor dell'oro, e
    così trastullandosi disturbava il
    lavoroprodigioso del padre. Quando all'opera fu
    datal'ultima mano, l'artefice provò lui stesso a
    librarsicon due di queste ali e battendole
    rimase sospeso in aria.. Le diede allora anche
    al figlio, dicendogli "Vola a mezza altezza,mi
    raccomando, in modo che abbassandoti troppo
    l'umiditànon appesantisca le penne o troppo in
    alto non le bruci il sole.Vola tra l'una e
    l'altro e, ti avverto, non distrarti a
    guardareBoòte o Èlice e neppure la spada
    sguainata di Orìonevienimi dietro, ti farò da
    guida". E mentre l'istruiva al volo,alle braccia
    gli applicava quelle ali mai viste.

57
TEREO PROCNE E FILOMELA
  • Versione di Ovidio (altri apollodoro Igino)
  • Tereo sposa Procne
  • Violenta e taglia la lingua alla sorella di
    Procne Filomela limprigiona dice alla sorella
    che è morta
  • Filomela ricama la sua vicenda su una tela che
    manda a Procne che uccide il figlio Iti e lo dà a
    Tereo in pasto
  • I tre vengono trasformati
  • Tereo (upupa poupou)Procne (rondine) e
    Filomela (usignuolo itu itu)

58
tratteneva i capelli scomposti. Molti aspiravano
a lei, ma essa schivando i corteggiatori,
inesperta e intollerante dellamore, si aggira
per i boschi impervii, e non si cura di sapere
che cosa sia Imene, cosa Amore, cosa il
matrimonio. Spesso il padre le diceva "Figlia
tu mi devi un genero e ripeteva "figlia tu mi
devi dei nipoti" ma quella, detestando le
fiaccole nuziali come un crimine, coloriva le
belle guance con pudico rossore e teneramente
cingendo con le braccia il collo del genitore
"Concedimi, o amatissimo, diceva che io
conservi sempre la mia veriginità il padre
degli dei prima dora ha fatto tale concessione
a Diana". Quello alla fine acconsente, ma questo
tuo fascino impedisce che tu rimanga come
desideri e la tua bellezza contrasta con la tua
preghiera. Febo arde damore e brama lunione
con Dafne appena vista, e spera davere ciò che
desidera e resta ingannato dai suoi stessi
oracoli come la secca stoppia va in fiamme una
volta mietute le spighe, come bruciano le siepi
per una fiaccola qualora un viandante
casualmente ve labbia accostata troppo o
labbia abbandonata sul far del giorno così il
dio in preda al fuoco, così arde in tutto il
cuore e nutre un vano amore continuando a
sperare. Guarda i capelli che 
Apollo e Dafni, Metamorfosi libro II
1 /3
  • )
  • Il primo amore di Febo (Apollo) fu Dafne figlia
    di Peneo
  • lo suscitò non la cieca Fortuna, ma la feroce ira
    di Cupido.
  • Apollo, fiero per la vittoria sul serpente(1),
    lo aveva poco
  • prima visto mentre cercava di piegare larco
    tirando a sè
  • la corda e così gli disse "Che cosa hai da fare
    con le forti armi,
  • o fanciullo arrogante? codesti pesi si addicono
    alle nostre spalle,
  • noi che possiamo infliggere ferite mortali alle
    fiere,
  • ferite ai nemici, noi che poco fa abbiamo
    abbattuto
  • con migliaia di dardi il minaccioso serpente che
    occupava
  • con il suo fetido ventre molti iugeri di terra.
    Tu accontentati di
  • suscitare con la tua fiaccola non so quali amori
    e non
  • attribuirti i nostri meriti". A lui il figlio di
    Venere "O Febo
  • disse il tuo arco trafigga pure ogni cosa,
    ma il mio
  • colpisca te, e di quanto tutti gli esseri
    animati sono inferiori a un dio,
  • di tanto è minore la tua gloria della mia". Finì
    di parlare
  • e muovendo rapido le ali fende laria e si ferma
    sulla cima
  • ombrosa del Parnaso(2) e tira fuori dalla
    faretra due dardi
  • dagli effetti opposti che uno suscita lamore,
    laltro

59
sinora libero dallamore. La medicina fu
inventata per opera mia, e in tutto il mondo mi
si chiama soccorritore e la virtù delle erbe è a
me soggetta ahimè, perchè lamore non può
essere guarito con i succhi delle erbe, nè al
maestro porta aiuto la sua arte, che aiuta invece
tutti gli altri!"La figlia di Peneo impaurita
corre via da lui che voleva dire di più e gli
tronca a metà il discorso. Anche allora sembrò
bella i venti mettevano a nudo il corpo e il
loro soffio faceva svolazzare labito
investendolo di fronte e la corrente daria
leggera spingeva indietro i capelli, sicchè la
bellezza cresceva con la fuga. Ma per questo il
giovane di non tollera oltre di spendere le sue
lusinghe, e come lo spingeva proprio lamore, la
insegue da vicino con rapido passo. Come quando
un cane gallico scorge una lepre in campo aperto,
e luno cerca la preda correndo, laltra la
salvezza (quello quasi labbranca e spera già di
afferrarla e allungando il muso sfiora le sue
orme, mentre è in forse che laltra possa essere
raggiunta, sottraendosi essa ai morsi e sfuggendo
ai denti che cercano di azzannarla) così il dio
e la vergine ninfa uno corre per la speranza,
laltra per il timore. Il dio tuttavia la
insegue, spinto dalle ali dellAmore è più veloce
e non dà tregua e sta addosso alle spalle della
fuggitiva e alita sulla chioma sciolta sul collo.
La ninfa , esaurite le forze impallidì e sfinita
per la fatica della veloce fuga (guardando le
acque del Peneo)"O Terra invoca spalancati
oppure distruggi con
2 /3
Apollo e Dafni, Metamorfosi libro II
  • le scendono pettinati sul collo e si chiede "che
    cosa sarebbero,
  • se venissero acconciati?" guarda gli occhi
    luminosi simili a stelle,
  • guarda la boccuccia, che non si sazia di
    rimirare ammira le dita,
  • le mani, i polsi e le braccia scoperte più che a
    metà e le parti nascoste
  • se le immagina più attraenti. Ma quella fugge
    più veloce del vento leggero
  • e non si ferma a queste parole da lui dette per
    richiamarla
  • "Ninfa, figlia di Peneo, ti prego, fermati! non
    ti seguo come nemico ninfa,
  • fermati! In tale maniera lagnella fugge il lupo,
    così la cerva il leone,
  • così le colombe con trepido volo laquila
    ciascuna stirpe ha un proprio
  • nemico ma per me è lamore la causa per venirti
    dietro. O me infelice!
  • Che tu non debba cadere inciampando e che i rovi
    non ti lacerino le gambe
  • che non meritano alcuna ferita e che io non sia
    causa del tuo dolore.
  • I luoghi, per i quali corri, sono selvaggi
    corri, ti prego, con meno impeto
  • e modera la fuga da parte mia ti seguirò più
    lentamente. Chiediti però
  • chi sia quello a cui piaci non sono un
    montanaro, non sono un pastore
  • irsuto che qui fa la guardia ad armenti e
    greggi. Tu, impulsiva, non sai chi fuggi
  • e per questo motivo fuggi. Sotto il mio dominio
    sta la regione di Delfi
  • e Claro e Tenedo e la rocca di Patara mio padre
    è Giove. Per opera
  • mia venne svelato il futuro, il passato e il
    presente per opera mia i carmi

60
3 /3
Apollo e Dafni, Metamorfosi libro II
una metamorfosi la mia bella figura che è causa
del mio danno! Padre, dammi aiuto aggiunge se
voi fiumi avete potere divino! Cancella
trasformandolo il bel sembiante per cui piacqui
tanto!". Aveva appena finito di pregare, che un
pesante torpore invade il suo corpo il petto
delicato viene avvolto da una sottile corteccia,
i capelli si mutano in foglie, le braccia in
rami, i piedi poco prima così veloci si fissano
in radici inerti, il volto in una cima dalbero
le rimane soltanto la bellezza. Pur così Febo
continua ad amarla e poggiando la destra sul
tronco sente che ancora il petto batte sotto la
fresca corteccia e, intrecciando le sue braccia
ai rami come se fossero le membra di lei, bacia
il legno ma il legno si sottrae a quei baci. A
cui il dio "Poichè non puoi essere mia coniuge
disse sarai di certo il mio albero. La mia
chioma, la mia cetra, la mia faretra, o alloro,
si orneranno di te. Tu incoronerai i generali
lieti per la vittoria, quando un coro festante
intonerà il canto del trionfo e il Campidoglio
vedrà lunghi cortei. Tu medesima, come una
custode fedelissima, sarai appesa alle porte
della reggia di Augusto(5) e guarderai la quercia
che sta nel mezzo, e come il mio capo giovanile è
pieno di capelli intonsi, anche tu avrai in
eterno lonore delle foglie sempreverdi". Apollo
così finì di dire lalloro con i suoi rami
formatisi da poco dà il suo assenso e sembrò che
muovesse la cima come se fosse il capo.
61
(No Transcript)
62
1
Giove ed Io, Metamorfosi libro II
Giove favoleggia che è nata dalla terra, perché
smetta d'indagarne l'origine, e lei gliela chiede
in dono. Che fare? Cedere l'amata sarebbe stato
crudele, non farlo sospetto da un lato il panico
lo sprona, dall'altro lo trattiene amore. E quasi
avrebbe vinto questo, se negare a lei, moglie e
sorella, il dono banale di una vacca, non avesse
rischiato di farle capire che vacca non era. Ma
anche avuta in dono la rivale, la dea non smise
di temere e, diffidando di Giove, paventò che
gliela rubasse, finché non l'ebbe data in
custodia ad Argo, il figlio di Arèstore. Cento
occhi aveva Argo tutt'intorno al suo capo due
alla volta riposavano a turno, mentre gli altri
stavano svegli, montando la guardia. In qualunque
modo si sistemasse, sorvegliava Io anche di
spalle l'aveva davanti agli occhi. Di giorno
lascia che pascoli quando il sole scende
sottoterra, la rinchiude, cingendole a disdoro il
collo con una catena. Di fronde d'alberi e di
erba amara si nutre l'infelice, e invece che in
un letto si corica sulla terra priva a
volte anche d'una coltre erbosa, e s'abbevera in
fiumi fangosi. E se voleva tendere le braccia ad
Argo per supplicarlo, braccia non possedeva da
tendergli se tentava di lamentarsi dalla bocca
uscivano muggiti e a quel suono rabbrividiva
atterrita dalla sua stessa voce. Giunse anche
alle rive dell'Ínaco, dove un tempo giocava, e
come vide nell'acqua il suo muso e quelle strane
corna, fu presa da un brivido e si ritrasse
sbigottita.
Mentre tornava dal fiume paterno, l'aveva
intravista Giove, che le disse O vergine degna
di Giove e che beato farai lo sconosciuto che ti
sposerà, ritìrati nell'ombra di quei boschi
profondi (e l'ombra di quei boschi le
indicava), ora che fa così caldo e più alto è il
sole in mezzo al cielo. E non temere di
addentrarti sola fra covi di belve, cammina
tranquilla nel cuore del bosco un dio ti
protegge, e non un dio qualunque, ma io, io che
con mano potente reggo lo scettro del cielo e
scaglio fulmini in ogni luogo. No, non
fuggirmi!. Ma lei fuggiva e già i pascoli di
Lerna, le piantagioni del Lirceo s'era ormai
lasciata alle spalle, quando il dio, nascosto un
lungo tratto di terra con una distesa di nebbia,
fermò la sua fuga e le rapì l'onore. Gettò in
quel punto Giunone lo sguardo al centro
dell'Argòlide e, stupita che sotto un cielo terso
folate di nebbia avessero fatto notte, capì che
non erano nebbie 12 di fiume o nate dall'umidità
del suolo e, ben conoscendo le infedeltà del
marito, sorpreso tante volte in flagrante, si
volse intorno a guardare dove fosse. Poiché non
lo trovò in cielo O m'inganno o io sono
tradita, disse e, precipitandosi giù
dall'etere, si posò sulla terra ordinando alle
nebbie di dissolversi. Ma Giove, prevedendo
l'arrivo della moglie, aveva mutato la figlia di
Ínaco nelle forme terse d'una giovenca. E anche
così è bella. La figlia di Saturno, sia pure a
stento, ne ammira l'aspetto e, fingendo d'esserne
all'oscuro, chiede di chi sia, da dove venga e a
quale armento appartenga.
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