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rispetto al corpus sterminato delle paremie attestate nei volgari italiani in epoca medioevale, l

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Inferno XXI -XXII - sequenze Lo ... pece (16-30) La pesca del barattiere (31-42) Il Navarrese ... il barattiere fornisce su di s e dello stile complessivo del ... – PowerPoint PPT presentation

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Title: rispetto al corpus sterminato delle paremie attestate nei volgari italiani in epoca medioevale, l


1
rispetto al corpus sterminato delle paremie
attestate nei volgari italiani in epoca
medioevale, lopera di Dante funziona in due modi
(CFR. Boggione 2004, XXI)
  • da COLLETTORE
  • da SERBATOIO
  • di materiali idiomatici provenienti dalle
    raccolte coeve di sentenze e di exempla, o da
    altri testi scritti
  • di detti proverbiali di origine popolare, orale
  • di citazioni che nel tempo, grazie alla
    popolarità della Commedia, sono passate in
    proverbio, trasmigrando dal testo scritto
    dautore alluso orale anonimo

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Citazione e proverbio in Conv. IV 1
Amore, secondo la concordevole sentenza delli savi di lui ragionanti, e secondo quello che per esperienza continuamente vedemo, è che congiunge e unisce lamante colla persona amata onde Pittagora dice Nell'amistà si fa uno di più. E però che le cose congiunte comunicano naturalmente intra sé le loro qualitadi, in tanto che talvolta è che l'una torna del tutto nella natura dell'altra, incontra che le passioni della persona amata entrano nella persona amante, sì che l'amore delluna si comunica nellaltra, e così lodio e lo desiderio e ogni altra passione. Per che li amici dell'uno sono dall'altro amati, e li nimici odiati per che in greco proverbio è detto Delli amici essere deono tutte le cose comuni. Il detto è attribuito a Pitagora da Cicerone in De Officiis I 17, 56 efficiturque id, quod Pythagoras vult in amicitia, ut unus fiat ex pluribus.
Amore, secondo la concordevole sentenza delli savi di lui ragionanti, e secondo quello che per esperienza continuamente vedemo, è che congiunge e unisce lamante colla persona amata onde Pittagora dice Nell'amistà si fa uno di più. E però che le cose congiunte comunicano naturalmente intra sé le loro qualitadi, in tanto che talvolta è che l'una torna del tutto nella natura dell'altra, incontra che le passioni della persona amata entrano nella persona amante, sì che l'amore delluna si comunica nellaltra, e così lodio e lo desiderio e ogni altra passione. Per che li amici dell'uno sono dall'altro amati, e li nimici odiati per che in greco proverbio è detto Delli amici essere deono tutte le cose comuni. Ma anche il proverbio greco viene dal De Officiis I 16, 51. ut in Graecorum proverbio est, amicorum esse communia omnia.
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Un proverbio in Paradiso I 34-36
  • Poca favilla gran fiamma seconda
  • forse di retro a me con miglior voci
  • si chiamerà perché Cirra risponda

IN EPOCA CLASSICA PRIMA DI DANTE DOPO DANTE
Parva saepe scintilla contempta magnum excitavit incendium (Curzio Rufo) L poco foco gran selva divora (Chiaro Davanzati) Gran foco nasce di poca favilla (Cino da Pistoia) Poca favilla accende molta paglia (Francesco Berni)
Ma Giuseppe Giusti nella sua raccolta di Proverbi (1853) registra piccola scintilla può bruciare una villa Ma Giuseppe Giusti nella sua raccolta di Proverbi (1853) registra piccola scintilla può bruciare una villa Ma Giuseppe Giusti nella sua raccolta di Proverbi (1853) registra piccola scintilla può bruciare una villa
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  • La gloria di colui che tutto move
  • per l'universo penetra, e risplende
  • in una parte più e meno altrove.
  • Nel ciel che più de la sua luce prende
  • fu' io, e vidi cose che ridire
  • né sa né può chi di là sù discende
  • perché appressando sé al suo disire,
  • nostro intelletto si profonda tanto,
  • che dietro la memoria non può ire.
  • Veramente quant'io del regno santo
  • ne la mia mente potei far tesoro,
  • sarà ora materia del mio canto.
  • O buono Appollo, a l'ultimo lavoro
  • fammi del tuo valor sì fatto vaso,
  • come dimandi a dar l'amato alloro.
  • Infino a qui l'un giogo di Parnaso
  • assai mi fu ma or con amendue
  • m'è uopo intrar ne l'aringo rimaso.
  • Entra nel petto mio, e spira tue

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N.B nel I canto del Paradiso il proverbio
introduce la chiusura dellinvocazione ad Apollo.
  • O divina virtù, se mi ti prestitanto che l'ombra
    del beato regnosegnata nel mio capo io
    manifesti,
  • vedra' mi al piè del tuo diletto legnovenire, e
    coronarmi de le foglieche la materia e tu mi
    farai degno.
  • Sì rade volte, padre, se ne coglieper trïunfare
    o cesare o poeta,colpa e vergogna de l'umane
    voglie,
  • che parturir letizia in su la lietadelfica deïtà
    dovria la frondapeneia, quando alcun di sé
    asseta.
  • Poca favilla gran fiamma secondaforse di retro
    a me con miglior vocisi pregherà perché Cirra
    risponda.

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Inf. XXII 13-15
  • Noi andavam con li diece demoni
  • Ahi fiera compagnia! ma ne la chiesa
  • coi santi, e in taverna coi ghiottoni.

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(No Transcript)
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Inferno XXI-XXII - sequenze
  • Lo spettacolo della pece bollente nella bolgia
    dei barattieri (1-21)
  • Il diavolo psicopompo (22-45)
  • Linfierire dei Malebranche sul dannato (46-57)
  • Il colloquio tra Virgilio e Malacoda (58-87)
  • Dante esce dal nascondiglio (88-102)
  • Linganno di Malacoda (103-117)
  • La malvagia decina (118-139)
  • La fiera compagnia (1-15)
  • I barattieri nella pece (16-30)
  • La pesca del barattiere (31-42)
  • Il Navarrese (43-54)
  • Un dialogo travagliato (55-90)
  • Il patto tra il Navarrese e Alichino (91-117)
  • La beffa del Navarrese (118-126)
  • La zuffa dei diavoli (127-151)

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I due viaggi di Virgilio fino al Cocito
  • Nel canto XXI Virgilio cade nella trappola di
    Malacoda pur avendo già percorso una volta la
    voragine infernale. Il poeta stesso, infatti, ha
    raccontato a Dante (IX 22-27) che poco dopo la
    sua morte la maga Erittone (personaggio noto a
    Dante attraverso la Farsaglia di Lucano) lo aveva
    mandato nella Giudecca a recuperare uno spirito
    che voleva richiamare in vita, forse per
    affidargli una profezia, come nel caso raccontato
    da Lucano. Poiché tuttavia questo primo viaggio
    di Virgilio attraverso linferno era avvenuto
    prima della discesa di Cristo agli Inferi, egli
    non poteva sapere che in realtà tutti i ponti
    sulla VI bolgia erano crollati, e che perciò
    Malacoda lo stava ingannando.

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Barattieri e giullari tutti ribaldi
  • In lingua oitanica (antico francese) barattiere
    si dice ribaud -gt da cui poi litaliano ribaldo
    (usato anche in INF XXII 50). Ma il termine
    allude ad una ben precisa esperienza culturale e
    si applica ad una delimitata classe sociale lo
    troviamo infatti associato e spesso identificato
    con ioculaor e termini affini (giullare, mimo,
    istrione, goliardo, buffone, scurra, trutannus,
    comicus, comoedus ecc.) (così Picone).
  • Barattieri / ribaldi / giullari sono accomunati
    dalla stessa propensione a vivere di espedienti,
    vendendo quel che dovrebbe essere fonte di onore,
    e quindi non commerciabile la propria carica,
    la propria dignità poetica.

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Ipotesti per i canti della baratteria
  • Fabliaux contes à rire en vers (definizione
    di Joseph Bédier, 1894), dove i versi sono quasi
    sempre ottosillabi rimati (rima baciata) o
    assonanzati.
  • Diableries rappresentazioni comiche (spesso in
    fora di drammatizzazione dei fabliaux) dove i
    protagonisti sono diavoli, vagabondi, e
    ribaldi, che si insultano e si azzuffano.
  • I giullari che cantavano o drammatizzavano
    questi contes à rire sceglievano pseudonimi,
    molti dei quali rimasti famosi, e corrispondenti
    ai nomi dei diavoli della malvagia decina
    dantesca.

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Non Ciampolo, ma Rutebeuf?
  • Il breve discorso autobiografico del barattiere,
    nei commenti antichi identificato senza ulteriori
    spiegazioni con un tal Ciàmpolo, è costruito sul
    modello delle vidas, cioè delle notizie
    biografiche che accompagnavano spesso le raccolte
    poetiche dei trovatori.
  • Su questa base, alla luce delle notizie che il
    barattiere fornisce su di sé e dello stile
    complessivo del canto, M. Picone propone di
    identificare questo anonimo personaggio con il
    giullare più famoso della tradizione oitanica,
    conosciuto come Rutebeuf (1230-1285 circa).
    Rutebeuf era nato nella Champagne, che faceva
    parte allepoca del regno di Navarra scrisse tra
    laltro un testo in lode di Tebaldo (conte di
    Champagne e poi re di Navarra) e un compianto per
    la sua morte, dove il sovrano è definito bon.

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Il progetto della Commedia in una sintesi
paradisiaca(PAR. XXV, incipit)
  • Se mai continga che l poema sacroal quale ha
    posto mano e cielo e terra,sì che mha fatto per
    molti anni macro,
  • vinca la crudeltà che fuor mi serradel bello
    ovile ovio dormi agnello,nimico ai lupi che li
    danno guerra
  • con altra voce omai, con altro velloritornerò
    poeta, e in sul fontedel mio battesmo prenderòl
    cappello
  • però che ne la fede, che fa contel'anime a Dio,
    quivi intra io, e poiPietro per lei sì mi girò
    la fronte.

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Dal commento di E. Trucchi, 1936
  • Riprendendo il filo del racconto, con un solo
    verso che ha il tono della rassegnazione, noi
    andavam con li diece demoni, Dante rinfresca la
    scena con un solo aggettivo, ahi fiera
    compagnia ci riporta ai pensieri della sua paura,
    e con un proverbio popolare di riconosciuta
    saggezza si difende da una duplice accusa che
    poteva essergli mossa perché fosti tu fra i
    priori toscani, se tutti fur lerci di baratteria?
    perché prendi a prestito dal linguaggio plebeo
    parole e frasi come quelle che ricorrono in
    questi Canti? perché così porta la necessità di
    vivere in consorzio con gli uomini in chiesa coi
    santi, ed in taverna co' ghiottoni.
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