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DECRETO LEGISLATIVO N

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Title: DECRETO LEGISLATIVO N 626 del 19 Settembre 1994 (s.o. G.U. n 265 del 12 novembre 1994) Author: Geom. Renato D'Oria Last modified by: PC – PowerPoint PPT presentation

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Title: DECRETO LEGISLATIVO N


1
AZIONE 4
La gestione integrata della sicurezza negli
ambienti a rischio
2
LA TUTELA DELLA SALUTE DEI LAVORATORIIN AMBIENTE
OSPEDALIERO
3
I LAVORATORIDA SOGGETTI TUTELATIDIVENTANO
PARTECIPI E AUTORI
  • Ciascun lavoratore
  • DEVE
  • prendersi cura della propria salute
  • La prevenzione è strutturata in funzione di
    questo assunto

4
  • Informazione Formazione
  • UOMO
  • Consultazione Partecipazione

5
PUNTI SALIENTI
  • CAMPO DI APPLICAZIONE
  • LAVORATORE
  • DATORE DI LAVORO
  • RESPONSABILE DEL SERVIZIO DI PREVENZIONE E
    PROTEZIONE DAI RISCHI
  • MEDICO COMPETENTE

6
  • RAPPRESENTANTE DEI LAVORATORI PER LA SICUREZZA
  • VALLUTAZIONE DEI RISCHI ED ELIMINAZIONE (O
    RIDUZIONE)
  • ELIMINAZIONE, RIDUZIONE O SOSTITUZIONE DI
    SOSTANZE PERICOLOSE
  • PROGRAMMAZIONE DELLA PREVENZIONE

7
  • ERGONOMIA
  • MISURE DI PROTEZIONE COLLETTIVA ED
    INDIVIDUALE
  • CONTROLLO SANITARIO DEI LAVORATORI
  • LIMITAZIONE N LAVORATORI ESPOSTI AL RISCHIO

8
  • ALLONTANAMENTO DAL RISCHIO DEL LAVORATORE PER
    MOTIVI SANITARI
  • MISURE IGIENICHE
  • MISURE DI EMERGENZA
  • SEGNALETICA ANTINFORTUNISTICA
  • MANUTENZIONI
  • INFORMAZIONE/ISTRUZIONE/ FORMAZIONE

9
DEFINIZIONI (ART.2)
  • LAVORATORE
  • Persona che presta il proprio lavoro alle
    dipendenze di un datore di lavoro
  • DATORE DI LAVORO
  • Persona responsabile dellAzienda che può
    disporre delle finanze per intervenire nel campo
    della sicurezza

10
  • DIRIGENTE
  • Persona (anche senza qualifica di Dirigente
    dAzienda) cui è demandata lorganizzazione e la
    cura del sistema di sicurezza

11
  • SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE DEI RISCHI
    Insieme delle persone, sistemi e mezzi (interni
    e/o esterni) finalizzati allattività di
    prevenzione e protezione

12
  • PREPOSTO Colui che ha la responsabilità di un
    gruppo di persone
  • MEDICO COMPETENTE Medico in possesso di
    specializzazione o docenza in medicina del lavoro
    o equipollente, ovvero autorizzazione di cui
    allart.55 del D.L. 277/91

13
  • RESPONSABILE DEL SERVIZIO DI PREVENZIONE E
    PROTEZIONE Persona designata dal datore di
    lavoro in possesso di attitudini e capacità
    adeguate

14
  • RAPPRESENTANTE DEI LAVORATORI PER LA SICUREZZA
    Persona eletta o designata dai lavoratori per
    rappresentarli (possibilmente un tecnico)

15
  • PREVENZIONE
  • Complesso delle disposizioni o misure per
    evitare o diminuire i rischi
  • AGENTE Lagente chimico, fisico, cancerogeno e
    biologico presente e potenzialmente dannoso
  • DELEGATO Persona in possesso di regolare delega
    plenipotenziaria.

16
MISURE GENERALI DI TUTELA (ART.3)
  • VALUTAZIONE DEI RISCHI
  • ELIMINAZIONE DEI RISCHI
  • RIDUZIONE DEI RISCHI ALLA FONTE
  • PROGRAMMA DELLA PREVENZIONE
  • SOSTITUZIONE DI CIO CHE E PERICOLOSO

17
  • RISPETTO DEI PRINCIPI ERGONOMICI
  • PROTEZIONE COLLETTIVA PRIORITARIA
  • LIMITAZIONE DELLE ESPOSIZIONI A RISCHIO
  • USO LIMITATO DEGLI AGENTI

18
  • CONTROLLO SANITARIO
  • ALLONTANAMENTO DALLESPOSIZION
  • MISURE IGIENICHE
  • MISURE DI PROTEZIONE
  • MISURE DI EMERGENZA
  • USO DI SEGNALI

19
  • REGOLARE MANUTENZIONE
  • COINVOLGIMENTO DEI LAVORATORI
  • ISTRUZIONI AI LAVORATORI
  • LE MISURE DI PROTEZIONE NON DEVONO COMPORTARE
    ONERI PER I LAVORATORI

20
Servizio di Prevenzione e Protezione
  • STRUTTURA
  • INTERNO/ESTERNO
  • NUMERO SUFFICIENTE
  • MEZZITEMPOCAPACITA
  • RESPONSABILE
  • CONSULT. RAPPR. SICUREZZA

21
COMPITI VALUTAZIONE DEI RISCHI MISURE
SICUREZZA E SALUBRITA PROCEDURE DI SICUREZZA
INFORMAZIONE E FORMAZIONE RIUNIONI PERIODICHE
22
(No Transcript)
23
OBBLIGO DI FORMAZIONE
  • E compito del datore di lavoro, assicurare che
    ciascun lavoratore riceva unadeguata formazione
    in materia di sicurezza e di salute, con
    particolare riferimento al rischio specifico del
    posto di lavoro derivante dalle mansioni
    espletate.

24
ARTICOLI 21 E 22 del D.Lgs. 626/94INFORMAZIONE E
FORMAZIONEDEI LAVORATORI
25
ATTIVITÀ DI FORMAZIONE
26
INFORMAZIONE DEI LAVORATORI (ART.21)
  • Il datore di lavoro provvede ad informare tutti i
    lavoratori su
  • i rischi
  • le misure di prevenzione e protezione
  • rischi specifici, normative e disposizioni
  • i pericoli per luso di sostanze
  • le procedure in caso di pericolo
  • i nomi dei responsabili

27
FORMAZIONE DEI LAVORATORI (ART.22)
  • Il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti
    assicurano la formazione dei lavoratori in
    occasione di
  • assunzione
  • trasferimenti o modifiche di mansione
  • modifiche di impianti, attrezzature, prodotti.

28
  • La formazione avviene in orario di lavoro senza
    oneri economici a carico del lavoratore

29
INFORMAZIONE E FORMAZIONE DEI LAVORATORI
  • INFORMAZIONE
  • SU
  • RISCHI GENERICI E SPECIFICI
  • NORMATIVE DI SICUREZZA
  • DISPOSIZIONI AZIENDALI
  • SCHEDE SOSTANZE PERICOLOSE
  • PROCEDURE PRONTO SOCCORSO

30
  • PROCEDURE ANTINCENDIO
  • PROCEDURE EMERGENZA
  • RESPONSABILE SERVIZIO PREVENZIONE
  • MEDICO COMPETENTE
  • LAVORATORI DESIGNATI EMERGENZA E PRONTO SOCCORSO

31
  • FORMAZIONE
  • SU
  • NORMATIVA DI SALUTE E SICUREZZA
  • RISCHI GENERICI E SPECIFICI
  • IN OCCASIONE DI
  • ASSUNZIONE
  • TRASFERIMENTO E/O CAMBIO MANSIONE
  • NUOVE TECNOLOGIE E ATTREZZATURE
  • NUOVE SOSTANZE E PREPARATI

32
(No Transcript)
33
Rischio Biologico Nelle InfezioniOspedaliere
34
Definizioni
  • Infezione Ospedaliera
  • con il termine infezione ospedaliera si
    intendono tutte le infezioni contratta in
    ospedale e che non erano in incubazione allatto
    dellammissione.

35
  • Infezione Comunitaria
  • si contrappone allinfezione ospedaliera, si
    esprime sintomatologicamente in ospedale ma era
    già in incubazione allatto del ricovero.

36
Infezione Crociata Ospedaliera malattia
infettiva trasmessa da malato a malato in ambito
ospedaliero e in tal senso sono proprie dei
reparti di isolamento per malattie infettive
37
  • Ospitalismo
  • indica tutta la patologia derivante da
    infezioni ospedaliere. Il termine è molto ampio
    e comprende tutte le possibili cause che a tali
    conseguenze possono condurre

38
I MICRORGANISMI DELLE INFEZIONI OSPEDALIERE
  • SAPROFITI
  • si intendono quelli che vivono nellambiente
    acqua, suolo, sostanze organiche in
    decomposizione

39
  • COMMENSALI
  • si intendono quelli che
  • vivono abitualmente sulle superfici cutanee e
    mucose delluomo e degli animali senza arrecare
    danno al loro ospite

40
  • PARASSITI
  • si distinguono essenzialmente per il fatto di
    provocare danno al loro ospite.

41
PATOGENI CONVENZIONALI hanno la capacità di
penetrare e di moltiplicarsi nellospite
superando le normali barriere difensive
42
  • OPPORTUNISTI
  • Sono microrganismi che approfittano
    dellimmunodeficienza dellospite

43
  • PATOGENI CONDIZIONATI
  • riescono, per condizioni particolari, a superare
    le barriere superficiali o a giungere in cavità
    normalmente sterili.

44
Fattori favorenti linsorgenza di Infezioni
Ospedaliere
  • FATTORI AMBIENTALI
  • Aumentato ricovero di pazienti con elevata
    recettività
  • Specializzazione (concentrazione di pazienti
    recettivi)

45
  • Aumentato uso di strumenti diagnostici e di
    assistenza (sonde, respiratori, circuiti
    extracorporei, ecc.)
  • Suddivisione dellassistenza (aumento delle
    persone a contatto con il malato per specifiche
    funzioni)
  • Abuso di antibiotici

46
FATTORI INDIVIDUALI
  • Età neonati anziani
  • Malattie cardiovascolari
  • Malattie respiratorie
  • Malattie dismetaboliche

47
  • malattie neoplastiche
  • lesioni cutanee
  • traumi gravi
  • decifit immunitari

48
FATTORI IATROGENI
  • Diminuzione delle difese naturali per terapie
    immunodepressive
  • Interventi chirurgici protratti e laboriosi
  • Esposizione prolungata di cavità ed organi
    interni
  • Permanenza in loco di cannule, cateteri

49
Epidemiologia delle infezioni ospedaliere
  • Sorgenti e Serbatoi
  • Uomosuperfici cutanee e mucose (il malato
    stesso, altri malati, il personale di assistenza
    ed eventuali visitatori)
  • Ambiente suolo, acqua, superfici arredi,
    suppellettili, substrati organici, ecc.

50
Modalità di trasmissione
  • Autoinfezioni o infezioni o infezioni endogene
    si verificano in seguito a pratiche mediche o
    chirurgiche (cateterismo, broncoscopia,
    interventi sulladdome, ecc. )
  • Infezione esogene si realizzano per contatto,
    per via aerea, secondo la catena feco-orale in
    seguito a pratiche mediche o chirurgiche

51
Prevenzione delle infezioni ospedaliere
  • Tecnicamente è necessario istituire un Servizio
    di igiene Ospedaliera i cui compiti sono

52
1)Rilevazione sistematica dei casi di infezioni
ospedaliere e infezioni crociate
ospedaliere2)Elaborazione statistica dei dati
così raccolti3)Controllo degli impianti di
sterilizzazione4) Controllo delle pratiche di
sanificazione e disinfezione
53
  • 5) Supervisione della corretta applicazione di
    tutte le norme di profilassi diretta ed indiretta
    contro lospitalismo
  • 6)Aggiornamento permanente del personale
    sanitario sul tema
  • 7) Proposta di un piano razionale di controlli
    microbiologici8)Graduatoria dei controlli
    microbiologici

54
9)Adozione di alcuni standard metodologici e di
riferimento10)Proposte per linterpretazione
dei risultati11)Indicazione degli obiettivi da
raggiungere 12)Quanti più germi circolano
nellambiente tanto più grave è il rischio di
infezione
55
13)Solo in momenti di necessità (esplosioni
epidemiche) si impone la valutazione qualitativa
della flora microbica implicita 14)Se la
contaminazione di base, ambientale, è sotto
controllo, gravi episodi epidemici si manifestano
con difficoltà e di rado.
56
Interventi di prevenzione in caso di rischio
biologico
57
INTERVENTI DI PROTEZIONE DELLAMBIENTE
disinfezione (es. UV, ossido di etilene, formaldeide etc.) disinfestazione corretto funzionamento del sistema di filtrazione dellaria corretto impiego dei sistemi di produzione
58
INTERVENTI DI PROTEZIONE DEL PERSONALE
mascherine,guanti cabine indumenti monouso cappe a flusso laminare docce ed altri sistemi di lavaggio e disinfezione corretto impiego delle apparecchiature e strumentazioni di laboratorio propipette e pipettatrici automatiche
59
Le misure di sicurezza in caso di rischio
biologico
  • organizzazione del lavoro
  • segnaletica di sicurezza
  •  formazione-informazione
  • ambienti in depressione
  •  aria filtrata su filtri ad alta efficienza di
    decontaminazione e ricambio

60
  • sterilizzazione delle gabbie in caso di
    sperimentazione in vivo
  • trattamento dei rifiuti.

61
ANTISEPSIDISINFEZIONESTERILIZZAZIONE
62
Antisepsi
  • Procedimento inteso a prevenire le infezioni
    distruggendo direttamente i germi patogeni, senza
    raggiungere il livello di sterilizzazione, ma
    senza danneggiare i tessuti dell'organismo o gli
    alimenti a cui l'antisepsi si applica.

63
  • Procedura di prevenzione delle infezioni, che
    tende a impedire la crescita dei microrganismi su
    cute, pelle, ferite o alimenti. Gli antisettici,
    in particolare, inattivano i microrganismi
    patogeni e saprofiti senza raggiungere il livello
    di disinfezione, ma senza danneggiare i tessuti o
    i prodotti alimentari

64
Disinfezione
  • Distruzione dei germi patogeni con mezzi chimici,
    fisici e meccanici.
  • La disinfezione chimica viene effettuata per
    mezzo di disinfettanti chimici organici o
    inorganici
  • la disinfezione fisica, con calore secco, aria
    calda, vapore acqueo, acqua bollente, raggi
    ultravioletti, radiazioni ionizzanti ecc.

65
  • la disinfezione meccanica, mediante filtri che
    trattengono i microbi (per esempio, la
    potabilizzazione dell'acqua).

66
  • La disinfezione, inoltre, agisce in modi diversi
    sui batteri uccidendoli (azione battericida) o
    sospendendone l'attività vitale (azione
    batteriostatica).

67
  • La disinfezione dei virus è invece più complessa
    in conseguenza della mancanza nella loro
    struttura delle componenti-bersaglio tipiche dei
    batteri (parete cellulare, enzimi, membrana), il
    che rende necessario sovente aumentare le dosi di
    disinfettante.

68
La scelta fra i vari disinfettanti disponibili va
fatta tenendo presente che
Scelta dei disinfettanti
69
  • Le basse temperature rallentano l'effetto
    disinfettante --gt tempi di trattamento più lunghi
    e concentrazioni più alte.

70
  • I disinfettanti vanno impiegati alle
    concentrazioni ottimali. Se sono troppo alte si
    peggiora la risciacquabilità e si aumenta il
    pericolo di corrosione. Se sono troppo basse si
    rischia di indurre nel microrganismo il fenomeno
    dell'adattamento.

71
3. Le sostanze organiche ed i sali dell'acqua
di solito peggiorano l'azione dei disinfettanti.

72
  • 4. Le alte temperature favoriscono l'azione
    d'alcuni disinfettanti, ma provocano un aumento
    del potere corrosivo di altri.

73
  • 5. La combinazione di due o più disinfettanti
    non ha sempre un effetto sinergico alle volte è
    anzi negativa.

74
  • Per "tattica della disinfezione" s'intende la
    scelta ottimale dei parametri d'azione
  • tipo,
  • concentrazione,
  • tempo di trattamento in relazione alla conta
    batterica

75
  • L'efficacia della disinfezione dipende
  • dalla conta batterica,
  • dalla presenza di sostanze organiche,
  • dalla natura della superficie da trattare (pori,
    microfessure)

76
Il cloro attivo è sempre impiegato a pH 11- 12 ed
agisce ossidativamente. Le sue caratteristiche
fondamentali sono
Disinfettanti Alcalini
77
  • 1. è efficace contro tutti i microrganismi, che
    non possono adattarvisi sviluppando resistenza
  •  2. è sensibile a residui organici
  •  3. è corrosivo nei confronti dell'acciaio inox
  • (--gt tempi di contatto brevi)

78
  • 4. non è conservabile fra un utilizzo ed il
    prossimo (il cloro si libera)
  • 5. può essere impiegato solo fino a
    temperature di 40 C in ambiente acido si libera
    in forma gassosa
  • (--gtpericolo d'avvelenamento) dunque vanno
    assolutamente evitati i valori pH inferiori a 9.

79
La formaldeide non è più impiegata, perché
sospetta di cancerogenicità, e si preferiscono
altre aldeidi che hanno le seguenti
caratteristiche
Disinfettanti neutri
80
  • 1. non sono corrosive
  • 2. sono facilmente stoccabili fra un utilizzo ed
    il prossimo
  • 3. se non ben risciacquate possono provocare
    intorbidamenti nella birra
  • 4. non sono molto efficaci contro le spore.

81
Disinfettanti Acidi
  • L'acido peracetico ha caratteristiche simili a
    quelle dell'acqua ossigenata, insieme alla quale
    è spesso utilizzato. L'acido peracetico
    stabilizzato ed acidificato (con un acido
    organico) è meglio stoccabile (fra un utilizzo ed
    il prossimo) ed è utilizzabile con l'ausilio di
    conduttometri.

82
  • Gli jodofori sono composti da jodio elementare
    disciolto in un acido inorganico forte in
    presenza di un solvente organico.

83
Le loro caratteristiche principali sono
  • buon effetto disinfettante
  • Fortemente corrosivi nei confronti dell'acciaio
    inox
  • non idonei per tempi di contatto lunghi
  • impiegabili solo a freddo.

84
I derivati alogenati dell'acido acetico (acido
monoclor, monobrom e monoiodacetico) vanno
formulati con aggiunta d'acido solforico o
fosforico e hanno un optimum di pH inferiore a 4.

85
  • Caratteristiche
  • ben stoccabili fra un utilizzo ed il prossimo
  • utilizzabili con ausilio di conduttometri
  • relativamente ben risciacquabili (eventuali
    residui hanno azione antifermentativa e sono
    visti con sospetto dalle Autorità)
  • il concentrato è tossico.

86
DISINFEZIONE CON SPRUZZATURA E POMPAGGIO IN
CIRCOLO
  • Nei serbatoi contenenti dispositivi CIP i
    disinfettanti sono utilizzati come i detersivi.
    La durata della disinfezione corrisponde a quella
    del pompaggio in circolo (p. es. 30 minuti).
  • Dopo il risciacquo nel serbatoi possono formarsi
    degli aerosol --gt corrosioni.

87
  • Nei circuiti di tubazioni si deve assicurare
    che tutti i punti siano toccati dal disinfettante
    (pezzi a T, attacchi, eccetera possono essere
    difficilmente raggiungibili).

88
DISINFEZIONE FERMA (A CONTATTO)
  • Per questo tipo di disinfezione si possono
    utilizzare solo prodotti che non degradano nel
    tempo (perdendo efficacia al diminuire della
    concentrazione) e che non abbiano effetti
    corrosivi sul materiali.

89
  • Per esempio riempiendo di soluzione
    disinfettante i circuiti delle condutture o i
    piccoli serbatoi non equipaggiati per il CIP e
    lasciandoli pieni per tutto il fine settimana,
    oppure immergendo la rubinetteria o i tubi di
    gomma nella soluzione disinfettante nelle
    apposite vasche.

90
  • E' indispensabile rinnovare settimanalmente il
    contenuto delle vasche.

91
CONTROLLO DELL'EFFETTO DELLA DISINFEZIONE
  • Si prelevano campioni dell'ultima acqua di
    risciacquo o tamponi delle superfici trattate nel
    punti più critici (p. es. le guarnizioni).

92
  • Si filtrano a membrana i campioni d'acqua avendo
    cura di "sciacquare" la membrana con soluzione di
    Ringer addizionata di Tween 80, allo scopo di
    rimuovere eventuali tracce di disinfettanti, che
    falserebbero i risultati.

93
  • Le membrane ed i tamponi vanno incubati su/in
    idonei terreni colturali, controllando in
    parallelo anche l'acqua di rubinetto.

94
Sterilizzazione
  • Processo, fisico o chimico, mediante il quale
    ogni forma microbica, sia essa patogena o
    saprofita, viene distrutta. Può essere praticato
    su strumenti, indumenti, cibi, liquidi di
    coltura, medicine, e ha il compito di renderli
    asettici.

95
  • I metodi di sterilizzazione variano con la natura
    del mezzo da sterilizzare tra i più usati sono
    il calore, alcune sostanze chimiche, la luce
    ultravioletta

96
Dispositivi di protezione Individuali DPI
  1. Parte generale
  2. Maschere
  3. Altri presidi
  4. Protezione nelle procedure a rischio di produrre
    aerosol

97
Principi di scelta e utilizzo dei Presidi
Individuali di protezione (DPI)Riferimenti
normativi
  • D.Lgs 626/94
  • Art. 42 Requisiti dei DPI
  • Art. 43 Obblighi dei datori di lavoro
  • Art. 44 Obblighi per i lavoratori
  • Art. 45 Criteri per lindividuazione e luso

98
D.Lgs 475/92 (S.O. G.U. 289 9/12/92)
  • Attuazione della direttiva 89/686/CEE del
    Consiglio del 21 dicembre 1989, in materia di
    ravvicinamento delle legislazioni degli Stati
    membri relative ai dispositivi di protezione
    individuale.
  • (Aggiornato da D.Lgs. 2 gen 1997, n. 10)

99
D.Lgs 475/92
  • 1a categoria DPI di progettazione semplice,
    destinati a proteggere da azioni lesive di lieve
    entità
  • (es.occhiali da sole ecc.)
  • 2a categoria DPI che non rientrano nelle altre
    due categorie (quasi tutti i DPI per la
    protezione durante il lavoro)

100
  • 3a categoria DPI di progettazione complessa
    destinati a salvaguardare i rischi di morte o
    lesioni gravi di carattere permanente
    (radiazioni ionizzanti, aerosol e gas irritativi
    e nocivi, tensioni elettriche pericolose,
    cadute dallalto, ecc.)

101
  • Deve presupporsi che la persona che usa il DPI
    non abbia la possibilità di percepire
    tempestivamente la verificazione istantanea di
    effetti lesivi.

102
  • deve presupporsi che la persona che usa il DPI
    non abbia la possibilità di percepire
    tempestivamente la verificazione istantanea di
    effetti lesivi.

103
Scelta dei DPI le migliori opportunità di
prevenzione (1)
  • Individuazione delle più opportune procedure
    complessive di protezione e di buona pratica
    clinico assistenziale e non solo dei DPI di
    maggiore efficacia protettiva (es. FFP3 vs FFP2),
    che peraltro potrebbe rappresentare una sicurezza
    fuorviante.

104
  • Per definire le procedure complessive di
    protezione si devono tenere in considerazione
    anche altri elementi importanti (complessità
    gestionale, possibilità di reale attuazione della
    procedura da parte degli operatori, reale
    efficacia sul campo della procedura e non solo
    del dispositivo , ecc.).

105
Scelta dei DPI (2)
CColoro che prestano assistenza diretta ad un
caso sospetto o probabile di SARS devono di base
indossare guanti, camice a maniche lunghe,
maschera FFP2 e, quando il paziente non indossa
una mascherina chirurgica, anche occhiali di
protezione.
106
  • In questo gruppo rientrano le persone che
    assistono i pazienti a domicilio, gli operatori
    che visitano un paziente in ambulatorio, in
    Pronto soccorso, a domicilio, in ospedale, gli
    operatori addetti al trasporto

107
Scelta dei DPI (3)
Coloro che, oltre a prestare assistenza diretta,
effettuano più specificamente procedure in grado
di generare schizzi di sangue o altri liquidi
biologici, devono anche indossare sovrascarpe e
un copricapo e, può essere opportuno, un
grembiule impermeabile
108
  • Coloro che eseguono procedure a rischio di
    generare aerosol devono utilizzare maschere di
    efficienza filtrante superiore (FFP3).

109
Mascherina chirurgica
110
Filtrante respiratorio FFP
111
Facciale con filtri
112
(No Transcript)
113
(No Transcript)
114
Pieno facciale
115
PAPR powered air-purifying respirators.
116
Respiratori ad ancora maggiore capacità di
protezione
HEPA filter High Efficiency Particulate Air.
those with an efficiency of 99.99 or greater
at a 0.3 micron most penetrating particle size
are used.
117
  • ULPA filter Ultra Low Penetration Air.
  • a minimum of 99.999 efficiency at a 0.12 micron
    most penetrating particle size.

118
Requisiti dei facciali filtranti secondo la norma
NIOSH standard (42 CFR 84)
N for Not resistant to oil,R for Resistant to
oilP for oil Proof
119
  • Il materiale filtrante deve essere testato per
    la penetrazione di particelle di diametro 0.3 µ
    ad un flusso di 85 L/minuto

120
  • Type 100 (99.7 efficient),
  • Type 99 (99 efficient),
  • Type 95 (95 efficient)
  • Passaggio esterno dell'aria inspirata (perdita di
    tenuta) lt10 in condizioni d'uso

121
Penetrabilità attraverso bordi, valvola, ecc
alla prova con cloruro di sodio per particelle
0,02-2 micron
122
EN 149 2001 sostituisce EN 149 1991.
  • EN 1492001
  • FFP1
  • FFP2
  • FFP3
  • EN 149 1991
  • FFP1
  • FFP2 S
  • FFP2 SL
  • FFP3 S
  • FFP3 SL

S cloruro di sodio --- L paraffina
123
Requisiti dei Dispositivi Individuali di
Protezione Respiratoria per TBCDC 1994
Poichè laerosol biologico potenzialmente
contenente Mycobacterium tuberculosis è di
grandezza compresa tra 1 e 3 µ , i filtranti
N95/FFP2 sono considerati sufficienti e
raccomandati
124
  • Capacità di filtrare particelle di diametro 1
    micron con efficienza gt 95
  • Passaggio esterno dellaria inspirata lt 10 in
    condizioni duso
  • Disponibilità di almeno tre taglie differenti per
    garantire un buon adattamento al viso

125
Ministero della sanità Commissione nazionale per
la lotta contro lAIDSLinee guida per la
prevenzione del contagio tubercolare nei pazienti
con infezione da HIVOttobre 1994
126
  • Un livello minimo accettabile di protezione
    potrebbe essere ottenuto con lutilizzo dei
    facciali filtranti per particelle di classe FFP2

127
  • Dispositivi di classe FFP3 SL potrebbero essere
    utilizzati dal personale che esegue broncoscopie
    o induzione dellespettorato

128
 
Effectiveness of precautions against droplets and
contact nosocomial in prevention of transmission
of SARS Protective measures reported by infected
and non-infected staff
Seto et al. Lancet 3 may 2003
 
129
(No Transcript)
130
  • Lutilizzatore di un apparecchio di protezione
    delle vie respiratorie
  • deve ricevere un corso di addestramento
    obbligatorio suddiviso in parte teorica e
    pratica. La parte pratica prevede lindossamento
    del dispositivo e la prova di tenuta.

131
(No Transcript)
132
Guanti Norme tecniche
Guanti EN 3741994 Guanti di protezione
contro prodotti chimici e microorganismi.
Determinazione della resistenza alla penetrazione
133
  • Guanti monouso chirurgici e da esame

Marchio CE come DPI di III categoria ai sensi del
D.Lgs. 475 del 04.12.1992 con riferimento alla
norma tecnica EN 374 inerente la protezione
contro microrganismi di classe 3 (come da
allegato XI del D.Lgs. 626/94).
134
  • resistenti alla penetrazione di microrganismi di
    classe III
  • massima protezione ed impermeabilità
  • massima libertà di movimento
  • massima sensibilità tattile
  • taglie adeguate e numero sufficiente

bacteriofago phi X174
135
Protezione degli occhi
La congiuntiva è suscettibile allingresso di
microrganismi le mani contaminate rappresentano
il veicolo più frequente di introduzione di
infezioni attraverso la congiuntiva.
136
  • Gli occhiali protettivi devono essere indossati
    tutte le volte che si è a contatto ravvicinato
    con un caso di SARS o si entra nella stanza di
    isolamento in cui si trovi un caso di SARS, anche
    senza avvicinarsi a lui, quando il paziente non
    indossa una maschera chirurgica in grado di
    ridurre la disseminazione di virus nellambiente.

137
  • Questi DPI devono essere assolutamente
    indossati quando si eseguono manovre
    assistenziali in grado di generare aerosol o di
    generare diffusione o schizzi di liquidi corporei
    e puliti tramite detersione/disinfezione prima
    del loro riutilizzo se previsto.

138
Protezione degli occhi
  • Occhiali con protezione laterale e frontale
  • Marcatura CE
  • DPI per la protezione da spruzzi di liquidi
    marcatura e norma EN 166
  • Classe ottica 2

139
  • Lenti antigraffio, antiriflesso, antiappannamento
    e resistente al lavaggio con disinfettanti
  • Aste regolabili in lunghezza
  • Protezioni laterali e frontali

140
Grembiule e camice
Quando si entra nella stanza di un paziente con
SARS bisogna indossare un camice a maniche lunghe
o un camice da laboratorio, che devono essere
rimossi quando si lascia la stanza.  
.
141
  • Quando si devono eseguire procedure in grado di
    generare schizzi di sangue o altri liquidi
    biologici è opportuno indossare un grembiule
    impermeabile che protegga il camice dal bagnarsi.

142
  • I camici è opportuno che siano
  • a maniche lunghe con estremità che aderiscono ai
    polsi e lunghi al di sotto del ginocchio
  • in alternativa si può utilizzare una tuta intera
    a maniche lunghe.

143
  • I camici devono essere monouso, possedere una
    marcatura CE per la protezione da agenti
    biologici ai sensi del D. Lgs 475/92 ed essere
    classificati in terza categoria (deve essere
    stata emessa una certificazione CE
    dallOrganismo Notificato per il Produttore che
    attesti la marcatura CE come DPI in III categoria
    e la protezione da agenti biologici).

144
Copricapo e Sovrascarpe
Oltre alle altre misure di barriera in via
precauzionale può essere opportuno indossare un
copricapo e le sovrascarpe nellassistenza
ravvicinata ad un paziente con SARS soprattutto
se il malato tossisce molto o si devono attuare
misure che possono provocare spruzzi in modo da
ridurre il rischio di ricontaminare le mani
toccando i capelli o le scarpe o di contaminare
lambiente esterno alla stanza di isolamento.  
.
145
Precauzioni per non contaminarsi al momento della
rimozione dei DPI
I DPI devono essere tolti ed eliminati in modo da
non consentire la trasmissione del virus della
SARS a chi li indossava è essenziale, infatti,
ad impedire la ricontaminazione di vestiti o
delle mani delloperatore. I guanti sono
verosimilmente pesantemente contaminati e devono
essere rimossi per primi.
146
  • Anche gli altri DPI sono potenzialmente
    contaminati, soprattutto se il paziente tossiva e
    toccandoli il virus può essere introdotto
    allinterno dellorganismo attraverso lesioni di
    continuità della cute o per contatto con le
    mucose.

147
Sequenza raccomandata di rimozione dei DPI
1.rimozione dei guanti arrotolandoli dal
polso, senza toccare la cute 2.rimozione del
camice facendo attenzione a piegarlo con
allinterno la parte esterna contaminata,
smaltirlo in un cestino con coperchio 3.lavaggio
delle mani
148
  • 4. rimozione degli occhiali protettivi o della
    visiera
  • 5. rimozione della maschera/respiratore facendo
    attenzione a toccare solo le stringhe e non la
    superficie contaminata, smaltirlo in un cestino
    con coperchio
  • 6. lavaggio delle mani

149
Protezione nelle procedure a rischio di indurre
la tosse o determinare dispersione per via aerea
  • Limitare le occasioni di esposizione a procedure
    che generano aerosol.
  • Eseguire procedure che generano aerosol in
    isolamento respiratorio.
  • Utilizzo di filtri sulle valvole di uscita della
    ventilazione.
  • Utilizzo di DPI e maschere FFP3

150
Limitare le occasioni di esposizione
Limitare il ricorso a procedure che generano
aerosol ai casi strettamente necessari
Somministrare sedativi durante lintubazione e
la broncoscopia per minimizzare la resistenza e
la tosse durante queste procedure. Limitare il
numero di operatori sanitari presenti nella stanza
151
Utilizzo di DPI
In aggiunta ai DPI previsti ( camice, guanti
e occhiali di protezione) considerare protezione
per il collo (tuta o cappuccio) non è nota se sia
utile
152
  • Per la protezione respiratoria si possono
    considerare le seguenti opzioni
  • Filtranti facciali monouso FFP3
  • Respiratori ad aria filtrata a pressione
    positiva intermittente (in inglese Powered Air
    Purified Respirator System-PAPRS) oppure
    Respiratori non-powered (non vi sono prove di
    maggiore utilità).

153
Altre misure di controllo specifiche riportate
nel documento
  • Terapia intensiva
  • Radiologia
  • Odontoiatria
  • Laboratorio
  • Autopsia

154
Conclusioni
  • Nella SARS devono essere utilizzati i DPI utili a
    prevenire malattie simili per modalità di
    trasmissione e infettività come la TUBERCOLOSI
  • Maschere FFP2
  • Guanti, occhiali e camice
  • Maschere FFP3 per protezione procedure ad alto
    rischio

155
INFEZIONI OCCUPAZIONALI MALATTIE NOSOCOMIALI
Infezioni degli Operatori Sanitari
156
INFEZIONE NOSOCOMIALE
  • È uninfezione acquisita sul luogo di lavoro
    (corsia di ospedale, laboratorio, sala
    operatoria, ecc.)
  • È risultante dalla stessa attività lavorativa.

157
PREVENZIONE
  • TUTTE LE CATEGORIE IN CAMPO SANITARIO

158
IN OSPEDALE
  • Concentrazione di soggetti infetti
  • Materiali contaminati

159
  • Elevata
  • frequenza di esposizione degli
  • ADDETTI AI LAVORI

160
PREVENZIONE DA INFEZIONI NOSOCOMIALI
Osservanza di norme e Precauzioni standardizzate
161
PREVENZIONE DA INFEZIONI NOSOCOMIALI
PRIMA AZIONE DI PROFILASSI
INFORMAZIONE E FORMAZIONE DEL PERSONALE SANITARIO
162
CRITERIO DI INDAGINE
  • INFEZIONE IN OPERATORE SANITARIO
  • Da ambiente OSPEDALIERO
  • Da altro ambiente

163
CRITERIO DI INDAGINE
  • GERME MOLTO RARO IN COMUNITA
  • ALTA DI
  • INFEZIONE NOSOCOMIALE

164
CRITERIO DI INDAGINE
  • GERME PRESENTE SIA IN AMBIENTE OSPEDALIERO CHE IN
    COMUNITA
  • IPOTESI DI CONTAGIO COLLEGATE AD EVENTI
    ACCIDENTALI E NON

165
  • PUNTURA ACCIDENTALE
  • CONTAMINAZIONE DI CUTE E MUCOSE
  • CONTAMINAZ.NE AMBIENTALE
  • CONTATTO CON PAZIENTI CHE PRESENTANO STESSA
    PATOLOGIA INFETTIVA
  • ECC.

166
CRITERIO DI INDAGINE
  • MALATTIE A LUNGO PERIODO DI INCUBAZIONE
  • (Epatite B, C, AIDS, Brucellosi, ecc.)
  • MOLTO DIFFICILE STABILIRE DOVE E AVVENUTO IL
    CONTAGIO

167
ANALISI DEGLI EVENTI ACCIDENTALI
  • IL RISCHIO INFETTIVO
  • VARIA DA REPARTO A REPARTO

168
  • Prevalenza di soggetti infetti
  • Caratteristiche delle Procedure Diagnostiche
  • Caratteristiche delle Procedure Assistenziali

169
ANALISI DEGLI EVENTI ACCIDENTALI
  • IL RISCHIO INFETTIVO
  • VARIA DA AGENTE AD AGENTE

170
  • ALTO per varicella e morbillo
  • MEDIO per influenza, tubercolosi, pertosse,
    rosolia, epatite B, C
  • BASSO per infezione da HIV, HSV, salmonella

171
EPIDEMIOLOGIA
  • OPERATORI DI LABORATORIO
  • meno casi di infezione
  • OPERATORI DI REPARTI DI DIAGNOSI E CURA
  • più casi di infezione

172
Indagine di Sulkin e Pike 1951(su 5.000
laboratori USA)
  • 1976 1978
  • . Infez. di laborat. 3.921 4.079
  • . Decessi 174 168
  • (4,5) (4,1)

173
155 microrganismi coinvolti
  • 37 BATTERI
  • 90 VIRUS
  • 3 CLAMIDIE
  • 9 MICETI
  • 16 PARASSITI

174
Indagine di Harrington e Shannon 1976(su 24.000
lavoratori c/o laboratori della Gran Bretagna)
  • Su circa 21.600 risposte, vi fu segnalato che
    negli anni 1971 1973 vi furono

175
  • 45 casi di SHIGELLOSI
  • 38 EPATITI
  • 21 TUBERCOLOSI
  • 1 BRUCELLOSI
  • (ovviamente non è stato possibile dimostrare se
    sono tutte derivanti da infezioni nosocomiali)

176
IN ITALIA
  • Nel 1988 lAMCLI ha condotto indagine sulla
    Sicurezza nei Laboratori su 1.500 campioni

La risposta è stata del 19,5
46 biologi
51 medici
177
  • 14 casi di EPATITE
  • (9,3 per mille 4 volte più grande del dato
    riferito alla popolazione, 2,3 per mille, nello
    stesso periodo)
  • 9 BRUCELLOSI

178
INFEZIONI DA VIRUS EPATICI
IL RISPETTO DELLE PRECAUZIONI UNIVERSALI Per
Sangue ed altri Liquidi biologici
  • È la più efficace misura di precauzione delle
    infezioni trasmesse per via ematica

179
SITUAZIONI DI PERICOLO
  • Aghi che non devono mai essere reincappucciati
  • Barriere protettive
  • (es. guanti da eliminare se lacerati, ecc.)

180
  • PER LEPATITE B DA ALCUNI ANNI VI E LA
    VACCINAZIONE
  • (Al personale ospedaliero è fornita
    gratuitamente)

181
CONTROLLO DELLINFEZIONE TUBERCOLARE
  • Tendenza ad evitare periodiche radiografie al
    torace
  • Test cutaneo una o due allanno

182
CONTROLLO DELLINFEZIONE TUBERCOLARE
  • Il controllo dellinfezione aerodiffusa
  • Pazienti isolati (camera singola)
  • I bacilli tubercolari possono restare nellaria
    anche per diverse ore.

183
MISURE DI PROTEZIONE
  • Mascherine (non proteggono al 100)
  • Adeguato rifornimento daria con elevato
    ricambio
  • Cabine di sicurezza nei laboratori
  • D.P.I. (guanti, ecc.) lavaggio mani in sala
    autoptica

184
MISURE DI PROTEZIONE
  • Pulizia delle superfici di lavoro (ipoclorito di
    sodio o altro composto del cloro)
  • Decontaminazione, pulizia e disinfezione ad alto
    livello degli strumenti di lavoro
  • Procedure in caso di contaminazione occhi e cute.

185
CONTROLLO DELLE INFEZIONI OCCUPAZIONALI
CONOSCENZA e LIVELLO del RISCHIO INFETTIVO
  • ATTUAZIONE DELLE ADEGUATE MISURE DI CONTROLLO

186
CONTROLLO DELLE INFEZIONI OCCUPAZIONALI
PROCEDURE e PROGRAMMI di INTERVENTO
Per ogni tipologia di infezione nosocomiale
FORMAZIONE e INFORMAZIONE del
PERSONALE OSPEDALIERO
187
CONTROLLO DELLE INFEZIONI OCCUPAZIONALI
PROGRAMMI AD HOC PER
  • Infezioni da HIV
  • Epatite virale
  • Rosolia (per lavoratrici in gravidanza)
  • Febbri emorragiche

188
TRASMISSIONI NOSOCOMIALI
  • (da VIRUS epatici)
  • TRASFUSIONE DI SANGUE
  • INFUSIONE DI EMODERIVATI INFETTI

189
RIMEDI PER RIDURRE IL FENOMENO
  • Maggiori controlli
  • Trattamenti particolari degli emoderivati
  • Selezione dei donatori di sangue
  • Screening delle unità di sangue per HBV e HCV.

190
AREE AD ALTO RISCHIO DI TRASMISSIONE
  • Centri di Emodialisi e ematologia
  • Reparti chirurgici
  • Servizi endoscopici
  • Studi odontoiatrici

191
TRASMISSIONI NOSOCOMIALI
IL PIU IMPORTANTE FATTORE DI RISCHIO
  • MANCATO RISPETTO DELLE
  • MISURE DI CONTROLLO

192
FATTORI DI RISCHIO
  • Inosservanza di precauzioni standard
  • . Utilizzo di materiale monouso
  • . Lavaggio delle mani
  • . Uso dei guanti
  • Inadeguata decontaminaz. Strumenti
  • Inadeguata disinfezione
  • Inadeguata sterilizzazione
  • Non applicazione di Procedure

193
REPARTI AD ALTO RISCHIO DI INFEZIONI NOSOCOMIALI
  • Centri i rianimazione
  • Centri per immaturi
  • Reparti neonatologia
  • Centri di emodialisi
  • Centri per grandi ustionati
  • Centri di chirurgia generale

194
REPARTI AD ALTO RISCHIO DI INFEZIONI NOSOCOMIALI
  • Reparti malattie infettive
  • Centri per la cura dei tumori
  • Ostetricia
  • Reparti di neurochirurgia
  • Reparti di cardiochirurgia
  • Reparti di traumatologia
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