Title: Una definizione universalmente accettata del rapporto fra le amministrazioni pubbliche e le politiche economiche non esiste.
1Le politiche economiche
Una definizione universalmente accettata del
rapporto fra le amministrazioni pubbliche e le
politiche economiche non esiste. Possiamo
partire da una considerazione di fondo una
buona amministrazione pubblica deve porsi quale
strumento di sviluppo nellambito della politica
economica di un Paese.
2Le politiche economiche
- Quando in Italia si parla di politiche
economiche, si tende a suddividere la scienza
economica sottostante in due rami -
- un ramo positivo (leconomia politica)
- un ramo normativo (la politica economica)
- Leconomia politica studia il funzionamento
concreto del sistema economico o di uno specifico
operatore - La politica economica studia gli strumenti con i
quali lazione pubblica può raggiungere
determinati obiettivi.
3La storia del pensiero economico
La storia reale del pensiero economico fornisce
ampie prove del condizionamento storico delle
amministrazioni pubbliche. Poiché leconomia è
una scienza applicata, strettamente legata ai
giudizi sui sistemi e sulle politiche reali, la
cosa non deve apparire sorprendente sarebbe
piuttosto sorprendente il contrario, ovvero la
totale assenza di tracce tra le teorie
economiche, i condizionamenti sociali e
levoluzione delle amministrazioni pubbliche.
4Le determinanti del Funzionamento delle A. P.
- In dottrina, il sistema istituzionale, politico e
aziendale, può essere definito come linsieme
delle regole tramite cui si persegue un
equilibrio di diritti - doveri dei comportamenti
sia tramite cui si persegue un equilibrio tra
valori della società e scelte finalizzate a
consentire la piena espressione di tali valori e
tramite cui si realizzano forme di composizione,
mediazione, contemperamento, convivenza di valori
e culture diverse sia tramite cui si persegue un
equilibrio tra bisogni e risorse limitate
rispetto agli stessi, tra domanda e offerta di
beni.
5I condizionamenti delle teorie economiche
6Seguele determinanti delle A. P.
7Seguele determinanti delle A. P.
- Lanalisi combinata del sistema economico,
sociale e territoriale, determina linsieme delle
variabili che - caratterizzano, contraddistinguono e condizionano
in termini di bisogni, aspettative, priorità,
risorse disponibili e attivabili, il
comportamento delle amministrazioni pubbliche - grazie alla sana contaminazione con il sistema
aziendale, incidono sulle scelte del sistema
politico e istituzionale nella formulazione delle
proposte di cambiamento, di governo e sviluppo
del territorio.
8LE TEORIE ECONOMICHE
CONTESTO TERRITORIALE DI RIFERIMENTO
PERIODO STORICO DI RIFERIMENTO
DEFINIZONE DEL RUOLO DELLATTORE PUBBLICO
9ADAM SMITH - XVIII SECOLO
Pone le basi delleconomia politica partendo
dalla considerazione che ogni ricchezza è
prodotta dal lavoro e che ogni individuo è il
miglior giudice del proprio interesse. Elabora la
teoria della mano invisibile, secondo cui,
attraverso il meccanismo degli scambi, gli
interessi dei differenti individui e quindi
della società in quanto somma di individui, sono
realizzati con la massima efficienza.
10Smith
Se ciascun soggetto è libero di decidere il suo
comportamento, se a ciascuna merce si applica il
medesimo prezzo (operando in un mercato
concorrenziale), ogni individuo troverà limpiego
più vantaggioso per il capitale di cui dispone e,
pur perseguendo esclusivamente il proprio
interesse, egli, spinto da una mano invisibile,
accrescerà contemporaneamente il benessere
collettivo.
11Smith
Pertanto, se il mercato, lasciato libero da
impedimenti e costrizioni, è in grado di
raggiungere risultati positivi per lintera
società, diviene compito dello Stato e quindi
delle amministrazioni pubbliche, quello di
giocare un ruolo il più possibile neutrale in
campo economico.
12Smith
In Adam Smith, cè la consapevolezza che lo
Stato ha il compito di assicurare i servizi
pubblici essenziali allo sviluppo della società
(giustizia, difesa, sanità, opere pubbliche) che
non potrebbero essere affidati ai privati poiché
questi non sarebbero in grado di porvi mano o per
mancanza di mezzi o perché il profitto previsto
e troppo basso o alternativamente se troppo alto
provocherebbe scompensi daltro tipo.
13Smith
Con Smith nasce il liberismo economico e vi sono
gli embrioni dei primi condizionamenti tra teorie
economiche e funzionamento della pubblica
amministrazione
14DAVID RICARDO - XVIII-XIX SECOLO
Ricardo approfondisce per primo un tema che
sarebbe divenuto di grande attualità il
problema della scelta tra finanziamento della
spesa pubblica con imposta straordinaria o con
debito pubblico Egli non ha mai concordato con
quanti hanno ritenuto che a causa degli interessi
dovuti sul capitale da rimborsare, il ricorso
allindebitamento trasferisce lonere della spesa
pubblica sulle generazioni future.
15Ricardo
Secondo le sue teorie, in caso di ricorso al
debito, solo il capitale viene sottratto alla
ricchezza produttiva della nazione e non gli
interessi negli anni successivi allemissione
del prestito, infatti, vi saranno da un lato
persone tenute a pagare tributi per gli interessi
e dallaltro, individui che riceveranno il
pagamento di tali interessi (i detentori del
debito pubblico).
16Ricardo
In definitiva, per Ricardo le generazioni future
non sopportano alcun onere aggiuntivo
indubbiamente, le sue teorie hanno influenzato le
amministrazioni pubbliche del tempo.
17Ricardo
Egli aggiunge inoltre che per la generazione
presente imposta straordinaria e debito pubblico
sono equivalenti perché nel primo caso la
collettività sopporta la spesa nel momento in cui
limposta è istituita nel secondo caso, invece,
la pubblica amministrazione dovrà aumentare le
imposte future per pagare gli interessi del
debito.
18JOHN STUART MILL XIX SECOLO
Mill, mitiga il rigore di Smith e le sue
drastiche concezioni sulla necessaria neutralità
dellattività finanziaria pubblica, ipotizzando
la possibilità di un intervento pubblico nei casi
in cui tale attività fosse in grado di migliorare
le condizioni sociali della collettività.
19Mill
Con Mill si cominciano ad approfondire i legami
tra lattività finanziaria e lattività
economica. Mill è stato anche il primo
economista a dare basi solide teoriche alla
cosiddetta teoria del sacrificio uguale, in
base al quale il sacrificio che ogni contribuente
deve affrontare per il pagamento delle imposte
deve risultare proporzionale per tutti.
20Mill
Si ha così uguaglianza di carico tributario
quando i tributi imposti determinano ai
contribuenti un eguale sacrificio. Il prelievo
tributario, effettuato in relazione al principio
di decrescenza di utilità economica della
ricchezza, per Mill deve pesare sui più abbienti.
In tal modo, oltre a ripartire equamente le
imposte, si addossa alla collettività il minor
sacrificio possibile.
21Il Neoclassicismo
Alla fine del diciannovesimo secolo, il pensiero
economico classico viene letteralmente ripudiato
e anche se neoclassico sembra indicare una
certa affinità, le teorie hanno ben poco a che
vedere con Smith e Ricardo.
22Il Neoclassicismo
- Per i neoclassici, il valore di un prodotto non
è dovuto solo alla quantità di lavoro in esso
compreso, ma risiede anche nellutilità
attribuita dal consumatore allultima unità
acquistata. - La teoria finanziaria neoclassica concentra la
propria attenzione prevalentemente su due
problemi - lallocazione ottimale delle risorse
- la ripartizione del carico fiscale
23Il Neoclassicismo
Mentre la scuola neoclassica inglese concentra,
alla fine del diciannovesimo secolo, la propria
attenzione sulla ripartizione delle imposte, la
stessa teoria neoclassica, in altri paesi
dellEuropa continentale (come Italia e Francia),
conserva un approccio più ampio non scindendo mai
il problema delle imposte e quindi della
determinazione delle entrate da quello delle
spese il tutto incidendo pesantemente sulla
struttura dellamministrazione pubblica e sul suo
funzionamento.
24Il Neoclassicismo
La causa di tale diversità va ricercata nelle
differenti condizioni di sviluppo sociale ed
economico dei vari paesi europei in questo
determinato periodo storico. Mentre in
Inghilterra il processo di industrializzazione
della struttura economica può considerarsi
concluso agli inizi del 900, con il ruolo di
propulsione dello Stato ridotto al minimo, ...
25Il Neoclassicismo
in Italia lo Stato interviene nello stesso
periodo con vigore a difesa delle nascenti (e
molto deboli) industrie tutto avviene con un
aumento considerevole della spesa pubblica.
26Economia del Benessere - XIX-XX secolo
Arriviamo così alleconomia del benessere, quel
filone della teoria economica che valuta il
gradimento sociale di situazioni economiche
alternative. Leconomia del benessere, trae
origine da unopera delleconomista Pigou ma è
litaliano Pareto che la rende organica
definendone i criteri fondamentali lefficienza
e lequità Criteri che oggi, a distanza di un
secolo, ritroviamo su due livelli differenti e
con maggiore sofisticazione, nellanalisi della
determinazione, per lazienda pubblica, del
valore pubblico.
27ARTHUR PIGOU Ritiene che il benessere sociale
coincida con il reddito e pertanto con il
benessere economico, e il reddito così come ogni
altro bene economico, ha unutilità marginale
decrescente. Per tale motivo egli dice che una
politica redistributiva, che sposta il reddito
dalle fasce più ricche a quelle più povere della
popolazione, accresce inevitabilmente il
benessere sociale. Tutto questo a patto di non
ridurre il volume complessivo del reddito.
28VILFREDO PARETO Per Pareto è stato sufficiente
dimostrare che un sistema è efficiente se non è
possibile aumentare il benessere di un individuo
senza diminuire il benessere di qualcun altro.
29Pareto
- Egli fissa in tre condizioni lefficienza
- efficiente combinazione dei fattori produttivi,
- lottima combinazione del prodotto
- massima efficienza negli scambi.
- Con queste tre condizioni, la società raggiunge
la frontiera della possibilità, costituita dalle
infinite combinazioni che assicurano lefficiente
allocazione delle risorse disponibili.
30Pigou
I tentativi di Pigou non hanno trovato, nel
contesto storico ed economico di inizio
diciannovesimo secolo, il favore degli studiosi.
In particolar modo è stato contestata
limpossibilità di comparare le variazioni di
benessere tra persone diverse per tale motivo
ogni giudizio su una politica redistributiva non
può essere frutto che di un giudizio di valore.
31Say
Linfluenza maggiore sulla politica neoclassica
appartiene senza ombra di dubbio alleconomista
Say. La legge di Say afferma che lofferta di
beni crea la domanda e pertanto non può esserci
sovrapproduzione rispetto alla domanda per un
lungo periodo di tempo.
32Say
Secondo questa teoria, se su un mercato cè
uninsufficienza di domanda, è necessario
ammettere che su qualche altro mercato cè
uninsufficienza dellofferta.
33Say
Se la legge di Say è considerata accettabile,
non si può non dedurre che tutto quello che viene
prodotto è certamente venduto, a qualsiasi
livello complessivo di produzione. Sintende
pertanto che lazienda ha sempre interesse a
produrre al massimo della capacità del sistema
economico lunico limite potrebbe essere dato
dalla forza lavoro disponibile.
34CARLO MARX - XIX secolo
- Egli ha liquidato la legge di Say, affermando che
in un sistema capitalistico, la moneta non è solo
mezzo di scambio, ma anche capitale. - In un sistema di questo tipo, non tutta la moneta
riscossa viene spesa. - coloro che hanno redditi appena sufficienti ai
loro bisogni, utilizzano tutta la moneta
disponibile - coloro che invece hanno redditi elevati, non
spendono tutto subito ma risparmiano in attesa di
situazioni maggiormente vantaggiose. - Poiché gli imprenditori acquistano beni
strumentali quando ritengono ci sia convenienza,
ne consegue che non sempre si verifica la legge
di Say.
35Marx
Marx, variamente giudicato, criticato, al tempo
stesso osannato e detestato, rappresenta il primo
grande esempio di quanto una teoria economica
possa incidere sulla costruzione di nuove
politiche che a loro volta caratterizzano
lintero funzionamento del sistema economico,
privato e pubblico.
36Marx
Egli mostra lanalogia che esiste tra situazioni
in cui lappropriazione di plusvalore è sancita
politicamente o in cui è riconosciuta di fatto,
come nella forma capitalistica di sfruttamento
37Marx
Nel diciannovesimo secolo, per Marx, il problema
economico non consiste nel dimostrare
lappropriazione, bensì nel conciliarla con la
legge del valore nello spiegare, in altri
termini, come essa si verifichi nel regno della
concorrenza e della mano invisibile di Adam
Smith del secolo precedente, sino a quel momento
punto di riferimento del liberismo economico
38Marx
Verso la fine del secondo libro del capitale,
prima di affrontare la questione del prezzo e del
valore, Marx sviluppa il concetto delle due
principali sezioni della produzione sociale e
lanalisi dei loro rapporti. Lattenzione si
concentra in questa fase nella connessione con i
rapporti strutturali dello sviluppo economico.
39JOHN MAYNARD KEYNES - prima metà del XX secolo
Con Keynes si arriva ad ununica soluzione se
il mercato si dimostra incapace di raggiungere
autonomamente lequilibrio, occorre che lo Stato
svolga un ruolo più attivo nella vita
economica. In sostanza, per Keynes, la finanza
pubblica deve agire sul sistema economico
trasformandosi da semplice attività di raccolta
di denaro per affrontare la spesa, in unattività
di direzione politica e sociale. In
questaccezione (senza dubbio molto forte) si è
anche parlato di finanza funzionale come
strumento di programmazione e sviluppo.
40Keynes
Keynes ha pertanto ritenuto che la finanza
pubblica potesse eliminare gli squilibri
territoriali, correggere gli andamenti dei cicli
economici, incrementare il reddito nazionale,
mantenere in pieno regime occupazionale le varie
forme di produzione e infine prevedere le
esigenze delle generazioni future.
41Keynes
La tesi dominante di Keynes è che un deficit di
bilancio determina comunque effetti
espansionistici per il sistema economico, anche
se finanziato attraverso lindebitamento dello
Stato (ovviamente senza lemissione di carta
moneta addizionale che invece provocherebbe
effetti inflazionistici).
42Keynes
Nella visione degli economisti classici, la
politica di bilancio era semplicemente un mezzo
straordinario dintervento pubblico per i
keynesiani, diventa lo strumento permanente
dellattività finanziaria dello Stato. Il
meccanismo che per Keynes consente la regolazione
dei cicli economici è il moltiplicatore che
stimola il sistema economico in periodi di crisi
e rallenta lespansione nelle fasi di boom.
43Keynes
Nellimpostazione Keynesiana, lassenza di
investimenti privati in periodi di crisi
economica può essere compensata da un aumento
della spesa pubblica, che grazie alleffetto del
moltiplicatore, può stimolare una crescita
dellintero sistema economico del Paese.
44Keynes
- Nel modello di Keynes il reddito nazionale è
dato dalla somma di tre differenti componenti - la domanda di consumi indispensabili indicata con
Co - la domanda per consumi strettamente legata al
reddito indicata con cY - gli investimenti, influenzati dal tasso
dinteresse (i) e dalle aspettative degli
imprenditori (a), sono indicati con I(i,a). - Y Co cY I (i,a)
45Keynes
Se si indica con A la parte della domanda non
legata al reddito e quindi Co e I (i,a), si
potrebbe scrivere la formula precedente con Y
cY A, anche invertendo lequazione con Y-cY
A
46Keynes
La spesa pubblica è una componente della domanda
aggregata poiché risponde prevalentemente a
esigenze di carattere politico la conseguenza è
che un incremento della spesa, attraverso il
moltiplicatore, determina un aumento del reddito.
47Keynes
Per Keynes, la spesa non deve pertanto essere
finanziata con lemissione di carta moneta, al
fine di evitare effetti inflazionistici, ma solo
attraverso deficit spending, convertendo i
risparmi in investimenti oppure facendo ricorso
al tradizionale sistema della tassazione
riducendo però gli effetti del moltiplicatore.
48Keynes
Dopo lo shock petrolifero del 1973, anche le
teorie di Keynes sono apparse poco valide e in
alcuni casi assolutamente inadeguate. La
comparsa sullo scenario della stagflazione,
ovvero della contemporanea presenza di inflazione
e stagnazione ha, di fatto, determinato un
ripensamento delle nuove finalità dellintervento
pubblico.
49I MONETARISTI
La critica più dura alle teorie Keynesiane è
arrivata dalla cosiddetta scuola monetarista nata
a Chicago. Per i monetaristi, le grandezze
monetarie non influenzano le grandezze reali ed
il sistema economico è sempre in grado di
assicurare il pieno impiego dei fattori
produttivi.
50I MONETARISTI
Per molti, la teoria monetarista è una
riproposizione raffinata e meglio articolata
della teoria neoclassica. Lesponente di maggior
rilievo della scuola monetarista è sicuramente
Friedman, che a chiare lettere dice che
linflazione è sempre un fenomeno monetario.
Lunico obiettivo raggiungibile attraverso una
politica monetaria è quello del controllo
dellinflazione attraverso il controllo del tasso
di incremento annuo della quantità di moneta.
51I MONETARISTI
Per quanto concerne invece le politiche fiscali,
per i monetaristi, la spesa pubblica aumenta in
corrispondenza delle entrate fiscali disponibili
e pertanto, è opportuno intervenire con tagli
fiscali come mezzo di riduzione della spesa
pubblica.
52I MONETARISTI
Questo pensiero ha certamente influenzato
numerosi interventi di politica economica
soprattutto negli USA nel periodo
dellamministrazione Reagan (che ha proceduto a
una riduzione delle imposte ancor prima di
diminuire la spesa) e in Inghilterra durante i
governi Thatcher.
53I MONETARISTI
Anche il Fondo Monetario Internazionale ha spesso
imposto, negli anni 80 un maggior controllo
della politica monetaria e fiscale. Si può
tranquillamente asserire che lanalisi delle
esperienze dimostra come la politica monetaria
riduca certamente linflazione, producendo
facilmente recessione. Infatti, la riduzione
dellinflazione in Inghilterra nel periodo
1980-1985 e quella degli USA tra il 1981 e il
1986, sono state seguite da profondissime
recessioni.
54LA MACROECONOMIA CLASSICA
Negli anni 80 si sviluppa la nuova macroeconomia
classica, che riprende le tematiche portanti del
pensiero economico classico, inserendolo in un
contesto macroeconomico. Questa scuola che
annovera tra i maggiori esponenti Robert Lucas
negli Stati Uniti e Patrick Minford in
Inghilterra, porta alle estreme conseguenze le
idee dei monetaristi concentrando lattenzione su
due aspetti particolari del sistema economico
come la flessibilità dei salari e dei prezzi e il
ruolo delle aspettative razionali
nellinfluenzare loperato dei soggetti economici.
55LA MACROECONOMIA CLASSICA
Mentre i monetaristi ammettono che la
flessibilità dei prezzi e dei salari cè nel
lungo periodo ma nel breve è possibile avere una
situazione di squilibrio temporaneo, gli
economisti della macroeconomia classica negano la
possibilità che il sistema economico possa essere
in squilibrio anche nel breve periodo pertanto
ogni livello di disoccupazione che si realizza
nel sistema economico rappresenta un tasso di
disoccupazione di equilibrio o di disoccupazione
volontaria.
56LECONOMIA DELLOFFERTA
Sempre negli anni ottanta, cè stata una scuola
di pensiero che ha vissuto un momento di grande
notorietà. E la scuola che ha accomunato
diversi economisti (Laffer e Boskin tra tutti),
meglio conosciuta come ECONOMIA DELLOFFERTA.
57Economia dellofferta
- Lidea centrale è costituita dalla convinzione
che la crescita economica è determinata da
fattori reali e non monetari la crescita è
pertanto influenzata da fattori propri del
mercato come - la mobilità dei lavoratori,
- il tasso di crescita della popolazione,
- lutilizzo di unefficiente combinazione
- produttiva che impattano sul settore reale.
58Economia dellofferta
La supply side ha pertanto ripreso gli argomenti
del cosiddetto liberismo economico, affermando
che quando vi è il perfetto funzionamento del
mercato, cè una conseguente piena occupazione ed
una crescita del sistema.
59Economia dellofferta
Questa teoria è stata, come del resto è accaduto
anche alle altre, diffusamente e variamente
interpretata. Ed allora ci si è ritrovati con
casi differenziati da un lato casi con misure di
politica economica caratterizzate da immediata
riduzione del prelievo fiscale e vendita di
aziende dello stato, dallaltro interpretazioni
che hanno dimostrato che lobiettivo della
crescita non implica necessariamente la cessione
delle imprese pubbliche.
60LAZIENDA PUBBLICA
Lazienda pubblica, può infatti raggiungere
lobiettivo di una crescita del sistema economico
purché la sua esistenza sia coerente con le
trasformazioni del sistema e con le esigenze del
mercato.
61LAZIENDA PUBBLICA
- I sistemi economici condizionano le determinanti
del funzionamento delle amministrazioni
pubbliche - Le teorie economiche vivono in simbiosi con le
altre determinanti caratterizzanti un Sistema
Paese e ne subiscono a loro volta i
condizionamenti - Sin dalla nascita delle prime teorie, loggetto
di analisi, valutazione e critica è comunque
stato il comportamento del soggetto pubblico.
62LINTERVENTO PUBBLICO
Pur non mancando coloro che sottolineano come
lintervento pubblico comporti necessariamente
effetti negativi, è bene evidenziare che invece
lo scopo dellintervento pubblico nella vita
economica è semplicemente quello di accrescere il
benessere collettivo ed è su questo che va
valutata lazione pubblica e il funzionamento
delle amministrazioni.
63LINTERVENTO PUBBLICO
- E possibile riassumere le moderne teorie
politico-economiche dello Stato in tre principali
tipi di intervento pubblico nelleconomia - la redistribuzione dei prodotti
- la stabilizzazione macroeconomica
- la regolazione del mercato.
64LA REDISTRIBUZIONE
La redistribuzione include tutti i trasferimenti
di risorse da un gruppo di individui, di imprese,
di enti locali, regioni o Paesi verso altri
gruppi, altri territori, altri Paesi così come
anche lofferta di beni cosiddetti meritori,
quali listruzione primaria, le assicurazioni
sociali, i servizi sanitari e tanti altri beni
simili, sono parte integrante della
redistribuzione.
65LA STABILIZZAZIONE MACROECONOMICA
La stabilizzazione macroeconomica tenta di
raggiungere e sostenere livelli soddisfacenti di
crescita economica e e di occupazione gli
strumenti principali sono la politica fiscale e
quella monetaria, insieme con la politica del
mercato del lavoro e quella industriale.
66LA REGOLAZIONE DEL MERCATO
- Le politiche di regolazione del mercato sono
finalizzate alla correzione dei vari tipi di
fallimento del mercato come - gli effetti del monopolio,
- linformazione incompleta,
- le esternalità negative,
- linsufficiente offerta di beni pubblici e
- così via.
67LA PUBLIC CHOICE
Da questo punto di vista va sottolineata la
nascita e la crescita, nel mondo anglosassone,
della scuola delle cosiddette scelte pubbliche
conosciuta come PUBLIC CHOICE. Il punto chiave
della scuola di public choice è la convinzione
che tutti gli operatori politici operano come dei
soggetti economici
68LA PUBLIC CHOISE
Per tale impostazione, lelettore cerca sempre di
far fruttare al meglio la propria scelta
politica, così come il politico tenta di
massimizzare il consenso attraverso ladozione di
specifiche policies.
69LA PUBLIC CHOISE
- Lobiettivo più importante delle analisi di
public choice è lo studio dei comportamenti degli
operatori coinvolti a vario titolo
nellassunzione di determinate scelte politiche e
della loro influenza sui diversi livelli
finanziari (entrate e spese) dello Stato. - I soggetti sono ovviamente
- i gruppi di pressione
- le imprese, i sindacati
- la burocrazia
- i politici
- gli stessi elettori
70LA PUBLIC CHOISE
Questa impostazione in qualche modo cambia ancora
limpostazione di tipo Keynesiano che vede lo
Stato come soggetto che opera al fine di
massimizzare il benessere della collettività. La
public choice consente di rileggere
complessivamente il ruolo dellattore pubblico
territoriale e le riforme in fase di attuazione.